20 ottobre 2009
Le parole che avete ascoltato sono l’inzio del lungo inciso che percorre ininterrotto le pagine del libro di Alessandro Bergonzoni, letto per voi dall’artista bolognese che da qualche anno ha ampliato il suo lavoro, aggiungendo al teatro e alla scrittura, per cui tutti lo conosciamo, la pittura e il disegno.
La sera della sua presentazione in Santa Lucia, Bastasse grondare, il raffinato libro d’artista di Bergonzoni, edito per i tipi di Schiwiller, era racchiuso in un’incubatrice. Nell’aula magna dell’Università di Bologna gremita di persone, l’incubatrice stava tra Bergonzoni e il pubblico, spettatore partecipe della venuta al mondo del libro e del suo essere “tra”, tra flusso di immagini e arte dei segni.
Il volume, introdotto da una conversazione di Bergonzoni con Emilio Isgrò, propone sei anni di lavoro in 135 tavole in bianco e nero che “grondano” parole, parole che tornano a farsi segno in una relazione stetta e complessa tra poesia visiva e scrittura pura. Si tratta di un libro che non prevede un percorso univoco di lettura e di visione, ma vuole farsi attraversare, ripercorrere, leggere, chiudere e riaprire.
Nella serata della presentazione Bergonzoni non ha mostrato i disegni, ma ha chiesto al pubblico “un anno di attenzione” per comunicare la parte invisibile del suo lavoro, quella che prepara, provoca e genera il lavoro artistico. Con una generosità davvero inusuale, Alessandro Bergonzoni ci ha fatto partecipi del suo processo creativo, della ricerca interiore e dei suoi meccanismi poetici. E il pubblico dell’aula Magna ha risposto con un’attenzione concentrata.
L’abbiamo intervistato per voi qualche giorno dopo, riprendendo il filo del discorso.