Gerolamo Cardano fu professore allo Studio di Bologna, nel quale resse la cattedra di medicina dal 1562 al 1570. La sua vita fu caratterizzata da innumerevoli vicissitudini che cercò di spiegare utilizzando lo studio degli astri. La sua data di nascita è il 24 settembre 1501, quando, come egli stesso ebbe a dire, Marte rendeva funesto l’influsso del Sole e della Luna per il contrasto dei luoghi e per la quadratura con essi. Secondo lui, questo fatto lasciava presagire le catastrofi che nella sua vita si realizzarono puntualmente. Dal momento che il Sole, Marte e Saturno, non meno di Mercurio, erano nei segni umani, e poiché Giove era nell’Ascendente e Venere dominava tutte le figure, si spiega – secondo Cardano – il motivo della sua impotenza dai 21 ai 31 anni di età. Altri racconti di questo tipo appaiono nella sua Autobiografia, nella quale descrive la sua vita, di come sopravvisse alla peste, ad altre malattie e a tutte le prove del destino.
Figlio illegittimo in un’epoca chiusa e moralista, sopravvisse alla peste, mentre i suoi fratellastri ne morirono tutti. Il padre Fazio lo volle come valletto personale e gli insegnò i primi rudimenti di astrologia, la materia che segnò la sua vita e i suoi studi successivi. Cardano studiò nelle Università di Pavia e Padova ottenendo il bacelleriato e nel 1530, ormai medico, chiese di essere ammesso al Collegio dei Fisici: domanda che sarà respinta più volte, fino all’ottenimento del Rettorato in tarda età.
I primi anni di studio furono legati al sacrificio e alla povertà, tanto che dovette vivere con la moglie e il suo primo figlio presso un ospizio gestito da religiosi a Gallarate. In quel periodo insegnò geometria, aritmetica e astronomia alle scuole Piattine. Cominciò a esercitare l’attività di medico e i pazienti non gli mancarono. Lavorò anche presso la famiglia Borromeo, dalla quale ebbe sempre protezione. Dopo il De Malo Medendi scrisse un complesso testo, De Aeternitatis Arcanis. Nel frattempo si trasferì a Pavia dove mise mano a un’opera che intitolò Pratica Aritmeticae et Misurandi Singularis e trattava problemi aritmetici, geometrici, di calendario, inserendo la prediletta astrologia. Continuò i suoi studi facendo sfoggio di erudizione, ottenendo molti successi, anche se dovette sempre combattere con la quotidianità e la povertà. Ebbe un figlio decapitato per sospetto uxoricidio e uno perseguitato come ladro.
Dal 1554 la sua fama giunse all’estero e venne ospitato dal re d’Inghilterra e nello stesso anno pubblicò il suo De Astrorum Judiciis, un trattato di astrologia più volte interrotto nel quale inserì l’oroscopo di Gesù Cristo, del quale si accollò anche le spese di stampa.
Nel 1557 apparve una sua opera colossale, in 17 libri, dedicata all’universo e alle sue parti sensibili, ai corpi misti, ai metalli, agli animali, alle piante, all’uomo con le sue cure, alla divinazione occulta e quella artificiosa, e ai prodigi prenaturali. In questo testo all’astrologia veniva attribuita la spiegazione degli oracoli presso i pagani, comunemente legati a intervento demoniaco. In questo modo le sue trattazioni passavano dall’analisi medico-scientifica alle allucinazioni, visioni, prodigi, problemi di chiromanzia e di streghe, fattucchiere e iettatrici.
Nel 1562 giunse a Bologna, come aveva sempre sperato. L’amministrazione bolognese non lo accolse con calore, molto perplessa per via delle voci che lo riguardavano. I suoi nemici, così egli definì i bolognesi, dovettero accoglierlo perché presentato del cardinale Borromeo, ma lo fecero imponendogli un salario più misero rispetto al dovuto, nessuna indennità di trasferimento e una sede non adeguata per le sue lezioni. L’11 novembre 1562 Cardano cominciò il suo insegnamento a Bologna, assunto in prova per un anno, nonostante la sua celebrità in tutta Europa acquisita grazie al brillante iter accademico. Il suo lavoro a Bologna fu corretto e lineare tanto da farsi presto benvolere dai colleghi. Introdusse nuovi metodi di studio, basati sulla dialettica aristotelica e legati all’arte dell’improvvisazione, che se da un lato rendeva le lezioni estremamente dinamiche e fruttuose, d’altro canto gli costò molte contestazioni.
Abitò in Via Gombruti, poi in via Galliera a casa Ranucci e infine nei pressi di San Giovanni in Monte. Riuscì a farsi molti amici nella nostra città e nell’anno seguente venne confermato alla Cattedra e ricevette la cittadinanza bolognese, oltre al fatto di essere esentato da alcune gabelle urbane.
Gli anni che Cardano trascorse a Bologna furono molto prolifici per le sue ricerche, anche se la fama di studioso si mescolava sempre a quella di mago. Secondo il suo punto di vista, la scienza portava la natura a un livello riduttivo e quindi comprensibile all’uomo che poteva studiarla, canalizzarla e utilizzarla. Dalla conoscenza del mondo si giunge a quella umana, sosteneva Paracelso: concetto – questo – che Cardano inseguì per tutta la vita, perché non poteva esistere medicina in grado di prescindere dalla conoscenza della natura dell’universo. Fu per queste affermazioni che, unitamente al suo studio sul tema oroscopico di Cristo, all’encomio che fece su Nerone e tutta la sua storia, cominciarono a riprendere le voci sull’eresia di Cardano. L’eco giunse alle orecchie della Chiesa. Il 6 ottobre 1570 venne arrestato per ordine del Santo Offizio. L’imbarazzo per la città di Bologna fu grave, tanto da sciogliere immediatamente l’impegno, licenziando il docente. I suoi amici, i potenti cardinali Morone a Bologna e Alciati e Borromeo a Roma, lo aiutarono e dopo tre mesi di carcere ottenne gli arresti domiciliari. Per salvarsi la vita fu costretto ad abiurare e dovette trasferirsi al più presto, dirigendosi a Roma dove morì all’età di 75 anni.
Secondo i maligni, Cardano si lasciò morire di fame piuttosto che contraddire la data di morte che emergeva dall’oroscopo natale, compilato da lui stesso. Sicuramente Gerolamo Cardano fu un personaggio molto particolare, innovatore, eclettico e misterioso. Riuscì a inserire la magia e l’astrologia all’interno di scienze ufficiali come Medicina, Matematica e