4 novembre 2008
Vi parliamo oggi, cari ascoltatori, di uno dei più affermati registi e autori del teatro di ricerca italiano, Leo De Berardinis, morto recentemente a Roma all’età di 68 anni. De Berardinis era dal 2001 in stato vegetativo per le conseguenze di un intervento chirurgico.
Nativo della provincia di Benevento, aveva con Bologna un rapporto speciale. Infatti aveva fatto Del capoluogo emiliano la sua sede di lavoro e di vita, realizzando qui alcune delle sue opere più importanti.
Ha collaborato per vari anni con la Cooperativa Nuova Scena, fondando successivamente il Teatro di Leo e dirigendo il Teatro Laboratorio San Leonardo. La carriera di Leo De Berardinis è stata costellata di spettacoli memorabili. Nel 1968 firma con Carmelo Bene, un altro genio del teatro, uno storico Don Chisciotte. Negli anni Settanta, insieme a Perla Peragallo, si trasferisce nell’entroterra napoletano, a Marigliano, dove realizza improvvisazioni teatrali provocatorie e aggressive. Nel 1983 arriva a Bologna dove, in collaborazione con la Cooperativa Nuova Scena, mette in scena gli spettacoli shakespeariani Amleto, King Lear e La Tempesta, cui faranno seguito molte altre produzioni.
Nel 1987 ha fondato il Teatro di Leo, con cui ha prodotto spettacoli, laboratori e incontri. Dal 1994 ha diretto il Teatro Laboratorio San Leonardo di Bologna in convenzione con il Comune di Bologna. Dal ‘94 al ‘97 ha assunto la direzione artistica del Festival di Teatro di Santarcangelo di Romagna. Il 4 maggio 2001 gli è stata conferita la laurea honoris causa dalla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna. Lo scorso 25 luglio sono pervenuti alla biblioteca del Dams dell’Università di Bologna i materiali che andranno a costituire il Fondo De Berardinis, ceduto in comodato dalla sorella dell’artista.
I critici, ma anche gli spettatori che hanno potuto apprezzare i suoi lavori, ritengono De Berardinis uno dei maestri del nuovo teatro italiano che, a differenza dell’altro grande innovatore, Carmelo Bene, era versato con incredibile generosità alla trasmissione del suo sapere teatrale, mentre Bene, appunto, era in qualche modo egoista e narcisista, chiuso nel suo solitario genio.
De Berardinis, invece, ha contribuito a formare nuovi generazioni di attori, proprio per l’idea altissima che aveva dell’attore, come sorta di uomo ideale, e che gli veniva da una concezione rinascimentale di bottega, di laboratorio, intesi come luogo in cui l’attore giovane si forma nel rapporto col maestro e nella concretezza del fare teatro. Battendosi contro il degrado dell’arte dell’attore, Leo De Beradinis ha contribuito a rinnovare profondamente la scena italiana, rompendo rispetto alla tradizione, al teatro di regia, alla linea estetica dei teatri stabili.
Il suo obiettivo era quello di creare una comunità di attori e di spettatori partecipi: intendeva il teatro come funzione civile e politica. Altra sua cifra è stata la commistione di cultura alta e cultura bassa, mettendo insieme Shakespeare e Totò, Schoenberg e la canzone napoletana. Di Leo rimane anche un film su Charlie Parker: il jazz è stato uno dei suoi grandi amori artistici.
Il teatro italiano ne conserverà il ricordo come suo indimenticabile protagonista e indispensabile riferimento nella storia degli ultimi decenni.