Tra le opere architettoniche più affascinanti del pianeta, dichiarate dall’Unesco “patrimonio culturale dell’Umanità”, vi sono le fortificazioni costruite dagli Spagnoli a cavallo tra Cinque e Seicento per difendere dai pirati i loro porti nel Nuovo Mondo. Disseminate lungo le coste dei Caraibi, queste rocche e fortezze oggi sembrano perfettamente connaturate al paesaggio latinoamericano di città come L’Avana, San Juan de Portorico o Cartagena. Ebbene, questi robusti bastioni che guardano l’Oceano, queste poderose cinte di mura impregnate di salsedine nella luce tropicale, sono opera di romagnoli. Le risorse del genio italico, si sa, sono infinite, anche nella declinazione romagnola. Alcuni secoli prima di Agostino Codazzi da Lugo e di Emilio Rosetti da Forlimpopoli, ingegneri e scienziati che nell’Ottocento furono tra i “padri fondatori”, rispettivamente, di Venezuela e Argentina, la visionaria operosità della gente di Romagna lasciò la sua impronta nelle Indie Occidentali grazie agli Antonelli, una famiglia di architetti militari originaria di Gatteo, una cittadina oggi in provincia di Forlì-Cesena.
Veri geni post-leonardeschi, gli Antonelli misero al servizio dei re di Spagna un’arte di cui gli italiani erano maestri in Europa: la costruzione di sistemi difensivi, con torri d’avvistamento e fortificazioni, per difendere le città da attacchi navali o di terraferma. Dagli archivi comunali di Gatteo come da quelli “generali” delle Indie, la storia degli Antonelli emerge solo ora in tutta la sua importanza.
Il “maggiore” della famiglia – come lui stesso si definisce in un memoriale al re di Spagna Filippo II – fu Giovan Battista, nato a Gatteo nel 1527 e “inzegnere” al servizio dei Conti Guidi fino al trasferimento a Madrid, nel 1559, ingaggiato dalla corona reale per lavorare alla costruzione delle fortificazioni del Levante spagnolo. Erano i tempi in cui le incursioni dei Turchi terrorizzavano le popolazioni del Mediterraneo e gli ingegneri militari – gli “idraulici”, come si chiamavano – avevano il compito di costruire le difese intorno ai porti, in appoggio al mestiere delle armi. Si devono all’Antonelli le fortificazioni della costa spagnola da Alicante a Cadice e di quella nordafricana da Mers el Kebir a Orano, nonché quel capolavoro di ingegneria idraulica che fu il collegamento fluviale tra Lisbona e Madrid, con i lavori di bonifica sul fiume Tago, per permettere alle navi di raggiungere direttamente l’Oceano. Al maggiore degli Antonelli è attribuita la navigabilità dei principali fiumi spagnoli, dall’Ebro al Guadalquivir, mentre non è certa la sua presenza nelle Americhe. Vi si recò invece sicuramente quattro volte, tra il 1581 e il 1606, il fratello minore Battista, più giovane di vent’anni.
Battista era stato chiamato a Madrid a soli 22 anni dal fratello che aveva bisogno di aiuto per la gran mole di lavoro commissionatagli dal re. E quando, nel 1581, il fratello abbandonò le edificazioni militari per occuparsi delle bonifiche dei fiumi – grazie alle quali le truppe potevano spostare via acqua le macchine da guerra – il giovane Antonelli diventò l’ingegnere militare più importante di tutta la Spagna. Per questo, quando il fratello era ancora in vita (sarebbe morto a Toledo nel 1588), Battista fu inviato da Filippo II a fortificare i Caraibi, sulle cui coste imperversavano i pirati francesi e inglesi. Per la corona di Spagna, la difesa delle città coloniali dagli attacchi navali divenne una necessità assoluta. Essa contribuì, complice la sapienza architettonica degli Antonelli, a cancellare l’impronta precolombiana dell’America centrale, cambiando la fisionomia del paesaggio. Esempi visibili di quest’impostazione strategica e urbanistica sono: il castello del Morro (considerato una delle più belle costruzioni spagnole in tutta l’area caraibica) e quello di San Salvador de la Punta a L’Avana, e il castello di San Pedro de la Roca a Santiago de Cuba; i porti e le fortezze di San Felipe e di Santa Cruz a Cartagena de las Indias, in Colombia; la fortezza di San Juan di Portorico; a Panama, la città vecchia e la fortezza di Portobello. Tutte queste opere, disegnate dall’ingegnere romagnolo e realizzate in un arco di tempo che va dal 1581 al 1638, sono state incluse dall’Unesco nel “patrimonio dell’Umanità”. A Battista Antonelli sono attribuiti l’acquedotto più antico di Cuba, la Zanja Real, opera eccezionale che ancora oggi passa sotto l’Avana; i forti di San Agustín e Santa Helena in Florida; le fortificazioni dello stretto di Magellano (iniziate nel 1581 dopo uno sbarco avventuroso in Brasile); il porto di San Juan de Ulúa a Veracruz in Messico; il progetto del forte di Santiago de Arroyo ad Araya, in Venezuela; la progettazione urbanistica della città di Santo Domingo. Rientrato definitivamente in Spagna nel 1606, Battista cominciò a operare sullo scacchiere mediterraneo, progettando baluardi imprendibili dai pirati. Sono suoi i disegni del molo nel porto di Gibilterra e delle fortificazioni della costa marocchina a sud di Tangeri.
