Riccardo Tesi & Claudio Carboni: Suite di mazurche (da “Crinali”, 2006).
Appennino. Ma quale Appennino? Quello modenese, naturalmente, perché, cari ascoltatori, il nostro viaggio di oggi ci porta dentro la natura di fine estate, quando i giorni già si sono accorciati e si sente nel cuore il declinare della bella stagione: che quest’anno bella non è stata affatto, preda di un tempo bizzarro e mutevole. Ma quel che andiamo cercando, nel vagabondare infinito per le strade della regione, è la fusione di natura e cultura, così come la troviamo lungo tutto l’Appennino modenese, dove le antiche pievi sono armonicamente inserite in un paesaggio verde e rigoglioso. Siamo dunque sulle strade del romanico, cioè di quell’arte che corrisponde alla rinascita culturale dopo il Mille; un’arte ricca di fantasia, che nella montagna modenese ci regala chiesette dalle linee semplici ma eleganti costruite con grandi blocchi di pietra arenaria locale, capitelli e fregi decorati con nastri intrecciati e fiori, rare lunette in pietra scolpita, figure pietrificate di animali che sembrano leoni, affreschi del Quattrocento che risalgono al gotico, cioè al periodo successivo al romanico.
Riccardo Tesi & Claudio Carboni: Dina.
Nel nostro viaggio sui crinali modenesi ci accompagnano i suoni di “Crinali”, l’album del 2006 di due grandi strumentisti, Riccardo Tesi e Claudio Carboni, dedicato ai rilievi emiliani, alle nostre alture, alle loro musiche dimenticate, che questi due importanti protagonisti della musica etnica e folk italiana riescono a rendere attuali. Parlavamo di sonorità dimenticate: polke e mazurche, balli antichi come il bergamasco e la tresca, a chi interessano più? Eppure questi suoni che sfuggono alle realtà metropolitane globalizzate, hanno un fascino che è lo stesso di questa montagna, ed è appunto l’intreccio di natura e cultura. Fate venire qui un abitante di New York, Singapore, San Paolo o Manila. Cosa trova? Trova delle piccole chiese in pietra, vecchie anche di mille anni, immerse nel silenzio dei boschi, in una pace agreste, anche quando non sono al limitare del paese ma dentro il borgo: pietra proveniente dalla terra, fusa con la vegetazione, nel respiro e nella solitudine del bosco.
Riccardo Tesi & Claudio Carboni: Suite di polke (Girotondo, Emma, Polka di Gigino).
A Fanano siamo a 640 metri d’altitudine, nel territorio dell’Alto Frignano che può arrivare a superare anche i duemila metri. Qui, nel centro del paese, la pieve romanica di San Silvestro racconta una lunga storia. L’avrebbe fondata verso la metà dell’VIII secolo Sant’Anselmo abate, su terre concesse dal re dei Longobardi Astolfo, che era suo cognato. Lo scopo era quello di costruire un monastero e un ospizio per i viandanti che, seguendo il tracciato della Via Romea, attraversavano l’Appennino tra la Toscana e l’Emilia. Ma Anselmo, ormai in odore di santità, forse si era stufato di stare tra i boschi; perciò scese in pianura, a Nonantola, dove fondò la celebre abbazia benedettina. Così la pieve fu abbandonata, e ritornò a vivere solo a partire dal XIII secolo. Le tracce più interessanti che rimangono, sono le 12 colonne delle tre navate con capitelli scolpiti, un affresco del Trecento, il fonte battesimale e il portale laterale in pietra arenaria del Cinquecento. Cari amici, i secoli passano, portandosi dietro i giorni e le ere. E noi ci dilettiamo ancora con i balli antichi, come questa quadriglia di autore sconosciuto raccolta nei meandri del tempo dal gruppo La Carampana, che ripropone i balli tradizionali dell’area bolognese e faentina.
La Carampana: Quadriglia (dall’album “Archi di tempo”, 2010).
Torniamo con la musica, nell’Appennino modenese. Per concludere vogliamo farvi ascoltare un organista olandese, Liuwe Tamminga, noto per le sue interpretazioni di musica antica italiana. Tra l’altro, è il conservatore di due organi storici della basilica di San Petronio a Bologna e il curatore, sempre a Bologna, della collezione di organi antichi del Museo di San Colombano. Nel 2012 Tamminga ha inciso un cd di organi antichi dell’Appennino modenese, suonando con questi strumenti dei brani celebri di Mozart, Liszt e Giovanni Battista Martini. Ascoltiamo il Concerto per pianoforte n. 21 k 467 di Mozart suonato con un organo di una chiesa di questa montagna, mentre da Fanano ci dirigiamo in auto sulla strada del Passo delle Radici verso Sestola, sotto un cielo azzurro. Mantenendo la direzione delle montagne, seguiamo la stretta via che porta a Roncoscaglia, all’oratorio di San Biagio, sperduto tra i boschi. Nella quiete assoluta, cadenzata al ritmo del cinguettio degli uccelli, lo sguardo corre sulle decorazioni del portale maggiore, che richiamano quelle della Porta Regia del duomo di Modena. Lentamente, intanto, il giorno tramonta.
Liuwe Tamminga: Concerto per pianoforte n. 21 k 467 di W. A. Mozart. II. Andante. Arrangiamento per organo solo (da “Organi antichi dell’Appennino modenese”, 2012).