Cari ascoltatori, dopo aver percorso in lungo e in largo le meravigliose strade dei vini e dei sapori del nostro territorio, da Piacenza fino ad arrivare al mare, ritorniamo sui nostri passi, sempre con me, Marina Leonardi, la vostra guida di queste puntate, per incontrare i prodotti tipici delle strade, per soffermarci ad assaporarne gli odori e a gustarne i sapori. Incrociamo qui le Strade dei vini e dei sapori della provincia di Ferrara, un itinerario che si sviluppa in tutto il territorio provinciale, uno dei pochi in Italia interamente pianeggianti, attraverso percorsi distinti che, pur nella apparente uniformità del paesaggio, propongono caratterizzazioni ambientali diverse. Un lungo viaggio nelle terre alluvionali, in gran parte bonificate, che oggi si presentano in maniera ordinata e geometrica, con strade e canali a fare da tracciati divisori fra poderose opere idrauliche, estese coltivazioni, ambienti naturalistici fra i più belli d’Italia e centri d’interesse architettonico, con le meraviglie estensi di Ferrara come riferimento.
Il primo dei tre percorsi va alla scoperta del Po e dei suoi sapori, dall’anatra alla salama da taglio fino alla rana, nel rincorrersi di frutteti, campi di cereali e pioppeti lungo le possenti arginature del Grande fiume.
Il secondo si addentra nelle antiche Corti estensi, attraverso le “capitali” della salama da sugo, dell’aglio, del riso e dell’asparago.
Il terzo infine, si tuffa nelle Terre basse del Parco del Delta, dove si apre il mondo delle Valli, fatto di canneti, impianti da pesca, aree boschive e del volo di migliaia di uccelli dove si producono i Vini DOC delle Sabbie del Bosco Eliceo, leggeri e sapidi, protagonisti enogastronomici insieme all’anguilla.
Il paniere dei prodotti delle tre strade ferraresi è ricco e vario come abbiamo visto e spazia dalle vongole al tartufo bianchetto, dai cappellacci di zucca, al riso, alla mitica coppia ferrarese, agli asparagi tipici proprio di questa stagione.
Nella provincia estense l’asparago ha trovato il proprio ambiente ideale nei territori litoranei del Basso Ferrarese, proprio intorno a Mesola, una zona di alto valore ambientale e naturalistico, che esalta la qualità degli oltre 5.000 quintali di produzione.
Per la maggior parte si tratta della varietà Precoce D’Argenteuil, ma sono allo studio altre coltivazioni che permettano di esaltare ancor più la qualità dell’asparago di bosco.
I suoi requisiti dietetici, aromatici e visivi lo rendono protagonista di numerose ricette di alta cucina tra cui il risotto che ci permette di conoscere più da vicino un altro protagonista di queste terre il Riso del Delta del Po.
Il Carnaroli è il riso più pregiato delle varietà di riso prodotte. Atre tipologie di riso sono l’Arborio, il Vialone nano e il Roma. Il riso Carnaroli che non è l’unico prodotto nel ferrarese ma che rappresenta la grande qualità, appartiene alla classe del riso superfino. Nel territorio ferrarese la coltura del riso ha tradizione secolare, nei comuni di Jolanda di Savoia, Mesola, Codigoro, si può ancora ammirare lo spettacolare paesaggio di risaie allagate, e la ingegnosa canalizzazione usata per portare l’acqua in questi terreni. Il riso superfino Carnaroli è un tipo di riso con un chicco ricco di amido amilosio che lo rende molto consistente e quindi adatto per i risotti poichè perde poco amido durante la cottura. Il riso superfino ha i chicchi grossi ed allungati e si cuoce in un tempo variabile tra i 16-18 minuti. Molto usato nella tradizione culinaria di Ferrara, perché si abbina bene con carni, verdure e pesce, è un prodotto che merita l’attenzione dei palati più raffinati in quanto la differenza tra questa varietà ed altre si vede ma si “sente” anche.
