Nato a Rimini nel 1909, naturalizzato francese, è considerato il più grande disegnatore di moda del dopoguerra. L’Istituto italiano di cultura di Parigi gli ha dedicato una mostra.
Ah, le fodere Bemberg: qualcuno se le ricorda? Come non amare quei tessuti e tagli sartoriali degli anni Cinquanta e Sessanta, quando esisteva un concetto di eleganza che prendeva ancora le mosse dal Liberty e dai modi sofisticati di una mondanità che si celebrava tra i grandi alberghi, le redazioni delle riviste di moda e le geniali idee dei grandi coûturiers? Questo mondo sfavillante, non ancora attaccato dalle volgarità della cultura di massa, aveva bisogno di illustratori che lo traducessero in immagini, che associassero la boccetta di un profumo alla schiena nuda di una donna, o tratteggiassero con pochi segni essenziali la silhouette di una ballerina del Lido per reclamizzare – pourquoi pas? – le dolci notti parigine.
Il più grande di questi illustratori e disegnatori di moda, è Renato Zovagli Ricciardelli delle Caminate, in arte René Gruau, nato a Rimini nel 1909 da Maria Gruau, da cui ha preso il nome, e dal conte Alessandro. Gruau, naturalizzato francese dopo il suo trasferimento a Parigi nel
Oltre 70 anni di gusto parigino – Gruau ha collaborato con le più grandi case di moda, da Dior a Yves Saint-Laurent, da Chanel a Balenciaga – risentono delle atmosfere felliniane del Grand Hotel di Rimini dove il disegnatore periodicamente soggiornava, dopo l’infanzia trascorsa nella villa di Covignano, al tempo dei primi bagni di sole sulla Riviera. E lì tornò, per disegnare per Fellini l’affiche de “La dolce vita”.
Autodidatta, amico di Picasso, Gruau non disegnava prodotti ma atmosfere. Giocava con gli stereotipi, creando intorno all’oggetto da reclamizzare un'”aura” di favolosa finzione, si trattasse di un profumo, un’acqua minerale, un paio di guanti. La libertà del disegno prevaleva sulla realtà dell’oggetto rappresentato. Il suo segno era incisivo ed elegante, capace di illustrare meglio di una fotografia (troppo realistica e prosaica) il magico mondo della moda, abitato da signore snob avvolte in abiti da sera di Chanel o Balenciaga. Per quelle sensuali silouhettes, solari e sognanti icone della bellezza, Gruau divenne un mito.
Un mondo di favolose finzioni
La carriera artistica di René Gruau comincia nel 1924 con la collaborazione a “Lidel”, una rivista italiana di figurini di moda in stile Déco. Qui nasce il suo segno, curvilineo e marcato, dai colori forti e contrastanti (soprattutto il rosso e il nero), che lo impone all’attenzione delle grandi case di moda francesi. Un talento innato: “avevo sei o sette anni – racconta – e già copiavo dalle riviste di mia madre, ‘Vogue’, ‘La vie parisienne’, che erano piene di donne elegantissime e di abiti da sera. Provavo ad abbozzare qualche ritratto femminile, mi piaceva soprattutto disegnare le gambe delle donne”. Appena sbarcato Oltralpe, collabora con “Fémina”, poi, nel ’37 e ’38, lavora come stilista in Olanda, Inghilterra e Francia, finché passa a “Marie Claire” durante la guerra, specializzandosi nell’illustrazione di moda. Con la Liberazione, sono “Vogue”, “L’Officiel de la Couture”, “Harper’s Bazaar”, “Flair”, di nuovo “Fémina” a richiedere il suo segno grafico. Da qui alle grandi maisons il passo è breve. Disegna per Jacques Fath e per Balmain, ma è soprattutto Dior a cercare la sua collaborazione e ad instaurare con lui un rapporto duraturo che porterà poi a grandi risultati, come i disegni per la pubblicità dei profumi “Eau Sauvage” e “Diorella”.
Ai vertici del successo, Gruau abbandona gradualmente il disegno di moda per dedicarsi alla pubblicità. Lavora per Elizabeth Arden e per i guanti Perrin, per i cappelli Montezin, per le case produttrici di cosmetici (Pajor, Rouge-Baiser), di tessuti (Dormeuil, Rodier, Fred), di biancheria (Scandale, Léjaby). Dopo il 1956 i suoi manifesti per il Lido e il Moulin Rouge invadono Parigi. Le incursioni nel mondo dello spettacolo sono sempre più frequenti: realizza i costumi di alcuni film, tra cui “La dolce vita” di Fellini, e le scenografie dell’Opéra Comique e del Theâtre du Palais Royal.
La sua notorietà fa breccia anche in Italia, dove diverse aziende gli chiedono di pubblicizzare i loro prodotti. Nascono così i celebri affiches per la Martini, per il marchio Ortalion (impermeabili, ombrelli e calze), per i tessuti Bemberg e, in tempi più recenti, le campagne per le automobili Maserati, per le camicie Pancaldi, per Laura Biagiotti, per il profumo Schu-Schu di Schubert e per il 150° anniversario dei Bagni di Rimini. Colpisce in questi disegni la lontananza dalla moda gridata di oggi: il mondo di Gruau è essenziale, discreto, gioioso.
Tra le opere esposte all’Istituto italiano di cultura di Parigi nella mostra a lui dedicata spiccavano i manifesti e cartelli-vetrina serigrafati, i prodotti concepiti per il marchio Bemberg, i dipinti e i disegni degli anni ’40 e ’50 raffiguranti le sue classiche femmes fatales, tra cui la celebre donna in abito da sera di Balmain. Una donna, quella di Gruau, di gran classe, rimasta nell’immaginario collettivo degli anni Cinquanta e Sessanta.
Lettura Fulvio Redeghieri.