Ma c’è un altro motivo per ricordare Battista Antonelli. Dopo aver propagato la sapienza estetica dell’arte militare italiana negli scenari caraibici e mediterranei, l’ingegnere delle Indie si ricordò della sua cittadina natale in quel di Romagna. Gatteo era allora un luogo dove ciclicamente si affacciava lo spettro della carestia. Prima di morire nella sua casa di Madrid, il 16 febbraio 1616, Antonelli dettò il testamento a un cronista della corte di Filippo II che conosceva l’italiano, Antonio Herrera. Gli atti conservati presso l’archivio comunale di Gatteo riportano il legato testamentario in base al quale “il Capitano Battista Antonelli Ingegnere Militare delli Serenissimi Re di Spagna Filippo II e III” donava alla comunità di Gatteo 625 scudi allo scopo di istituire il “Monte Frumentario”, una banca del grano con cui soddisfare le necessità alimentari dei poveri, delle vedove e degli orfani. La distribuzione di grano da dare a mutuo ai poveri di Gatteo, regolata secondo le disposizioni testamentarie dell’illustre concittadino, restò in vigore fino a metà Ottocento ed assicurò dunque per due secoli e mezzo la sopravvivenza della comunità. Il Monte Frumentario Antonelli può pertanto essere considerato l’antecedente delle odierne banche etiche e solidali.
L’unico a non gioire di questo lascito fu il figlio Juan Bautista, che alla morte del padre si trovava in Venezuela, dove seguiva i lavori per le fortificazioni di Araya. Rientrato a Madrid nel 1618, si oppose alle disposizioni testamentarie intentando causa – come ci riferisce Herrera, l’esecutore testamentario – presso il Tribunale di Madrid per ottenerne l’annullamento. Il padre infatti aveva lasciato tutte le sue ricchezze materiali alla chiesa madrilena dei Carmelitani Scalzi, dov’era sepolto, e ai poveri di Gatteo, dov’era nato. Herrera riuscì a convincere Juan Bautista a rispettare le decisioni del genitore solo dopo avergli mostrato la vera eredità, consistente nei numerosi progetti edificatori che il padre gli affidava e che, realizzati, gli avrebbero assicurato una fortuna. Fu così che Juan Bautista riprese la via dei Caraibi per portare a compimento i progetti avviati dal padre, tra cui la costruzione del forte di Araya e del castello di San Pedro de la Roca a Santiago di Cuba. Raccontano le cronache che “San Pedro de la Roca fu costruita nel 1638 con l’obiettivo di salvaguardare la città di Santiago dagli attacchi navali. La proposta partì dal governatore della città Pedro de la Roca y Borja, che gli impose il nome. Per questa costruzione fu chiamato il celebre ingegnere italiano Juan Bautista Antonelli, il quale si era già occupato della fortificazione de La Habana dove diresse i lavori di fabbricazione e disegno”. Il “celebre” ingegnere progettò interventi in Honduras, completò i lavori iniziati nel 1591 dal padre nella fortezza del Morro a L’Avana, dove costruì anche il Torreón Chorrera, una torre militare ancora visibile, e operò a Cartagena (dove morì nel 1649) insieme al cugino Cristobal de Roda. A quest’ultimo, nipote di Battista Antonelli, nato a Gatteo nel 1560 e morto a Cartagena nel 1631 (Cristoforo Rota era il suo vero nome), si deve l’impianto a scacchiera dell’Avana vecchia. Fu lui a raccogliere nelle Indie l’eredità di Juan Bautista, mentre in Spagna operava un ramo collaterale della famiglia, i cugini Cristoforo e Francesco Garavelli, che per maggior prestigio si facevano chiamare Antonelli.