28 maggio 2011
Le musiche di questa puntata: Claudia Cieli Quartet, Lorena Fontana, Chet Baker Quartet & Dick Twardzik, John Coltrane, Andrea Ferrario.
Musica. Claudia Cieli Quartet: Il cielo in una stanza (di Gino Paoli) e Le mille bolle blu (di Carlo Alberto Rossi). Esecutori: Felice Del Gaudio (contrabbasso), Pino De Fazio (pianoforte), Bruno Farinelli (batteria) e Claudia Cieli (voce).
Cari amici, un libretto pubblicato dalla casa editrice Mobydick di Faenza scritto da Franco Bergoglio e intitolato Magazzino Jazz, ci ha fatto venir voglia di ascoltare, scrivere e occuparci di jazz, naturalmente nel modo vagabondo e divagante al quale siamo abituati. Per parlare di jazz dovremmo trovarci sul Po, perché il grande fiume italiano che attraversa anche la nostra regione richiama il delta del Mississippi, che ha fatto da incubatore al jazz come al blues. Nel nostro piccolo, abbiamo il Piacenza Jazz Fest, che presenta ogni anno un cartellone di respiro internazionale, e la vicina Parma che ospita il Parma Jazz Frontiere Festival. Invece, pensate un po’, siamo da un’altra parte, accanto a un altro scorrer d’acque. Siamo vicini al Reno, che dopo il Po è il corso d’acqua più importante dell’Emilia-Romagna, ma certo non ha la maestosità e l’imponenza del grande fiume. Prima di proseguire, sentiamo un altro brano che volge in chiave jazz emozioni cantautoriali: se prima era Gino Paoli, ora è Francesco Guccini a essere citato, dialetto modenese compreso, dalla cantante Lorena Fontana.
Musica. Lorena Fontana: Straz ed nebia (da “Guccini in Jazz”).
Dunque, siamo in viaggio lungo le vie d’acqua della pianura bolognese. Da Malalbergo, luogo dal nome poco invitante, distrutto durante l’ultima guerra e ricostruito in forme anonime, prendiamo la via all’ingresso del paese che costeggia l’antico canale della Botte. Comincia qui il nostro itinerario lungo la curva del Reno, fiume dal nome celtico perché furono i Galli Boi, fondatori di Bologna, a costruire sulle sue rive le prime capanne con argilla e canne, un tempo abbondanti. Il canale del Reinos, che in celtico significa corrente, corso d’acqua, scorre in una campagna ordinata di frutteti e case rurali. Noi abbiamo appoggiato la bicicletta a un albero e, nella pace bucolica di un antico macero, seduti tra querce e pioppi secolari, scorriamo l’agile volume di Bergoglio. Nel capitolo “Jazz sull’isola deserta”, si parla dell’ansia classificatoria che ha portato critici e riviste musicali americane a stilare, sin dal 1936, classifiche sui dischi più belli, confrontandoli con i più venduti e compilando playlist dei dischi preferiti. La domanda è sempre la stessa: quale disco portereste sull’isola deserta? Tra i cento dischi più importanti per il critico del New York Times, Ben Ratliff, ce n’è uno di Chet Baker con il pianista Dick Twardzik. Chet Baker lo conosciamo tutti come una degli eroi maledetti che hanno costellato la storia del jazz. Il pianista, invece, anche lui icona maledetta e morto di eroina a 24 anni, lo conoscono in pochi. Ha avuto poco tempo nella vita, ma noi oggi lo vogliamo ricordare.
Musica. Chet Baker Quartet & Dick Twardzik: Someone to watch over me (di George Gershwin). Olanda, 1955
Con la nostra musica dolcissima in testa, siamo passati sotto l’autostrada e dopo qualche km abbiamo infilato la nostra bicicletta in luoghi che si chiamano Valle, Bassa, Guazzaiolo, Barchetta, a ricordo delle origini acquatiche di queste terre. Dopo l’antico macero sotto la ferrovia, siamo entrati in un sottopasso e attraverso i campi siamo arrivati a Galliera, del cui vecchio castello rimane solo una torre. La nostra meta ora è l’area ecologica della Bisana che, insieme al bosco della Panfilia, è uno dei boschi fluviali più intatti del bacino del Po. Il luogo comprende un tratto del fiume Reno, al confine tra la pianura bolognese e quella ferrarese. Tra gli alberi e il cielo, siamo nel posto giusto per ascoltare jazz. Il nostro libriccino ci dice che nella lista dei cento dischi più importanti del Novecento stilata dalla rivista Time, ci sono due lavori di Miles Davis, Kind of Blue e Bitches Brew, e A Love Supreme di John Coltrane. Indubbiamente, si tratta di dischi epocali, pietre miliari del jazz che hanno influenzato il rock, il pop e tutta la musica a venire. Siamo qui, amici, tra i salici e i pioppi, in un bosco di pianura stranamente ricco di funghi. Ne prendiamo uno vicino all’acqua che scorre, selvatico, come il sax delirante e incantevole di Coltrane che ci esplode in testa e tra le mani.
Musica. John Coltrane: A Love Supreme. Part 1. Acknowledgement (1964).
Nel 2003 la rivista Rolling Stone ha inserito A Love Supreme al 47° posto tra i cinquecento dischi migliori di tutti i tempi. Le classifiche fanno spesso ridere, ma se il sax di Coltrane mette i brividi ogni volta che lo senti, vuol dire che hanno visto giusto. La musica ci alza sopra la terra e solo quando è finita, ci accorgiamo del canto degli uccelli dentro il bosco della Panfilia. Con la coda dell’occhio, mentre saliamo sulla bici, scorgiamo un rospo che salta. Salendo sull’argine del Reno, vediamo il Cavo Napoleonico, il canale che collega il Reno al Po. Il ponte sul canale è ciclabile. A questo punto abbiamo due possibilità: seguire l’argine del Reno che si alza sulla pianura e, tra maceri, prati e pioppeti, dirigerci verso il borgo di Pieve di Cento, o arrivare a Bondeno e seguire poi le indicazioni per la ciclabile destra Po, in direzione Stellata. Guardiamo il piatto orizzonte: la decisione può attendere. Prima, c’è tempo per la musica, questa volta tutta locale, del bolognese d’adozione Andrea Ferrario.
Musica. Andrea Ferrario: Clouds (Andrea Ferrario sax, Mauro Gallo pianoforte, Giannicola Spezzigu contrabbasso, Marcello Molinari batteria).