Cari ascoltatori,
eccoci di nuovo a Reggio Emilia per rivisitare con più attenzione, dopo le giornate inaugurali di Fotografia Europea, la mostra o, meglio, le due mostre a Palazzo Magnani dedicate a Walker Evans.
Chi è appassionato non può perdere questo appuntamento con la storia della fotografia. I suoi scatti hanno influenzato diverse generazioni di fotografi, negli Stati Uniti come in Italia. Pioniere della fotografia di documentazione, è divenuto celebre per aver immortalato gli Stati Uniti della crisi economica degli anni Trenta. Sicuramente vi è familiare almeno un suo scatto, realizzato nel 1936 precisamente ad Hale County in Alabama, nel sud rurale e povero degli Stati Uniti. E’ il primo piano di una donna che ti guarda, e il suo volto segnato è diventato il simbolo della Grande Depressione.
Nato a St Louis, nel Missouri, nel 1903 da famiglia benestante, Evans ha l’ambizione di diventare uno scrittore e come molti in quel periodo corre a Parigi dove per un anno frequenta la Sorbona. Tornato negli Stati Uniti si dedica alla fotografia: lavora per la rivista “Fortune” e ha un incarico dalla Farm Security Administration che gli chiede di fornire uno spaccato fotografico dell’America rurale nel periodo della Grande Depressione. Walker Evans attraversa molti stati americani – Pennsylvania, West Virginia, South Carolina, Georgia, Alabama, Mississippi e Louisiana – dotato di un fotocamera di grande formato e lì realizza la maggior parte delle immagini divenute leggendarie. Si tratta di brani di quotidianità (persone, edifici, oggetti) che ancora oggi tratteggiano in modo esemplare la società americana negli anni del New Deal.
Fin qui il nostro racconto coincide con quello riportato nei manuali di storia della Fotografia. Ma nelle doppia mostra di Reggio Emilia troviamo qualcosa in più o, meglio, aspetti del lavoro di Evans in genere tenuti in secondo piano. Partiamo da “Anonymous”, la prima mostra, che arriva a Palazzo Magnani in anteprima nazionale dopo le tappe europee di Arles e Bruxelles. Qui si indaga un aspetto meno noto della sua produzione, ponendo l’accento sulle immagini pubblicate nelle riviste americane di grande diffusione a partire dal 1929 e sul suo lavoro di photoeditor e impaginatore. Non può stupirci il fatto che la sua poetica, (da aspirante scrittore) si basi su una stretta connessione tra immagini e testi. A differenza di molti fotografi, infatti, Evans non lavora per i magazine esclusivamente come fotografo, ma segue l’intero processo che conduce alla pubblicazione delle sue immagini. E’ lui stesso spesso a scegliere il tema, a scrivere i testi, a selezionare le foto e a curare l’impaginazione. Usa il bianco e nero, ma non disdegna il colore. I suoi sono “foto-racconti” che celebrano la vita quotidiana: i soggetti sono gli anonimi cittadini e ciò che li attornia, come le automobili, i graffiti, le vetrine dei negozi. Il tutto con uno stile austero, di una chiarezza e semplicità prive di ogni forma di idealismo romantico. 80 riviste originali, un centinaio di stampe d’epoca oltre a diversi documenti e materiali illustrano questo aspetto inedito del lavoro di Walker Evans.
E forse sono proprio l’interesse per la fotografia documentale a l’attenzione alla quotidianità o meglio, per dirla con il nostro Cesare Zavattini, alla “qualsiasità” da contrapporsi all’eccezionalità di luoghi, di eventi e persone, gli elementi che hanno fatto di Evans il maestro di molti fotografi italiani, a partire almeno dagli anni Cinquanta. Di questa storia si occupa la seconda mostra qui presentata in anteprima nazionale, “Walker Evans. Italia”, a cura di Laura Gasparini, che abbiamo già intervistato all’inaugurazione di Fotografia Europea.
Scopriamo così che per la generazione dei fotografi dell’immediato dopoguerra, in particolare Gabriele Basilico, Olivo Barbieri, Guido Guidi, Luigi Ghirri l’opera di Walker Evans è stata un riferimento fondamentale. Indagando gli archivi di questi autori, infatti, sono emerse non solo fotografie di Evans, ma anche cartoline, monografie e libri rari – come le edizioni della mostra antologica, prima della storia intitolata a un singolo fotografo, che il MoMa di New York dedica a Evans nel 1971. Queste rare edizioni sono in mostra insieme ad alcuni scatti degli stessi maestri italiani scaturiti dalla riflessione sulla lezione del grande maestro americano.
Le mostre sono aperte fino al 10 luglio. Tutte le informazioni sono disponibili sul sito http://www.palazzomagnani.it/
Un saluto da Carlo Tovoli!