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7 Dicembre 2013 | Paesaggio dell'anima

Cavalli nella foschia

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

7 dicembre 2013

Musica. Cani della Biscia: Malinconia.

A suggerirci le parole, cari ascoltatori, in questa puntata invernale, è una scrittrice piacentina che ha lasciato Piacenza per stabilirsi a Roma e nella campagna umbra, Sandra Petrignani. Vogliamo infatti ancora parlarvi di Piacenza, perché siamo qui, nella bella piazza Cavalli resa irreale dalla foschia padana, e crediamo che solo lo sguardo di chi se ne è andato possa cogliere l’essenza del luogo natale, il cordone ombelicale con la tua terra che non si spezza mai, anche se si è allentato al punto da renderti più libero e leggero, più saggio e cosmopolita, dopo che l’hai lasciata. Subentra allora la malinconia, come nel brano d’apertura dei piacentini “Cani della Biscia” che volge presto in uno scanzonato quadretto locale. Rimaniamo sempre nella piccola città perduta nella pianura con un brano della colonna sonora del primo film di Giorgio Arcelli, giovane autore piacentino formatosi sotto l’ala artistica del più grande regista di cinema di queste terre, Marco Bellocchio.

 Musica. Louis Siciliano: Placentia floret (dalla colonna sonora del film “Principessa”).

 Cominciamo da piazza Cavalli, come ci suggerisce Sandra Petrignani. Siamo appena usciti da un caffè e osserviamo le due grandi statue equestri di Alessandro e Ranuccio Farnese, padre e figlio, duchi di Parma e Piacenza in successione diretta. Ranuccio le commissionò nei primi anni del Seicento a uno scultore toscano, Francesco Mochi, dopo la morte del padre. “Non è stramba e simpatica, e prudente – scrive la Petrignani – questa gente che intitola la sua piazza principale ai due destrieri anziché ai cavalieri che vi stanno piantati in sella? (…) Dunque le statue presidiano la piazza, una a destra, una a sinistra, insieme cornice e avamposto del Palazzo gotico. Ma non somigliano a soldati, hanno così poco di militare quei due. Sembrano piuttosto disertori o sentinelle inquiete, fantasmi in attesa di pace eterna, due fuggiaschi. Forse sono convitati di pietra tornati per la vendetta ultraterrena. Guardano lontano, nella stessa direzione: non la piazza che dovrebbero proteggere, non i palazzi verso cui orientano il volto. Cosa guardano? Il vuoto della morte, si direbbe, il nemico invisibile che avanza e che sarà inutile combattere. Forse guardano le proprie colpe”.

 Musica. Enerbia: I disertori.

 Fuggiaschi per colpa, disertori di se stessi, i due duchi Farnese. E a proposito di “disertori”, questo era anche il titolo del brano, che abbiamo appena ascoltato, dell’ensemble piacentino Enerbia, con la bravissima Maddalena Scagnelli al violino, e poi la fisarmonica, il piffero, il contrabbasso che hanno entusiasmato il regista Ermanno Olmi, che l’ha inserito nel suo film “Centochiodi”. Dicevamo di piazza Cavalli, cari ascoltatori. Cavalli terrorizzati, dalle narici dilatate, che “portano i loro leggeri cavalieri contro il vento che gonfia i mantelli, i capelli, le criniere”, scrive Sandra Petrignani. E’ racchiusa l’anima di Piacenza, in questa piazza dove le persone sostano in chiacchiera davanti alle statue confondendo nei giorni di sole le proprie ombre con quelle dei lampioni e dei cavalieri. O dove – in giorni come questo – spariscono dentro la “densa placenta di nebbia” in cui è cucita questa città taciturna, introversa. Perché non è vero, come si potrebbe credere – dice  la Petrignani – che Piacenza sia “calda e ospitale, crepitante di pietre e tegole rosse mattone”, come quando viene indorata da certi tramonti sul Po. E’ invece una città “dura, intensamente nordica, operosa”. Dove nelle mattine buie d’inverno “apri la finestra in cerca di luce e ti trovi contro la faccia il grigio ferroso di una parete di nebbia”.  

 Musica. Domenico Gabrielli: Ricercare. Esecuzione Gruppo Strumentale V. L. Ciampi.

 Ci siamo fermati per riportarvi indietro nel tempo, cari amici, restando però sempre a Piacenza con la musica barocca del Gruppo Strumentale Ciampi intitolato al musicista piacentino del Settecento Vincenzo Legrenzio Ciampi. La nebbia è fatta per sognare, lo sapeva bene Fellini che faceva uscire poesia – la poesia delle immagini – dalle nebbie di Amarcord o di Casanova. Le persone che ci passano accanto sembrano ombre, e i silenzi si fanno più densi, ora che è calata su piazza Cavalli la grigia tenebra che avvolge anche il Po. “Piacenza, il fiume lo tiene a distanza, laterale”, scrive Sandra Petrignani. “Fiume largo con un nome breve, rinomato per lucci e suicidi. L’acqua scorre con calma apparente. Gli alberi scendono a bagnarvisi i piedi e restano impantanati nella melma, col tempo sprofondano. Così sono i fiumi, ipnotici. Tutti i fuori-di-testa, i balordi, le puttane, i bracconieri frequentano il fiume. Vanno cantando vecchie canzoni sugli argini, si ubriacano negli chalet delle boschine, si danno appuntamenti vaghi: A s’vadùm instasira a ott e tant … ”.

 Musica. Claudio Lolli: Donna di fiume.  

 

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