5 giugno 2012
Cari ascoltatori, oggi parliamo di Annibale Luigi Bergamini, artista autentico, d’innata genialità ma dalla vita segnata dalla caduta nel baratro della follia e da un lungo periodo di degenza manicomiale, cui il Comune di Bagno di Romagna dedica una mostra visitabile fino al 1° luglio 2012. L’esposizione s’intitola “L’incanto e l’invisibile” e comprende oltre quaranta opere del pittore della bassa ravennate provenienti dalla Raccolta d’Arte del Comune di Fusignano e da collezioni private, molte delle quali presentate al pubblico per la prima volta.
Nato a Mezzano di Ravenna nel 1921, amico d’infanzia del noto pittore Giulio Ruffini, Bergamini ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Ravenna distinguendosi per la sua sensibilità e un non comune estro creativo e mostrando predilezione per la pittura sacra. Rientrato in Romagna dopo alcuni soggiorni veneziani, ha avuto contatti con esponenti della lotta antifascista e partigiana. Per l’aggravarsi del già precario stato di salute, nel 1948 è stato ricoverato in clinica psichiatrica a Imola dalla quale sarà dimesso soltanto nel1975, aseguito dell’entrata in vigore della legge 180 che chiudeva i manicomi in Italia. Durante i trent’anni di ricovero Bergamini ha dipinto con assiduità, specialmente nell’ultimo periodo quando all’interno della clinica fu per lui allestito un vero e proprio atelier. Dal ’75 e’ stato ospite della comunità aperta la “Celletta” a Maiano nei pressi di Fusignano, dove ha continuato freneticamente a dipingere, realizzando tra l’altro l’apparato pittorico degli altari e la decorazione dell’abside della locale chiesa parrocchiale. E’ morto il 6 dicembre 1992, ormai logorato nel fisico e per le ferite subite durante una brutale aggressione a scopo di rapina.
A raccontarci l’inaugurazione della mostra è il sindaco di Bagno di Romagna, Lorenzo Spignoli.
“Capisco che il critico d’arte guardi a questi quadri e pensi alla pittura giorgionesca, a quella del ‘400 o addirittura ai mosaici. L’analista, invece, si chiede perché i conigli che l’artista ha dipinto, tengano tutti gli occhi chiusi. O perché i meloni siano più grandi delle case.”
Giovannantonio Forabosco è uno psicologo psichiatrico. Ha occhiali e barbetta, l’eloquio pacato e assieme fluente, ricco di metafore e frasi evocative. Perfetto per il ruolo, direbbe il mio immaginario riferito alla rappresentazione degli strizzacervelli.
Siamo al Palazzo del Capitano, è giovedì pomeriggio e stiamo inaugurando l’esposizione di opere di Annibale Luigi Bergamini, artista della bassa ravennate che ha vissuto rinchiuso per decenni in manicomio. E’ arrivata una folta delegazione da Fusignano ad accompagnare il prestito dei quadri che gentilmente ci è stato accordato: il sindaco Mirco Bagnari, l’addetto culturale Paolo Trioschi e altri ancora.
Orlando Piraccini parla della ossessione pittorica di Bergamini, del rapporto tra arte e sofferenza, degli aneddoti curiosi. Annibale si metteva a dipingere sull’argine del fiume e diceva all’amico che lo aveva accompagnato: “Dam e’ ross ch’um scapa e tramont!” “De ross an no piò.” “Dam e’ verd, ch’ l’è li stess!”. Guardo Orlando con affetto e con la gratitudine che dobbiamo a un esperto che da anni ci segue e ci guida contemporaneamente, sceglie per noi gli artisti e le opere, dirige la stessa disposizione dei quadri sulle pareti del Palazzo del Capitano. Penso alla recente esposizione di opere di Gino Balena, alla mostra di Ilario Fioravanti, a quelle di Uliano Vecci e Cesare Zavattini, solo per citarne alcune. Mi chiedo quale sia stata l’importanza, negli anni, del susseguirsi di esposizioni dentro questo palazzo quattrocentesco, che racchiude così tanta parte della storia della nostra collettività. Gli artisti locali in evidenza, quelli romagnoli, le grandi collezioni di proprietà pubblica e privata. Penso che tutte le nostre proposte abbiano offerto, volta per volta, anche motivo di piacere e riflessione, di arricchimento spirituale per molti nostri cittadini.
Il nostro assessore alla cultura Monia Giovannetti stavolta non c’era, e io ho voluto riprendere una bella immagine dalla sua prefazione su Bergamini. Monia scrive di un estro che è stato per troppo tempo separato oltre una siepe. Inevitabile cogliere la citazione di Il buio oltre la siepe, bel libro con cui Harper Lee vinse il premio Pulitzer nel 1960. La scrittrice americana raccontava dell’Alabama di allora, della segregazione razziale, della paura della diversità. Guardo il quadro di Bergamini che più mi ha colpito: una barca sul lago dorato dal tramonto, un uomo che rema senza fretta. Mi dice il sindaco Bagnari che quando Vittorio Sgarbi ha visto questo dipinto, l’ha voluto per la mostra intitolata Arte genio e follia tenutasi a Siena nel2009, a fianco di quadri di Van Gogh e Ligabue. Ecco, a me questa barca placida, questo tramonto su un lago circondato da vette silenziose, fa pensare che la sua colonna sonora ideale sarebbe un blues, di quelli che si levavano nelle strade e nei campi dell’Alabama descritta da Harper Lee.
E’ vero che oggi, dentro la drammatica crisi in cui ci troviamo e coi bilanci strettissimi che possiamo allestire, è sempre più difficile garantire i fondi per la cultura, ma è anche vero che se c’è un modo per uscire dalla crisi è proprio quello di mettere la cultura al centro dei nostri pensieri e della nostra azione. Dove potremo mai trovare le risorse interiori per dipingerci il mondo nuovo per cui lottare se chiudessimo ogni nostra finestra al bello? O i nostri occhi, come i conigli di Bergamini?