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11 Febbraio 2016 | Racconti d'autore

Se mi cerchi non ci sono

Testo tratto dal romanzo omonimo di Marina Mizzau (Lecce, Manni Editori, 2015)

A cura di Vittorio Ferorelli. Lettura di Alessia Del Bianco

Al funerale di Leonardo, mogli, figli, parenti, amici e colleghi lo ricordano e ne parlano tra loro, ciascuno con il suo frammento di identità nella testa. E l’ironica voce narrante di chi è? Chi mette insieme i pezzetti del rebus? Per scoprirlo basta leggere l’ultimo romanzo di Marina Mizzau, scrittrice bolognese, già docente universitaria di Psicologia.

Capitolo primo
Pensieri distratti, parole confuse

Come si chiama quella specie di zuppa di pesce che fanno in Francia?
Mi resi conto che lo stavo chiedendo mentalmente a Leonardo, e che senso aveva, posto che l’avevamo appena sepolto, stavamo per farlo, comunque eravamo al suo funerale. Perché i miei pensieri si allontanano da ciò che succede qui ed ora? Che c’entrava la zuppa di pesce adesso?
Ma gli altri intorno a me sono costantemente qui con la mente, intendo vicino a chi ci ha lasciato? Marta non sta pensando che i fiori sono pochi e poveri, ma in estate è difficile trovarne? Elisabetta pensa che avrebbe dovuto indossare una giacca più seria, non quella a fiori; Antonia che l’aveva detto a sua figlia di mettersi almeno dei jeans decenti, senza strappi. Simone pensa a cosa dovrà dire alla fine della cerimonia e che avrebbe dovuto prepararsi prima; Alessandra, chissà a cosa pensano i bambini quando un prete parla di un padre che è morto, fissa un punto in cielo e lo cerca lì, o fa credere di cercarlo lì per fare piacere ai grandi; Maria Teresa si sente in colpa perché avrebbe dovuto toccare a lei che era nata prima del fratello. Leona pensa che quando morirà Daria dovrà trovarsi un altro lavoro, Lorenzo si dice che se la cosa non andrà molto per le lunghe riuscirà a andare alla partita per sostenere la squadra locale, poi chiede scusa a Leonardo per quel pensiero e si commuove perché il mese scorso erano andati insieme loro due allo stadio e rievoca i goal della sua squadra.

Io mi ero seduta in uno degli ultimi banchi, un po’ distante dagli altri per sottolineare che non facevo parte della famiglia.
Il prete stava concludendo e si rivolgeva ora compunto ai parenti cercando di ricordare nomi e rapporti:
«La figlia Elettra, il figlio Michele».
«Michelangelo», sussurrò il chierichetto.
Qualche giro di sguardi tra presenti occasionali, residenti del paese, che conoscevano la famiglia; alcuni si scambiavano parole curiose e distratte.
Che figlio?
Ma è suo figlio?
Come un figlio. Diciamo che l’amava come un figlio.
Ma per favore…
Cosa state insinuando. Magari è un suo assistente. Un suo allievo. O come se lo fosse.
Ma se lo pensano tutti…
Cosa?
E che c’è di male?
Ma fatemi il piacere, solo perché è un ragazzo carino e educato.

Il sacerdote ripeté «Michelangelo. Suo figlio.» Questa volta aveva dato un’intonazione interrogativa.
Ma no, non lo è.
«Se è suo figlio è mio fratello allora», disse Elettra rivolgendosi ai vicini. «E chi è la madre?» Guardai Michelangelo. Aveva gli occhi verdi di Elettra in quel momento, ma Leonardo no, li aveva scuri.
Le sorelle Marta e Maria Teresa intervennero per chiedere silenzio. Poi presero a sussurrare tra loro, mentre il prete continuava:
«L’altra figlia, la piccola Alessandra».
Ma no che non lo è, sua figlia.
Era come se lo fosse.

