Domenico Baccarini nasce a Faenza da umile famiglia (padre ciabattino, madre analfabeta) il 16 dicembre 1882 e muore a soli 24 anni il 31 gennaio 1907. E’ uno dei maggiori protagonisti dell’arte del primo Novecento, straordinario nel suo andirivieni tra simbolismo e liberty.
Il lavoro di Baccarini attraversa le grandi correnti artistiche del suo tempo con inflessioni prossime al divisionismo di Segantini ma con accenti estremamente moderni che quasi preannunciano le elaborazioni cromatiche dei futuristi Severini, Balla, Boccioni.
Eccezionale è anche la produzione scultorea, che documenta il suo straordinario talento: dai gruppi plastici con figure femminili, quali “Sensazioni dell’anima” o “Primavera”, ai tanti ritratti dell’amata Bitta, dalle piccole figure infantili, omaggio alla figlia Maria Teresa, ai grandi busti dei personaggi e degli artisti del suo cenacolo faentino.
A proposito della Bitta, la sua musa e modella, bisogna ricordare che la convivenza con Baccarini suscitò scandalo: non erano sposati, ebbero una bambina e poi
Nel centenario della morte di Baccarini, le città di Faenza e di Ravenna si uniscono nel promuovere due esposizioni: “L’art nouveau a Faenza. Il Cenacolo Baccariniano” organizzata dal Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, imperniata sugli artisti che composero originariamente il “Cenacolo”. E “Domenico Baccarini. Una meteora del primo Novecento”, mostra antologica dedicata all’intera opera dell’artista, organizzata dal Museo d’Arte della Città di Ravenna.
Tra i tanti dipinti possiamo ricordare il grande trittico “L’umanità dinnanzi alla vita”, opera incompiuta, realizzata dall’artista nel periodo romano come attenta riflessione sull’uomo tra la vita e la morte, e gli olii del periodo veneziano; ma anche i numerosi ritratti e gli intensi autoritratti, le vedute di Faenza e i tanti scorci familiari.
L’esposizione faentina, che comprende 150 opere tra le quali anche sculture, ceramiche e disegni di Baccarini, riserverà la sua attenzione ai protagonisti della scultura, senza dimenticare la grafica e, fra le arti applicate, la stessa ceramica, visibile nel percorso permanente del museo dall’estate scorsa.
Già nei primi anni del secolo scorso si era formato a Faenza un gruppo di valenti pittori-scultori-incisori-ceramisti che dedicavano grande attenzione alla maiolica. Emerge certamente fra questi la figura di Baccarini, in linea con la sensibilità inquieta venata di simbolismo che domina l’arte del periodo. Ma non è l’unico importante. Al Cenacolo Baccariniano – dapprima riferito agli anni della Scuola di Disegno e Plastica diretta da Antonio Berti, in seguito trasferita nel retrobottega di Maddalena, la madre di Baccarini – aderirono, accomunati da una medesima volontà di intenti, anche scrittori come Alfredo Oriani, collezionisti come Ercole Alberghi, filantropi socialisti come Ugo Bubani. Ma a primeggiare furono le arti figurative, impersonate da Domenico Rambelli, Giuseppe Ugonia, Giovanni Guerrini, Francesco Nonni, Pietro Melandri, Ercole Drei e altri ancora: un gruppo folto destinato a diradarsi nel terzo periodo del consesso, allestito in casa di Antonio Missiroli dopo la morte dell’artista.
Per tratteggiare assonanze e fonti ispirative, in sintonia con l’Italia e l’Europa, l’esposizione di Faenza fornisce una serie di confronti con opere provenienti da musei e collezioni italiane e straniere di artisti famosi, molti dei quali presenti già nella esposizione faentina del 1908, tenuta nell’occasione del terzo centenario della nascita di Evangelista Torricelli: dipinti, disegni e incisioni di Klimt, Knopff, Munch, Larsson, Bonnard, Pellizza da Volpedo, Martini, Balla, Costetti, Romani, Mentessi, Previati, Segantini, De Carolis, Meunier.
Particolare peso assumerà poi la produzione di Achille Calzi, figura poliedrica di primo piano nella vita culturale e produttiva della città nei primi vent’anni del secolo scorso. Pittore, ceramista, scrittore, insegnante e direttore della Pinacoteca, Calzi entrò in contatto, per formazione e poi per frequentazione, con poeti e artisti di prima grandezza – da Carducci a D’Annunzio, da Pellizza da Volpedo a Sartorio – coltivando un’arte eclettica in assonanza con le aree mitteleuropee e contribuendo alla rinascita delle fabbriche di maioliche faentine.
Ma per tornare a Baccarini, e concludere, ricordiamo la bellezza dei dipinti in cui l’artista racconta la sua Romagna, attraverso scorci di Faenza e paesaggi di campagna. Il mondo com’era, e come non è più.
Lettura Francesca Sutti.