Bolognese di adozione, Massimo Scrignòli vive in provincia di Ferrara. Nel corso della sua trentennale attività poetica ha dialogato con molti poeti, artisti e critici italiani. Cura con passione l’attività della casa editrice Book.
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lascia l’amata Cipro, lascia Pafo
cinta di mare …
vieni a vedere questi dadi
sono fermi
per il divenire di Eros con la dèa
e dànno numeri irripetibili senza
possibilità di parole, niente
pericoli o intrighi e giochi
da sognare;
avremo nuove occasioni di festa,
ci saranno Afrodite e Urania
vestite di vento e blu,
ci saranno le speranze
di cadere
(da Qualcosa di illune, 1986)
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2.
Il bosco dei faggi è questa
obliqua macchia da oltrepassare
sulla mappa.
E se
fosse nei nidi e nelle tane
che dobbiamo cercare il tempo fossile
dei bianchi diavoli?
Se tutto fosse custodito
in quei nidi e in quelle tane
cosí da poter dire «il pieno dominio,
ancóra,
verso il cielo e nella pancia
della Gea dai tanti colori?» se fosse,
questa,
niente altro che un’ipotesi
di rito, recitazione, monologo speculare
per un pubblico infinito
o per te solo,
finito?
(da Le linee del fuoco, 1991)
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I. Davvero l’acqua
1.
Dimmi di altri crudeli, del risveglio
di mesi fenici
nei dintorni del guado, poi
di altri mesi ingannati
e tuttavia cosí contagiati
dalle voci dell’acqua.
È forse quello dei vecchi
l’insolito brusío che viene dalla riva?
Sono dunque loro? vecchi,
tuttora molto vecchi
ma ancora qui a dire:
tutto ciò che è bello trascorre
come le acque.
[…]
8.
Súbito dopo essere annegati
seguendo il profilo del rumore
di api e nuvole in pace
dove il passaggio si fa deserto
e inizia il congedo degli eventi
súbito dopo essere annegati mi dicevi
del limite dell’acqua
quando ritorna a spiegare altri inverni
e stagioni lunghe come farfalle.
Noi siamo già stati in quest’attimo;
ti convincevi, mi convincevo pur sapendo
che nuovi giorni, e incendi nomadi,
avrebbero popolato i riti
di questo essere saliti
oltre la pelle.
Siamo già stati
in questo stesso attimo, anch’io
ne sento il tepore sulla voce
e piú non pesa l’ansia del respiro,
la frenesia dell’etere, eppure
non ne conosco la nuova carne
e neanche il sottile refuso che ci farà dèmoni
o visioni d’angelo inopportuno.
Rimangono altre onde
da immaginare e raccogliere,
e non sarà soltanto questa vela
inclinata dalla parte delle ombre
o deviata da un lapsus, a ricordarci di noi.
Qui,
voglio sotterrare piccole spinte, adesso,
solchi di unghie, osservazioni del fuoco e schegge
di impronte (altri poeti, dirai),
perché in voci diverse dalle risonanze
avremo tempo e attimi
per sfiorare i rifugi del silenzio
e tempo, inevitabilmente,
per annegare ancora.
(da Libro d’acqua, 1994)
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Nel nome
Oggi la bellezza si è presa il tuo nome.
È entrata nell’insidia di una mela
infiammata dal profilo felino del bosco.
La riconosco dal sonno dei gatti
rimasto sulla finestra, la sua figura
è nello stesso rumore
che indugiava sulle vibrisse.
So che si accenderà nel sonno
come fa l’innocenza
quando nel ritratto di un dolore
sfuma piano dal viso
fino al centro della nostra distanza.
Tentazione della polvere
È per la tentazione della polvere
che ritorni ogni giorno.
Con un saluto ti sporgi dallo specchio
poi accosti indecisa tra il congedo
e il naufragio. Eppure,
se qualcosa si avvicina
qualcosa svanisce,
come il viaggio svola dal mare
quando l’onda si ritira.
Potessi un giorno donarti
l’intera aria di questa vita.
Questa sola
senza pegno né destino
iniziata sette volte, il tempo di un segreto
o di un angelo
il piú piccolo frammento.
[…]
Polvere da viaggio
Questa soltanto la storia
della polvere da viaggio:
non l’erba verso campi incorniciati
non la visione dei confini
non l’incalzare muto dell’erosione
né luce dismessa.
Ma il paesaggio rimane nel fuoco
nelle foglie, nel calore. Di questo.
Ed è qui che dovrò guardare
proprio dove ancóra si passa, nuovamente
tra millimetri di silenzi
e ore.
(da Lesa maestà, 2005)
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I. Senza ritorno
4.
Se il sentiero del ritorno avrà un pensiero
sarà un’iscrizione vuota
dove forse è meglio perdersi
o inseguire il mondo quando si sposta
spinto da un vento che non riconosco.
È un vento nero, che sbuca all’improvviso
tra le stanze giocando con la presenza
di una parola isolata
scritta sul ciglio bagnato della bora.
Arrivando da est Settembre si apre
sopra il ricordo di vele bianche
che nascondono le case, eppure
dall’alto c’è una vista incessante quasi
il tempo della resurrezione.
Immagina
figure che galleggiano
sui rami del Ginkgo, che scivolano
sul sangue delle api, prova
a seguire mille ali trasparenti
intorno a una città senza aria
e niente da dire ai diavoli.
Cenere, nebbia e musica
questo sta piovendo sulla strada in rovina.
E dal fuoco cade il nome
scuro di un Angelo.
Sembra
il canto in fuga di un viandante, cede
a queste pietre che non sono madre
non sono padre
seppure
offrono protezione all’azzurro seme
del grano.
[…]
II. Il cedimento di Dio
2.
Adesso però dimmi di Penelope, racconta
delle parole che crescono dal pavimento
al cielo, dimmi di una tela sfibrata
che salpa sul canto di un tordo verso il mare.
Si ripiega ma non si arrende, si rialza
e distende al sole le tinte della memoria.
È un vociare di radici incoltivabili
con la stessa attesa d’acqua dei fiumi
che oggi assediano le nostre case
quando la terra si schiude e allontana
le fibre del parlare.
Questa volta
i barbari sono cresciuti in città.
È un avvertimento.
Cerchiamo nel sole le origini della neve
ma non conosciamo il bianco dell’acqua.
(Si deve sollevare un poco il velo
spostare la vertigine che distrae la vista).
C’è vera differenza tra attesa e abbandono?
Quale differenza tra il sole che
soltanto ieri ha trapassato l’ordito
della tela e quello che oggi avanza
annunciato da una notte affollata di colori?
Il cammino di chi non si arrende
sfocia nell’assenza, nella necessità
di abbandonare l’aria, eredita
le trame assolate
di un imprevisto lascito
di presenze.
[…]
V. La casa
8.
Il vento si muove e raggiunge i confini.
Entrando nel triangolo domanderai
se la vita è ancora viva.
Uscendo dietro la fenice chiederai
della sorte del deserto. E della sabbia,
che come rondine illusa
fruga tra le rose di sasso
la verità nascosta agli uomini.
(da Vista sull’angelo, 2009)
Brani
Still life – Ryuichi Sakamoto
Blackbird – The Beatles
Dazed and confused – Led Zeppelin
Scottish fantasy per violin e orchestra op. 46 II movimento – Di Max Bruch – Suona Jascha Heifetz
Charlestone – Ken gordon and band
Ave verum corpus – Vienna boys choir
Changes of seasons