11 ottobre 2013
“Attenzione! Zurbarán ci sembrerà ogni giorno più moderno, e molto più categoricamente di El Grecorappresenterà la figura del genio spagnolo”: accompagnati dalle parole di Salvador Dalì entriamo virtualmente nelle sale di palazzo dei Diamanti per incontrare le cinquanta tele esposte di uno dei massimi protagonisti del Siglo de oro della pittura spagnola, secolo che lasciò un’eredità duratura in tutta l’arte europea.
Legatissimo a Siviglia, la “Firenze spagnola” dove avviò la carriera e aprì la sua bottega, lì rimase quasi tutta la vita, con qualche eccezione (fu ad esempio a Madrid, come pittore di corte, proposto dallo stesso Velázquez, ma solo per un anno, e qui passò gli ultimi anni di vita. A inizio Seicento la città andalusa è seconda per importanza solo a Madrid, grazie alle ricchezze provenienti dalle Americhe. Numerose comunità religiose iniziano la costruzione e la decorazione di conventi e chiese e molte congregazioni incaricano Zurbarán di dipingere per le proprie sedi con le storie dell’ordine di appartenenza.Ecco allora il San Serapio del 1628 che apre la mostra, e i numerosi ritratti di celebri teologi, predicatori e frati: indiscusso capolavoro della serie è Frate Jéronimo Pérez che risalta per l’intensa espressività del volto e per l’esecuzione pittorica magistrale.
Nei dipinti di questo periodo sono evidenti le qualità che faranno di lui uno degli artisti più richiesti: le figure appaiono solenni e maestose, e il giovane pittore dimostra già grande abilità nel conferire plasticità alle forme; l’uso calibrato della luce, intesa come espressione del trascendente, lo fa ricordare anche come il “caravaggio spagnolo”.
Proprio a Caravaggio e, soprattutto, a Ribera si ispira la corrente del “tenebrismo” che include lo stesso Zurbarán tra i protagonisti: lo testimonia lo splendido San Francesco d’Assisi nella sua tomba: l’artista contribuisce al rinnovamento dell’iconografia del santo. La scena è incentrata unicamente sul soggetto raffigurato in piedi, che emerge dalle tenebre con il volto nascosto dal cappuccio e lo sguardo rivolto in basso verso il teschio, vero fulcro della composizione.
Rarissime (se ne conoscono soltanto 5 o 6) sono le sue nature morte che non hanno precedenti nel panorama della pittura seicentesca europea, tanto che sono state prese da esempio dagli artisti della modernità tra i quali Édouard Manet, Giorgio Morandi e Salvador Dalí. In queste opere austere, intrise di simbologia religiosa, l’artista riesce a creare l’illusione di tridimensionalità per mezzo della luce. Due esempi su tutti: la Tazza d’acqua e una rosa del 1630 e il celebre Agnus Dei (1635-40).
Caratteristica della pittura di Zurbarán è quella di rappresentare il trascendente come un fatto quotidiano, rispettoso delle indicazioni del Concilio di Trento secondo cui compito dell’arte era di persuadere i fedeli che il sacro si potesse incarnare nella vita di tutti i giorni. Osserviamo la Casa di Nazaret (1644-45): in una posa malinconica, la Madonna è presentata come una madre preoccupata, con una lacrima che le riga il volto, mentre osserva il giovane figlio che si punge intrecciando una corona di spine, prefigurazione della sua futura Passione. Il dipinto è disseminato da oggetti del quotidiano come la frutta, una brocca di acqua, dei panni bianchi, alcuni libri, delle colombe e dei fiori che assurgono a simboli religiosi.
Il sacro risplende anche nei crocifissi dipinti dall’artista, tra cui l’insolito Cristo crocifisso con un pittore, dove, secondo alcuni critici , propone un autoritratto. Del resto era solito usare i propri familiari come modelli per le sue opere.
A partire dagli anni Quaranta, mentre Siviglia entra in una fase di declino economico che la condurrà verso una progressiva decadenza, le colonie iniziano a richiedere un numero di opere sempre maggiore per adornare le nuove chiese e i numerosi monasteri che sorgono oltreoceano.
Zurbarán dimostra grande spirito imprenditoriale aprendosi al mercato americano e accettando committenze di opere in serie, in genere composte da otto o dodici quadri raffiguranti sante, apostoli, fondatori di ordini religiosi e personaggi della letteratura medievale. I modelli sembrano presi dalla vita reale e le sante e i personaggi biblici, simili a gente del popolo, a eleganti cortigiani o a dame dagli abiti sontuosi, appaiono ricchi di fascino e personalità. Un esempio è la splendida Santa Casilda, immagine emblema della mostra,le cui nobili origini sono messe in risalto dall’eleganza dell’abito, e dalla foggia ricercata dell’acconciatura. Lo sguardo rivolto all’osservatore, la figura si staglia solenne su un fondo neutro.
Zurbarán continuerà a lavorare incessantemente fino alla fine dei suoi giorni, soprattutto per una ricca committenza privata. Muore a Madrid il 27 agosto 1664.
Info:
Zurbaràn (1598-1664)
Ferrara, Palazzo dei Diamanti, 14 settembre 2013 – 6 gennaio 2014
Aperto tutti i giorni: 9.00-19.00
Aperto anche 1 novembre, 8, 25 e 26 dicembre, 1 e 6 gennaio
Informazioni e Prenotazioni Mostre e Musei
tel. 0532 244949
diamanti@comune.fe.it
www.palazzodiamanti.it