Il 27 giugno 1980, tra il cielo e il mare di Ustica, avevano fine all’improvviso le 81 vite in volo sul DC9 dell’Itavia. In attesa di giustizia, per tenere viva la memoria, ogni anno l’Associazione dei parenti delle vittime chiama in aiuto la poesia e l’arte.
Che cosa volete sapere?
Poesie di Gregorio Scalise
Poesia per Ustica
(1993)
Gli occhi coperti da fazzoletti
volano ancora le cicogne
verso i paesi dell’Est
e noi siamo dietro questo muro
come degli Hamlet clown
“vieni fuori da lì vieni fuori”
guarda come si inclina
la lampada del tavolo
come un aereo sul ponte di Saint Luis Rey;
perché ogni occasione è buona
per alludere, maledire, mentire,
un punto radar
composto da anime viventi
una traccia
composta da ottantuno persone
se la fusoliera
se lo schermo, se i piani di volo,
se la mappa dell’inferno geografico,
quando non si ha il coraggio di uscire
per svelare il segno
del potere.
Verranno fuori da quel mare inquinato
aspettano in fila
chiederanno il conto
la coscienza, il corpo, i capelli,
di tutti quei tristi capitani
Poesia per Ustica (2)
(1994)
Cercare di dimenticare
più in fretta possibile
l’oblio più veloce del missile
la ferita aperta deve essere richiusa
come in un paese di specchi
le parole cadono
senza danno e rumore
se esistevano uomini e donne
onoriamoli senza tante storie
ogni fiore produrrà impatto e silenzio
l’incidente è stato strutturale
questo è il caso, la necessità delle cose
che cosa volete sapere che già
non sapete
l’aereo giace sul fondo del mare
nel mare si nascondono galeoni e tesori
che cosa volete sapere?
Poesia per Ustica (3)
(1994)
I passeggeri che vanno a Palermo
godono l’arco del volo
di una giornata serena
forse laggiù è accaduto qualcosa
Punta Raisi ci aspetta
i giorni sono come perle di una collana
avvitata al collo di quelli
che sono scomparsi
niente come il mare
ricopre di azzurro il silenzio,
quelle piccole incrinature della storia
che ogni tanto appaiono nei giorni tranquilli
un errore, una faccenda di uomini stanchi.
Poesie per Ustica (4)
(1995)
Gli uccelli sono più bravi
a trasmettersi notizie e visioni
le rondini, ad esempio, che proprio a giugno
vivono nelle traiettorie dei corpi perfetti,
ciò che è più strano,
si ammira il volo di una rondine
in una sera di giugno
ma dove eravate a quell’ora
felici nei calici degli aperitivi
senza neppure sospettare
ciò che stava accadendo?
Poesie per Ustica (7)
Ricordo soltanto nuvole
di passaggio
come in una cineteca
naturalmente un cimitero marino
come un corpo che ha scarsi rapporti
con l’esistenza che è stata
non è la collina di Spoon River
lì, si sa, è il destino
che parla
qui esiste qualcosa di più volontario
il caso è compiuto
nel contatto con questo mondo,
a lungo andare si impara
a bere la propria saliva;
ora le orecchie percepiscono
solo il già noto
quell’armatura è il filtro
della storia
segno impreciso, improvviso,
sotto la serie
delle azioni scomposte.
Poesia per Ustica (9)
Ora sappiamo che le frasi
pronunciate, scartate
avrebbero un senso
e una risposta:
la strada per nominare
è come una definizione
che cresce con l’erba
la parola è l’ultima parte
di questo linguaggio
l’equilibrio fatale
della zona grigia
rintracciare nel cielo
il momento, il lampo
di quella verità perduta
riporteranno senza sosta
la successione degli eventi
sotto il velo opaco del mondo.
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È negli oggetti che ti ricerco
Poesie di Leila Falà
Oggetti
1
Quante volte ho evitato questo posto
questi oggetti questi abissi
quante volte ho detto oggi non posso.
E non è la morte ma il dolore dell’assenza
scava il sasso e non si può guardare.
Poi lui ti prende impreparata, ti soverchia.
Questi siamo noi, colti nel nudo della nostra vita
questi erano loro impreparati.
2 (sandali)
Le striscioline sulla punta
il cinturino alla caviglia,
sandali per fruscii serali
al lungomare di resine.
Come reliquie mi rigiro tra le dita
storie vissute dagli oggetti.
Ogni pezzo riemerso esige un racconto
– storia narrazione resoconto –
e io ne ho mille ma non voglio dirli.
Dirne uno soltanto è così poco.
3 (oggetti)
Noi non eroi non ministri né santi
ci accontentiamo di cose
che si possono acquistare
per sopire un sospetto di vuoto e solitudine
nelle nostre vite abituali.
Prodotti di mercato. Oggetti.
Merci normali.
Questi sono i nostri resti.
Eppure è negli oggetti che ti ricerco e ancora
e in ciò che è stato tuo riaffiori in tepore.
Restano loro a me
come se potessero reggere il mondo.
4 (scroscio)
Come panni stesi ad asciugare
in un giorno che piove.
Aspetto che passi.
Se il vento non si fa prepotente,
le mollette sul filo reggeranno e allora,
prima o poi arriverà anche il sole.
In caso contrario volerò via, ma altrove.
7 (sottovoce)
Senza preavviso la tua voce
mi risuona di colpo lenta lenta
– guardavo ferma la fuga delle mattonelle?
attendevo un bus? un pane dal fornaio?-.
proprio allora, proprio lei piano rinasce
la tua voce, sottovoce, nota a nota
non intera, sillabe affettuose,
come cura interminabile
per un attimo mi sana, terapia
buona mollica per il cervello.
8 (intercapedine)
Quando mangio sola
sono sola
quando dormo sola
sono sola
quando sono nella casa da sola
allora salgono alle orecchie
le tempeste sovrapposte
dei pensieri misti alle cose
miste alle idee
miste agli appuntamenti mancati
alle scadenze incombenti
alle irrisolte speranze
agli allegri battenti progetti. Ma
quando cammino da sola e sono sola
può accadere un giorno
che una fenditura di luce, di ombre
sotto un portico di passi
ritmi lo spazio col mio suono.
Passo lungo e battente.
Che allora mi accada di
scoprire una macchia di muro che
ha forma di mano
o di caravella e
il graffio che la segna è il suo mare
lo scarabocchio il suo vento.
Allora emerge
un segno presente e passato
che è sempre stato.
Sola vedo lo spazio
questa intercapedine di storie.