20 settembre 2013
Si è chiusa la scorso 15 settembre la XXII edizione del SIFEST, primo Festival della Fotografia in Italia per nascita, uno dei più accreditati tra i cultori della fotografia in Italia e all’estero e uno degli appuntamenti più amati dal pubblico giovanile, per il suo sapore informale, l’internazionalità delle presenze, l’altissimo livello delle mostre molte delle quali presentate in anteprima in Italia, ma anche per l’apertura alle nuove proposte con concorsi, premi, workshop e atelier.
Fino al 29 settembre è possibile ancora visitare le tante imperdibili mostre allestite nel centro di Savignano sul Rubicone e organizzate in occasione del Festival. Eccone una selezione. Si parte con il lavoro dell’australiano Max Pam – certamente uno dei fotografi più autenticamente originali e dotati a livello mondiale – presentato a Savignano in anteprima nazionale. Pam, vincitore nel 1992 con un libro fotografico dedicato all’Asia del “Prix du livre”, in Francia, il più prestigioso premio letterario europeo,propone ora il risultato dei suoi viaggi degli ultimi dieci anni, che hanno toccato i quattro angoli del pianeta, utilizzando una varietà di mezzi e tecnologie – macchine fotografiche di plastica, colori saturi o sovraesposti, stampe digitali, fotografie a colori e in bianco e nero, fotocopie (o anche xilografie) e incidenti “apparenti”.
Anche Roman Bezjak, sloveno, classe 1962, presenta per la prima volta in Italia al SIFest gli scatti di cinque anni di viaggi nei Paesi dell’Est (tra i quali Polonia, Lituania, Serbia, Ungheria, Ucraina e Georgia) fotografando edifici del periodo comunista. Ne emerge un paesaggio fatto di strane architetture in cemento armato che paiono tratte da film di fantascienza: ci sono le costruzioni gigantesche simbolo dell’energia visionaria del comunismo ma anche i prefabbricati in calcestruzzo, le facciate pallide di sale polivalenti e centri commerciali, “il cui cemento è elemento per raccontare storie di povertà e di conformità desolanti”.
Bezjak in realtà non vuole giudicare “ideologicamente” queste architetture ma presentarle in chiave contemporanea, vissute nella quotidianità, proponendo la visuale di un qualunque passante che si trovi tutt’al più sul marciapiede nel lato opposto della strada.
Il fotografo olandese Machiel Botman è presente al SI Fest con “Lo Spazio Che Sento / The Space I Feel”, un racconto per immagini che concentra le esperienze vissute dall’autore. Prendendo costantemente appunti visivi e riscrivendoli finché non ne è soddisfatto, Botman ricompone le immagini della sua esistenza fissando istanti del vivere quotidiano. Botman raccoglie immagini fotografiche, ma anche anche scritti, disegni e tutto ciò che egli ritiene importante. In mostra sono esposte le fotografie, le pubblicazioni, i video prodotti fino ad oggi dal fotografo.
Con “Archiv” l’artista tedesco Joachim Schmid, di fronte al proliferare delle immagini nella società odierna, propone il suo personale percorso per una rilettura, ricostruzione, riuso, riassemblaggio di immagini già esistenti e scattate da altri, raccolte dal 1989 al 1999 e ordinate e classificate per tipologie. Sospesa l’attività di fotografo, proprio in contrapposizione a una “civiltà dell’immagine” sempre più frenetica, Schmid si pone come collezionista entusiasta del riciclaggio, catalogatore ed ecologista.
All’universo del collezionismo va ricondotto l’omaggio all’arte del fotografo milanese Elio Luxardo (1908 – 1969). Perfetto ritrattista del mondo patinato di Cinecittà celebrato nei divi e nelle divine, “scultore” della luce che privilegiava la metafora piuttosto dell’effetto realistico, non si è mai limitato a un’esposizione fredda della bellezza. I ritratti in bianco e nero selezionati per la mostra evidenziano proprio l’originalità e la modernità di questo grande maestro della fotografia.
Tra le novità di quest’anno da segnalare anche la mostra “L’archivio nel libro”: un viaggio ideale all’interno di più di sessanta volumi che riconfigurano, in forma di libro, immagini e documenti provenienti da archivi istituzionali, archivi privati, album di famiglia e web, attribuendogli significati nuovi e inattesi come quelli rivelati da Franco Vaccari nei due video che esplorano l’universo personale e biografico dell’artista modenese.
Per ulteriori informazioni è possibile visitare il sito http://sifest.net/