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22 Febbraio 2014 | Archivio / Le vie dei sapori

I prodotti tipici delle Strade dei vini e dei sapori della provincia di Modena

Due strade, una di pianura e una di collina per un paniere di  prodotti unici

A cura di Marina Leonardi

22 febbraio 2014 

Cari ascoltatori, dopo aver percorso in lungo e in largo le meravigliose strade dei vini e dei sapori del nostro territorio, da Piacenza fino ad arrivare al mare, ritorniamo sui nostri passi, sempre con me, Marina Leonardi, la vostra guida di queste puntate, per incontrare i prodotti tipici delle strade, per soffermarci ad assaporarne gli odori e a gustarne i sapori. Siamo quindi tornati a monte, risalendo la nostra bella regione lungo la sua spina dorsale, la via Emilia fino a incrociare le Strade dei vini e dei sapori della provincia di Modena, una strada di pianura e una di collina.

La Strada “Città Castelli Ciliegi” la si può percorrere partendo indifferentemente da Modena o da Bologna. Se si parte da Modena, città della Ghirlandina, del Duomo e della Piazza Grande che l’Unesco ha voluto da tempo tutelare come “patrimonio dell’umanità”, dirigendosi verso sud, le emozioni gastronomiche iniziano subito a Castelnuovo Rangone, ovvero il “regno del maiale”.

Qui il maiale è una religione, gli hanno pure dedicato un monumento sulla piazza centrale e una sensibile fonte di reddito per il territorio. Ogni anno qui si rinnova la realizzazione del più grande zampone del mondo, da tempo inserito nel guinness dei primati e cotechini, salami, coppe e mortadelle espressioni di una norcineria che qui ha radici antiche.
Non si può dire Modena e non pensare istintivamente all’Aceto balsamico, “quello vero” direbbero alla Consorteria di Spilamberto – dopo Castelnuovo verso Vignola, dove l’Aceto con cinque lustri (quello extravecchio) non manca mai sulle tavole. Come non manca mai il nocino, fatto coi malli raccolti nella notte di San Giovanni. Per il Balsamico tradizionale esiste qui un apposito e interessante museo gestito dalla Consorteria dove scoprire i segreti di quello che viene chiamato l’oro nero, per il suo valore economico ma soprattutto famigliare. Nel modenese  la produzione del “balsamico tradizionale” è da sempre una “questione di famiglia”. E’ nel sottotetto di migliaia di abitazioni che il prezioso oro nero si affina – per almeno 12 anni – nelle botticelle di legno custodite e accudite come un figlio.  Dovete sapere che in questo scampolo di Emilia è ancora viva la consuetudine di attivare una nuova batteria di “vaselli” alla nascita di un figlio o di un nipote, o di cederla in dote alle figlie in vista del matrimonio, in un continuum che arriva a sfidare i secoli.

Ci lasciamo alle spalle Spilamberto e il suo aceto balsamico, pochi chilometri e siamo a Vignola, dove si produce la celeberrima ciliegia, tanto tipica da essere conosciuta in tutto il mondo come la ciliegia di Vignola e tutelata ormai dal lontano 1964 da un Consorzio che negli anni si è aperto anche all’altra frutta tipica della zona come la susina. La raccolta di questo frutto squisito, parte  nella seconda metà del mese di maggio con la maturazione del primo “Durone Bigarreau” e prosegue con la ciliegia “Mora di Vignola”, tra le varietà più saporite del mercato. Con il mese di giugno maturano i duroni di colore scuro come il classico durone “Nero I” famoso per le sue caratteristiche di polpa intensa e gustosa e la classica “Anella”, un durone color rosso fuoco dalla polpa particolarmente consistente. Tra le varietà tardive (a metà giugno) sono da annoverare il durone “Nero II” e il “Ciliegione”, particolarmente gustosi e ricchi di qualità nutritive. La ciliegia è ottima consumata fresca ma si presta a gustose interpretazioni dalla marmellata, alla crostata, dal sorbetto alla conserva sotto spirito. In ogni caso è buonissima ed è proprio vero che… una ciliegia tira l’altra! Tra le tipicità gastronomiche di Vignola va sottolineata la torta Barozzi, un meraviglioso dolce al cioccolato la cui ricetta è segreta e custodita dall’unica pasticceria del centro storico che la produce da oltre un secolo, la pasticceria Gollini. Ancora tra i dolci tipici della strada Ciliegi e Castelli troviamo gli zuccherini montanari, la torta di riso, la torta di taglia telline e il mitico bensone e i morbidi amaretti di Modena.

