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26 Giugno 2006 | Paesaggio dell'anima

N°18-IL PAESAGGIO DELL’ANIMA

Un viaggio in regione attraverso la musica. 18° Puntata.

Musica. Claudio Lolli:  Majakovskij e la scoperta dell’America 

L’America, quel paradiso dei divertimenti / in cui sono soltanto i poeti russi a morire di stenti…”, canta in questa splendida canzone Claudio Lolli, poeta e cantautore bolognese. Partendo dai versi che il grande poeta russo Majakovskij dedicò a Esenin dopo un viaggio in America nel 1925, Lolli va alla scoperta immaginaria dell’America, come terra della difficoltà, come momento della difficoltà, della confusione, del non sapere bene che fare del presente. E cita questa frase di Majakovskij: “Morire oggi non è difficile/ è molto più difficile vivere”. Come l’America di Lolli, anche la Rimini in cui torniamo è il paradiso dei divertimenti. E a morire di stenti, o quasi, sono i poveri “extracomunitari”, lavapiatti e camerieri negli alberghi, badanti, colf. Più tutti quelli che si arrangiano e rendono insicura, di notte, la bella vita dei ricchi e dei vacanzieri. Un recente episodio di cronaca nera ha messo in allarme politici e albergatori. Il problema – dicono – sono i clandestini delle periferie dell’Est Europa. Sono le luci ad attrarre i poveri dell’Est. Quando arrivano, vedono tutta questa gente che si diverte, che vive di notte, spende e ride. Ma per chi non ha soldi in tasca, è dura. I ragazzi dell’Est vedono il bel giocattolo e lo vogliono, a costo di rubarlo, di commettere crimini.

Musica. Alice: La recessione (testo di Pier Paolo Pasolini) 

“Rivedremo calzoni coi rattoppi…”. Ci viene in mente questa canzone della romagnola Alice, su testi di Pier Paolo Pasolini musicati da Di Martino. Versi d’autore che, evocando il ritorno degli emigrati meridionali da Torino o dalla Germania, ben si adattano ai nuovi poveri di oggi, giovani immigrati rumeni o albanesi con le sfavillanti luci di Rimini negli occhi e – alcuni – con il coltello in tasca.

L’aria saprà di stracci bagnati/ tutto sarà lontano/ treni e corriere passeranno/ ogni tanto come in un sogno/ E i banditi avranno il viso di una volta/ con i capelli corti sul collo/ e gli occhi di loro madre pieni del nero delle notti di luna/ e saranno armati solo di un coltello”.

Ricchezza e povertà. Il Grand Hotel di Rimini, reso mitico da Federico Fellini, e, poco lontano, tra gli ombrelloni, i venditori abusivi – cinesi, cingalesi, africani – che trascinano sotto il sole i loro pesanti borsoni di merce contraffatta, in un gioco a guardie e ladri con i vigili. Stipati a dormire in pensioncine compiacenti, mentre fuori la notte impazza. Sul lungomare di Rimini mezzanotte sembra mezzogiorno. Una fiumana di gente entra ed esce dai ristoranti, dai pub e dai bar tra musica assordante e pensieri cancellati. Ai profumi di pesce fritto, si mescolano le risate di russi, tedeschi, scandinavi, italiani che alzano boccali di birra e bicchieri di vino.  “Voi che siete a Rimini tra i gelati e le bandiere”, cantava Fabrizio De Andrè…

Musica. Bevano Est: Rimini 

“Rimini”, la celebre canzone di De Andrè che vi abbiamo fatto ascoltare nella puntata 14, ve la riproponiamo oggi nella curiosa versione dei Bevano Est, che l’hanno tradotta in dialetto romagnolo.  Il gruppo dei Bevano Est prende nome da un’area di servizio sull’autostrada tra Cesena Nord e Forlì. E’ un quartetto, composto da chitarra acustica, violino, clarinetto e organetto diatonico, che fa una musica rustica e raffinata di ispirazione popolare, capace di conservare, del folk, la vivacità, il brio, lo struggimento.

“Eccolo l’Adriatico / che viene a prenderci piano piano, / col suo ritmo matematico / e lento…”. Sono di Claudio Lolli questi versi: del poeta bolognese autore della canzone con cui abbiamo aperto questa puntata. Lolli guarda il mare dal finestrino, durante un noioso viaggio in treno, e si chiede “perché quest’Adriatico / si muove così, così piano / eppure è così fanatico / e forte, / perché fa scomparire sempre / tutto quello che noi costruiamo / perché non ci abbandona mai / e poi perché noi non lo dimentichiamo”.

Musica. Sergio Cammariere: Via da questo mare 

Beh, allora, ci vuole proprio una beguine soft con tanto di spazzole e flicorno, il jazz languido di questa canzone di Sergio Cammariere, per farci andar via da questo mare. “Le navi del porto / Sull’acqua non fanno rumore /C’é un battello che arriva /Seguito da barche e gabbiani /Se chiudo gli occhi pensando a domani / Ho voglia di stringere ancora le tue mani /E camminando senza più guardare /Ho solo voglia di andar via da questo mare”.

Stiamo scivolando, poco a poco, verso un’altra idea, un’altra visione della Riviera. Con i nostri giochi da spiaggia, i nodi sul cuore, la conchiglia più grande, un corallo dal mare, le lacrime dense che muoiono in gola. Vediamo l’altra faccia di Rimini, quella che ci riporta all’impossibilità di condensare la nostra felicità nello spazio, pur amichevole, compreso tra i gelati, le bandiere, gli ombrelloni, le discoteche, gli Aquafan e Mirabilandia. Torniamo ai personaggi della “Rimini” di Pier Vittorio Tondelli, che dietro una maschera di mondanità, di freddezza, di cinismo, nascondevano la loro frantumazione. E allora può capitare di immalinconirsi, sotto un cielo che ogni tanto, anche in estate, lascia cadere qualche goccia di pioggia. Anche se – a pensarci bene – la pioggia d’estate è salvifica. Batte piano sui vetri e scioglie i dispiaceri. Una pioggia – come racconta questa bella canzone di Pacifico – “che allaga tombini e cantine, in piccole pozze riunite, adunate, a due piedi saltate …”. Giusto una pioggia fine, fine, cadono grani e perline,
in queste mattine d’estate infiammate a lungo invocate..
.”.

Poi torna il sole, la sabbia si asciuga e saremo di nuovo lì, sulla battigia: la prossima settimana.

Musica. Pacific Fine fine

Brano corrente

Brano corrente

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