A Ferrara la gastronomia è quanto mai ricca e gustosa basta evocare alcune ricette per far salire l’acquolina in bocca: pasticcio di maccheroni, cappellacci di zucca, salama da sugo, pampepato e ciupeta che si abbinano spesso ai piatti della tradizione ebraica cittadina. Altri prodotti derivano poi dalle acque di cui questa provincia è ricca: l’anguilla di Comacchio e la vongola verace di Goro.
E’ in queste zone lagunari che cresce e si moltiplica la vongola verace di Goro, un mollusco bivalve introdotto nella laguna intorno alla metà degli anni ’80 e ora divenuto uno dei prodotti di punta della zona. Sebbene queste vongole come dicevano non sono originali delle nostre zone, ma provengono dall’Asia e nello specifico dalle Filippine, i goresi hanno finito per considerarle emiliane a tutti gli effetti. Tanto che le cooperative di produzione hanno chiesto all’Unione europea la concessione del marchio Igp (Indicazione geografica protetta) e sul sito della Provincia di Ferrara, “i frutti” di Goro sono annoverati fra le “17 perle” gastronomiche del ferrarese, con tanto di sagra estiva a metà luglio. Un caso di immigrazione e di integrazione perfettamente riuscito!
Altro discorso merita invece l’anguilla, da secoli risorsa delle genti delle valli. Le anguille, si pescano tra novembre e gennaio, possono essere consumate fresche o marinate in aceto. Nell’area del Delta ci sono antichi stabilimenti per la marinatura e la conservazione delle anguille il più importante di questi era a Comacchio, si tratta dela Manifattura dei Marinati di cui il Parco del Delta del Po in collaborazione con il Comune di Comacchio, ha recuperato l’antica Sala dei Fuochi e ora torna a lavorare le anguille secondo la più autentica tecnica tradizionale.
E l’anguilla marinata o arrosto non si può non consumare con il buon pane ferrarese. Riccardo Bacchelli lo definì ”il pane più buono del mondo”. Stiamo parlando della coppia ferrarese i tipici crostini prodotti con farina di grano tenero tipo “0” (di ottima qualità e proveniente da grano coltivato prevalentemente in provincia di Ferrara), strutto, olio extra vergine d’oliva, lievito naturale, sale marino, acqua e malto, senza aggiunta di additivi chimici. Questa è la ricetta che da diversi anni è protetta dal marchio di qualità dell’Unione Europea, Igp.
La storia della coppia o ciupeta va indietro nel tempo al carnevale del 1536 quando, secondo quanto riportato da Cristoforo da Messisbugo, il grande scalco della corte estense, nel grande banchetto offerto dal Duca comparì un “pane ritorto”. Ma gli statuti comunali del XIII secolo parlano già di un pane confezionato nelle forme con gli “orletti” cioè le classiche doppie corna.
E dopo tanto mangiare, apriamo una parentesi anche per il bere, chiudiamo con il famoso vino delle sabbie. Sì perché la zona Doc del Bosco Eliceo si trova all’interno del Parco regionale del Delta del Po ed è caratterizzata da cordoni dunosi e anche da boschi di lecci, valli e saline. I vigneti, lungo la costa sono allevati su dossi, fra i boschi, sono vigne basse che hanno resistito per secoli arrivando fino ai giorni nostri.
Scopriamo curiosando tra le pagine del sito de Consorzio di tutela dei vini Doc Bosco Eliceo che è grazie alla presenza etrusca e bizantina e in seguito all’opera dei frati benedettini a cui si deve la realizzazione dei conventi di Pomposa e Classe se l’area è stata bonificata e sono state introdotte pratiche agricole come appunto la coltura della vite. In epoca successiva, un ulteriore sviluppo della viticoltura nella zona del Bosco Eliceo si deve agli Estensi, attorno alla metà del XVI secolo. Il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata dei vini di Bosco Eliceo è avvenuta il 22 giugno del 1989 con la pubblicazione del Disciplinare di Produzione che riguarda quattro vini: due bianchi (Sauvignon e Bianco del Bosco) e due rossi (Fortana e Merlot).
Potete trovare maggiori informazioni sul sito: www.stradaviniesaporiferrara.it
un saluto da Marina Leonardi