Da Vignola, salendo sulle colline a occidente, si entra nel regno del Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, vino vivace e generoso come la gente di queste terre. Tutta l’economia agricola di Castelvetro ruota attorno a questo rosso nettare. Da non mancare il centro storico del capoluogo, il castello di Levizzano (sede della Casa dei lambruschi) ed il panoramico santuario di Puianello, dal cui colle il colpo d’occhio sulla pianura modenese è davvero unico. Salendo invece verso la montagna, incontriamo Zocca, zona di grande emigrazione di fine ottocento primi novecento. Qui la  vite cede il posto al castagno e alle foraggere del Parmigiano Reggiano. È una terra di castagne e marroni saporitissimi, ma anche di altre gustose specialità della cucina modenese come i borlenghi e le crescentine gioielli della fede religiosa montanara. Lungo la valle Panaro si produce il prosciutto crudo di Modena Dop, dalle carni più rosse e saporite del vicino Parma. Il prosciutto ben si sposa con uno dei piatti tipici del modenese, il gnocco fritto.

Scendiamo ora in pianura e ci spostiamo verso la parte settentrionale della provincia. Si tratta di una zona a forte vocazione agricola e imprenditoriale, territorio che negli ultimi due anni ha dovuto soffrire prima l’incubo e la devastazione del terremoto e da poco anche quello dell’alluvione.  Carpi, Finale Emilia, Mirandola, San Felice sul Panaro da sempre hanno fatto da cornice ad un paesaggio rurale, sede d’origine di alcuni importanti prodotti tipici. Tra questi, il mitico Parmigiano Reggiano ma anche burro e ricotta, ancora l’aceto balsamico e poi la mostarda dolce e il riso delle risaie di Carpi che da secoli propone le migliori qualità italiane dall’Arborio al Canaroli, e ancora le pere dell’Emilia Romagna Igp e ben due qualità di Lambrusco, recentemente premiato dalle guide dell’Espresso e del Gambero Rosso.

I Lambruschi costituiscono una famiglia di vitigni che da secoli si sono integrati nel paesaggio modenese. Da questi si ottiene un vino generoso e franco come la gente che abita in queste terre, inconfondibile per una attitudine naturale: la rifermentazione primaverile. Di “Vitis labrusca” (un vitigno selvatico) si parla fin dall’epoca romana, ma solo nel XIX secolo alcune linee genetiche prevalgono e assumono, grazie alle caratteristiche naturali e all’evolversi del lavoro dell’uomo, una fisionomia specifica. Si arriva così a codificare tre tipi di vino simili, ma distinti.
In provincia di Modena questi sono il Lambrusco di Sorbara, il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro e il Lambrusco Salamino di Santa Croce, dal 1970 protetti dal marchio Doc di Denominazione di origine controllata, sono vini completi, adatti per molte occasioni di consumo come testimoniano i successi ottenuti in Italia e nel mondo. Negli anni, grazie all’impegno dei produttori e all’azione del Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi modenesi, si sono ottenuti ulteriori miglioramenti qualitativi nel rispetto della tradizione. Il lambrusco è il vino migliore per accompagnare altri due prodotti Dop di queste terre, zampone e cotechino. Continuando a costeggiare il Panaro, si raggiunge Finale Emilia, centro estense fin dal XIII secolo. Il piatto simbolo della città è la Torta degli ebrei, detta anche “sfogliata di Finale” a testimoniare la vivace comunità ebraica che un tempo qui viveva e lavorava. Di nuovo verso occidente, passando per Massa Finalese, si giunge a un’altra importante e storica cittadina della Bassa modenese S. Felice sul Panaro dove si produce l’omonimo salame, un insaccato dal profumo invitante e appetitoso, dal caratteristico sapore dolce, ottenuto da carni suine selezionate provenienti esclusivamente da allevamenti locali. Il colore rosso rubino intenso e la particolare morbidezza gli derivano dall’uso, nell’impasto, di vino rosso, rigorosamente, essendo in terre modenesi, di vino lambrusco.

Sempre nella bassa, si produce l’ottima pera Igp e poi una mela antica la cui varietà non è andata perduta grazie all’intraprendenza di un agronomo, Benedetto Bonomi, che da sempre coltiva la Mela Campanina nella sua azienda agricola di San Possidonio.  La Mela Campanina, detta anche “l’antica mela della nonna”, appartiene alla tradizione della bassa modenese ed è il frutto ideale da essere cotto in forno, perché la sua polpa rimane integra e compatta anche dopo la cottura ma è ottima anche consumata fresca. Tra i prodotti ortofrutticoli della Bassa modenese ci sono poi i meloni delle valli, le angurie e la zucca impiegata per gli ottimi tortelloni da abbinare a un saporito ragù di carne in modo da assaporarne tutto il contrasto. E accanto ai tortelloni di zucca, non possono mancare qui i tortelli di ricotta e bietole e ancora il tortellino di cui Modena è una delle capitali. E non mancano qui, tra le paste ripiene, le lasagne, i cannelloni e le rosette.

Info: www.strade.emilia-romagna.it , www.terrepiane.net ,  www.cittacastelliciliegi.it

Vi lasciamo lungo la strada sulle note di un gruppo modenese doc, i Modena City Ramblers

Brano corrente

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