Care amiche e cari amici di RadioEmiliaRomagna, la storia che vi raccontiamo oggi viaggia sulle note di tante canzoni che hanno fatto ridere e fantasticare gli italiani di metà Novecento, e ha una protagonista dallo stile inimitabile. Come il suo sorriso.
Il 18 maggio del 1920, a Bologna, nasce Lucia Mannucci. Trasferitasi giovanissima a Milano, la giovane frequenta l’accademia “Arte del movimento” diretta da Carla Strauss, una scuola che insegna la ginnastica a suon di musica, facendone una forma di danza. Ma, oltre a saper muoversi con eleganza, Lucia ama cantare e ha una voce perfettamente intonata.
A scoprirla è il celebre cantante Alberto Rabagliati, alla fine degli anni Trenta. In quel periodo la ragazza abita a Roma, con sua madre, e invia al nonno, che sta a Milano, un disco su cui ha inciso una canzone. Un disco di cartone, come si usa allora per i provini: costa meno del vinile, ma dura pochissimo. Quando il nonno va in un negozio di musica per ascoltarlo, il caso vuole che lì accanto ci sia anche Rabagliati. Colpito dalla voce di Lucia, la contatterà per farle avere un’audizione alla RAI di allora, che si chiama EIAR.
Superata l’audizione, nel 1941 comincia a lavorare come cantante con le orchestre radiofoniche. Sono gli anni d’oro della radio e nel 1942 Lucia parte per una lunga tournée con il maestro Semprini e la sua “Grande Orchestra Ritmo Sinfonica”. L’anno successivo si ritrova in scena con Totò, Natalino Otto, Gorni Kramer, e un quartetto di voci maschili destinato a cambiarle la vita. Si chiamano Felice Chiusano, Virgilio Savona, Enrico De Angelis e Giovanni Giacobetti, detto Tata, e hanno dato al loro ensemble il nome di uno strumento classico a quattro corde: la cetra.
Nel 1944, tra le macerie di Milano bombardata, Lucia sposa uno di loro, Virgilio Savona. Tre anni dopo, mentre l’Italia comincia a risollevarsi dalle tragedie della dittatura, il quartetto perde uno dei componenti e il suo posto è preso dalla cantante. Per Giovanni, Felice, Virgilio e Lucia, che d’ora in poi diventa solo “Cia”, comincia una storia di musica e amicizia che durerà mezzo secolo.
Il Quartetto Cetra, grazie all’amalgama perfetto delle voci, sa passare con disinvoltura dalla canzone tradizionale al teatro e al cinema. Parteciperà cinque volte a Sanremo, reciterà al fianco di Renato Rascel e Paolo Stoppa, si esibirà con Alberto Sordi e Wanda Osiris. Ma il loro regno è la televisione e un genere che in Italia, tra gli anni Sessanta e i primi Settanta, ha il suo massimo splendore, il varietà.
Le parodie dei grandi classici della letteratura messe in scena dai quattro diventano un appuntamento da non perdere e nella memorabile “Biblioteca di Studio Uno” finiscono, uno dopo l’altro, I promessi sposi, Il conte di Montecristo, I tre moschettieri, l’Odissea. La ricetta è semplice e infallibile: si utilizzano i motivi delle canzoni più note per raccontare, con delicata ironia, le storie più avvincenti.
E Cia, nel gruppo, è come un nucleo solido e inossidabile intorno a cui ruotano gli altri tre elementi. Si muove con l’eleganza e la disinvoltura apprese da bambina, facendo quasi sempre da contraltare alle mimiche dei suoi compagni di avventura. Incide e recita anche come solista, ma per tutti rimane il sorriso femminile dei Cetra. “È vero,” – dirà spesso – “riesco a cantare anche da sola… Ma mi diverto di più a farlo con Felice, Tata e il mio Virgilio”.