25 dicembre 2010
Le musiche di questa puntata: Celtic Christmas Songs, Michele Mc Laughlin, Maddalena Scagnelli ed Enerbia, Francesco Benozzo, Alarc’h.
Celtic Christmas Songs: Silent Night
Cari amici, Buon Natale! Che questo giorno sia felice e prezioso: una riflessione sul venire al mondo, ma anche sulla felicità possibile. Credenti o non credenti, questo è un giorno speciale, magico, perfetto, perché è un giorno bambino, con dentro tutta la perduta poesia dell’infanzia. Il mistero – per chi ci crede – dell’incarnazione divina introduce la differenza tra mondo classico e cristianesimo: per quest’ultimo, l’uomo non ha di fronte a sé solo la via della ragione, della misura, dell’autosufficienza (prendere su di sé il proprio destino), ma anche quella della grazia, della mistica e, in definitiva, della salvezza. Si riconduce l’attività umana a un senso ultimo dell’universo. Si crede che il cosmo abbia un fine, un senso, e non si dissolva tutto nella natura. Sta qui la differenza tra il Natale che celebra la nascita di Cristo e quello che celebrava il solstizio d’inverno.
Musica. Michele Mc Laughlin: A Celtic Dream
Da Castell’Arquato abbiamo preso strade secondarie costeggiando verso sud il torrente Arda; dopo Morfasso e Bettola, e tenendo a destra il monte Obolo, abbiamo attraversato il passo del Cerro sconfinando nella neve, per collegarci infine alla strada 45 che da Piacenza scavalca l’Appennino puntando alla Liguria e al mare. Ci immettiamo all’altezza di Perino e, seguendo il corso del fiume Trebbia, in meno di 15 km arriviamo a Bobbio, meta finale del nostro vagabondare invernale attraverso i borghi dell’Emilia-Romagna classificati tra i più belli d’Italia. Non potevamo scegliere meta più giusta per il Natale, perché il Natale cristiano ha incrociato le credenze celtiche, e Bobbio è il posto più celtico, più irlandese, che ci sia in Italia. A dare inizio alla sua storia fu, infatti, Colombano, monaco irlandese in odore di santità, che nel 614 arrivò qui e vi costruì il primo nucleo di quello che sarebbe diventato un grande complesso monastico, faro di cultura per le sue scuole, lo scriptorium e la biblioteca più importante dell’alto Medioevo. Il borgo si sviluppò intorno all’abbazia benedettina di San Colombano, che fu spostata nel luogo odierno intorno al IX secolo dall’abate Agilulfo. Di queste parti è la musicista e cantante Maddalena Scagnelli che col suo gruppo Enerbia è impegnata nella valorizzazione del repertorio dell’Appennino nord-occidentale.
Musica. Maddalena Scagnelli: Momenti musicali medievali tratti dall’antico antifonario di Bobbio.
Ci ripariamo dal bianco e dal freddo prendendo un caffè sotto i portici di piazza Duomo, da poco restaurata. Ci infiliamo nei cappotti con i pensieri congelati; tutt’intorno c’è un silenzio arcaico che copre tutto. Salutiamo la testina apotropaica che ammicca da un capitello, ci infiliamo nelle stradine acciottolate del borgo sfiorando le vecchie case e quindi – prima di finire abbracciati sul ponte gobbo – ci immergiamo nelle meraviglie romane, longobarde e carolingie del museo dell’Abbazia. L’Abbazia di Bobbio era la Montecassino del nord: Umberto Eco per Il nome della rosa si ispirò al suo antico scriptorium, il luogo dove i monaci trascrivevano i testi ereditati dall’antichità classica. “Vicino alla palude, lungo il fiume / con l’alitare delle prime brume …”: è l’Appennino dell’arpista e poeta emiliano Francesco Benozzo, nel bellissimo percorso tra acqua e terra, tra fiume e monte, intrapreso in compagnia della voce di Maddalena Scagnelli.
Musica. Francesco Benozzo: L’Appennino (da “Terracqueo”, 2009).
Nel mosaico romanico dell’Abbazia cerchiamo il nostro segno zodiacale; le nostre metamorfosi in leoni, cavalieri e sirene, sulle superfici sensibili dell’avorio della teca romana; la scrittura delle nostre vite nei codici miniati di San Colombano che, oltre alla fede, portò l’istinto nomade del pellegrino, rievocando senza volerlo le radici celtiche di questi luoghi, ancora presenti nella musica. Diamo voce, dunque, al duo femminile – arpa e canto – che si fa chiamare Alarc’h (cigno in celtico) e si è formato sull’Appennino tosco-romagnolo. E’ difficile dire come fosse la musica dei celti preromani. Sappiamo che il loro strumento era l’arpa e che la loro musica, sopravvissuta alle legioni romane e al cristianesimo, è rifiorita sulle radici medievali per arrivare sino a noi. Così come non si è persa la tradizione benaugurale di mettere il vischio sulla porta di casa a Natale: il vischio era sacro per i celti perché, generando foglie nuove in inverno, simboleggia la rigenerazione della vita.
Musica. Alarc’h: The foggy dew.
Baciarsi sotto il vischio porta fortuna. Così come baciarsi sul ponte “gobbo” di Bobbio, detto anche “del diavolo” per il profilo ondulato e contorto che non poteva non essere opera diabolica. C’è la luna sul ponte, in questa scura notte di Natale che gela i tornanti, i boschi e le case sparse d’Appennino. Il solstizio d’inverno è la notte più lunga e il giorno più corto dell’anno. Da domani, poco alla volta, la luce comincerà a prevalere sul buio invernale. Natale segna questo passaggio: è il superamento del punto critico, in cui si rischia di essere inghiottiti dalle tenebre. Speriamo davvero che questo Natale ci faccia uscire dalla crisi mondiale che produce depressione, isolamento, individualismo. Speriamo di trovare un senso al di là del naufragio, e di ballare il bellissimo “Valzer dei disertori” di Enerbia sul ponte gobbo di Bobbio: il paese dei Galli Boi, la popolazione celtica arrivata qui più di quattrocento anni prima di Cristo, e circa mille anni prima del monaco irlandese di nome Colombano. Buon Natale, cari ascoltatori!
Musica. Enerbia: I disertori.