«Sono tutti come se» commentò il cugino Simone.
Forse aveva capito che non poteva avere la madre senza la figlia.
O magari viceversa.
E se invece fosse veramente sua figlia?
Ma no, quando si sono conosciuti c’era già la bambina.

«La moglie Antonia.»
No, Antonia era la prima moglie, la ex moglie.
«La moglie Elisabetta» sussurrò il chierichetto.
«Scusate, la moglie Elisabetta.»
Ce l’ha fatta. Solo che adesso è anche lei ex.
Perché lui è morto?
No, non per questo, perché si erano già separati prima.
Continuavano a vedersi soprattutto per via della bambina.

«La madre della bambina Elettra.»
«No, Alessandra» suggerì il chierichetto.
«Alessandra.»
Elettra è l’altra figlia, della prima ex moglie. L’avevo detto che non si doveva chiamare un prete, sta facendo un gran casino.
Oltretutto Leonardo non era credente, non avrebbe mai voluto un prete, di chi è stata l’idea?
Leonardo non era il padre di Alessandra?
Nooo, non lo era, ti ho detto che l’aveva conosciuta dopo.
Ma come, non era sua? Andiamo. Chi è che si prende il figlio di un’altra?
Beh, per amore, era la bambina che lui amava, non la madre. Del resto ormai è acqua passata.

I pochi estranei alla famiglia cercavano di chiarirsi le idee. Anche Lorenzo, il nipote del morto, figlio di Marta, cercava di farlo per Valentina, un’amica di Elettra, che non aveva conosciuto Leonardo, disegnando qualcosa, una specie di grafico. La madre gli diede un colpetto sul braccio, ma lui proseguì nella sua indagine.
E chi è la compagna o compagno, l’attuale, cioè chi era?
«Silenzio per favore», disse il prete, poi proseguì: «Le sorelle, Marta e Maria Teresa. Gli amici».

Improvvisamente mi venne il nome di quella zuppa di pesce che fanno in Francia, la bouillabaisse. Era stata l’ultima volta che avevo visto Leonardo. Ci eravamo incontrati quasi casualmente, lui con la sua compagna – quale? – e io con il mio, in Provenza. Erano passati molti anni, ma ricordo che avevamo cenato insieme in un ristorante di Aix, e avevamo ordinato una bouillabaisse. Leonardo aveva detto che era simile al caciucco, Antonia, sì, era lei, la sua prima moglie, aveva detto che era una sciocchezza, non c’entrava niente. Ma sì, sono entrambe zuppe di pesce, insisteva Leonardo, e Antonia aveva detto qualcosa sulla di lui ignoranza in fatto di cucina, e Leonardo le aveva ricordato che lei una volta aveva confuso la bouillabaisse con la bourghignonne, e come si fa a confondere un piatto di pesce con uno di carne, ma no, non aveva confuso i piatti, aveva solo sbagliato nome, e lui, aveva detto Leonardo, era rinomato per la sua zuppa di pesce, comunque la si chiamasse, caciucco, o altro, il caciucco non è la stessa cosa, oh non fare la difficile adesso, proprio tu che…
A quel punto eravamo imbarazzati, io e il mio amico, io lo sono sempre nel trovarmi in mezzo a un litigio; cercai di rompere la complice intesa del loro conflitto e ricordai a Leonardo che l’avevo conosciuto come mio professore all’università, o forse prima, al liceo. Anche questa volta non diede segno di ricordarsi, e mi rassegnai a accettare come giustificazione: eravate tante; ma ciò non mi impedì di sentirmi delusa. Ancora una volta.

«Preghiamo per il nostro fratello.»
Tutti si erano alzati. Il prete ricordava le virtù del defunto, la sua sobrietà, la sua dedizione alla famiglia, al lavoro.
«Non sta esagerando?» bisbigliò la figlia Elettra facendo trapelare nell’espressione interrogativa la sua perplessità circa le doti, soprattutto familiari, del padre. Sua madre Antonia alzò le spalle sorridendo: questo è quello che va detto, va bene così.

Brano corrente

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