21 gennaio 2014
Cari ascoltatori, sono passate tre settimane dall’inizio del 2014, e non abbiamo ancora finito di raccontarvi i personaggi del 2013. Se conoscete Bologna, se la amate, non potete non sapere che il restauro degli edifici più noti della città, dalla chiesa di San Francescoal palazzo di re Enzo, dal palazzo della Mercanzia a quello del Podestà, si deve ad Alfonso Rubbiani, morto nel 1913. Rubbiani è da ricordare perché, mirando a ripristinare l’aspetto originario degli edifici cittadini, ci ha lasciato, a cent’anni dalla sua morte, una Bologna più bella e vera, senza le alterazioni delle forme primitive subite nel corso dei secoli. E la città sarebbe ancora più bella se Rubbiani, come molti altri intellettuali, fosse stato ascoltato dagli amministratori quando si oppose alla distruzione delle mura storiche. Non bastò, a fermare l’avanzare di una mal interpretata modernità, la sua autorevolezza nel restauro del patrimonio architettonico bolognese: autorevolezza conseguita curiosamente da autodidatta, perché Rubbiani, nato a Bologna nel 1848, aveva studiato per diventare notaio. Nel 1870 la sua provenienza da una famiglia di forte fede cattolica, lo spinse a Roma, a combattere con l’esercito del Papa per fermare l’avanzata delle truppe piemontesi.
Dopo l’avventura romana, il rientro a Bologna non coincise con il completamento degli studi, che Rubbiani abbandonò per dedicarsi al giornalismo. Diresse giornali vicini al movimento cattolico dimostrando solo in un secondo momento interesse per il restauro dei monumenti. A condurlo su questa strada fu Giuseppe Modonesi, che stava completando in stile neogotico il restauro della facciata della chiesa di San Martino
Nel 1886 Rubbiani in collaborazione con l’architetto Edoardo Collamarini, assume la direzione artistica del restauro della chiesa di San Francesco, impegnandosi contemporaneamente a ricomporre le adiacenti tombe monumentali dei glossatori. La sua fama di restauratore cresce di giorno in giorno, tanto che attorno alla sua figura si costituisce una compagnia di moderni artieri, la Gilda di San Francesco, cui vengono affidati i lavori artistici non solo nella chiesa bolognese, ma anche nella basilica di Sant’Antonio a Padova.
La sua geniale quanto discussa figura di restauratore ed erudito, ma anche di fine letterato, brillante giornalista e acuto indagatore di archivi, trovò espressione nel programma di restituire a quegli edifici il loro volto originario nell’intento, certamente illusorio, ma nondimeno storicamente fondato, di recuperare la scenografia e il mito della città medioevale, privilegiando le forme e le decorazioni dell’architettura locale. In questo, la sua opera trovò una sponda in un personaggio del calibro di Giosuè Carducci, segretario della Deputazione di Storia patria, convinto assertore del fatto che Bologna, al pari di altre grandi città, dovesse essere da un lato rimodernata, adeguata alle esigenze della viabilità, ma dall’altro restituita al suo decoro identitario. Tutto ciò, grazie ad opportuni interventi che la liberassero dalle aggiunte e trasformazioni che nel corso dei secoli avevano sfigurato certi edifici monumentali, alterandone la bellezza originaria.
Sulla base di queste idee Rubbiani fondò nel 1898 Aemilia Ars assieme al conte Francesco Cavazza, una manifattura artistica che, sull’esempio del movimento di Arts & Crafts di William Morris, produsse molteplici oggetti d’uso quotidiano (pizzi, mobilia, gioielli, tipografia) di raffinata esecuzione.
Tra il 1889 e il 1899 Rubbiani restaura la facciata del palazzo della Mercanzia e l’oratorio quattrocentesco dello Spirito Santo, e fonda con il conte Cavazza il Comitato per Bologna Storica e Artistica, tuttora attivo, con lo scopo di promuovere il restauro e la conservazione dei beni architettonici della città. Al Comitato si deve il recupero, tra il 1903 e il 1907, della casa Ricci-Curbastro, della casa medievale di via Begatto, delle case Beccadelli, Bovi e Tacconi in via Santo Stefano e del palazzo Sanuti-Bevilacqua. Ma Rubbiani fu soprattutto il regista dei restauridi molti degli edifici monumentali di piazza Maggiore, tra cui il palazzo di Re Enzo e quello dei Notai. Il più tardo progetto per restaurare il complesso del palazzo del Podestà-Re Enzo (1908-1912) fu oggetto di aspre critiche da parte di Giuseppe Bacchelli, che comportarono la sospensione dei lavori.
Una recente mostra presso la Biblioteca dell’Archiginnasio si è proposta di illustrare la vita e la figura di Rubbiani e la sua attività come ispiratore del restauro di edifici medievali e rinascimentali nella città, mettendola in relazione con le coeve correnti europee di restauro e con l’aspetto e lo stile di Bologna fra Otto e Novecento. A questo proposito, il titolo riecheggia significativamente il discorso rubbianesco – Di Bologna riabbellita. Proemio alla Cronaca dei restauri e riabbellimenti in Bologna dall’anno 1901 – pubblicato a fine carriera per legittimare i rifacimenti che erano stati oggetto di critiche. Critiche che derivano soprattutto dal fatto che certi luoghi della città dopo l’intervento di Rubbiani sono caratterizzati da un finto gotico, dove un occhio non esperto può non distinguere tra l’originario e il falso architettonico, tra lo stile primitivo e la sua ricostruzione, che non esclude l’invenzione.
Nel 1900 scriveva che “al restauratore occorrono percezione divinatrice, raziocinio ordinatore, finezza tattile della fantasia”, e che “pochi avanzi bastano a provocare cento idee”. Tra il completamento delle parti incompiute e il ripristino di quelle alterate, può dunque passare anche qualcosa di diverso dallo stile originario, perché, come Boito, Rubbiani sosteneva nel 1893 che “l’antico vince il nuovo, ma il bello vince l’antico”. Comunque sia, il restauro di Rubbiani è ormai storicizzato e la Bologna medievale e rinascimentale potremmo dire che è anche un po’ opera sua. Ricordiamo tuttavia che Rubbiani nel 1909 per l’area centrale del Mercato di Mezzo propose un misurato piano di salvaguardia del tessuto medievale contro gli sventramenti in atto. E già abbiamo ricordato la sua battaglia contro l’abbattimento delle mura cittadine. Meglio dunque il suo intervento che quello di un modernista-demolitore.
Rubbiani morì a Bolognail 23 settembre 1913. È sepolto presso la Cappella della Pace nella Basilica di San Francesco.