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18 Ottobre 2014 | Paesaggio dell'anima

Dal grande fiume al mare

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redighieri.

Simone Guiducci Gramelot Ensemble: Uomini di fiume.

Che ci facciamo qui? E’ una bella giornata di sole, una di quelle giornate che ti può regalare un autunno dorato, che prolunga l’estate. E noi siamo qui, ai piedi del grande argine maestro del Po, in un piccolo borgo che si chiama Quattrelle, nei pressi di Stellata, tra le province di Mantova e Ferrara: un pugno di case che si stringono, come un grosso caseggiato, intorno alla chiesa, troppo grande rispetto alle dimensioni dell’abitato. Di qua la campagna, di là il grande fiume. Il verde e il grigio. E il grigio del Po, come diceva Cesare Zavattini – anche lui nato ai piedi dell’argine maestro, ma nel Reggiano –, il grigio del Po, non è uno dei tanti grigi, una sfumatura, ma è il grigio. Che non è esattamente il colore dell’allegria: quello del Po è un paesaggio malinconico, anche in questa giornata di cielo azzurro, e anche se il sole filtra nel terreno golenale in cui passeggiamo, scortati ai lati da due file di pioppi.

 Osanna: Fiume.

 Eccoci arrivati a Stellata, alla sua Rocca Possente che sorge nel punto di confluenza di tre regioni: Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. Abbiamo girato nel borgo nato a ridosso del Po. Case basse, le più vecchie con i mattoncini tipici dell’Emilia, altre intonacate di bianco, arancione o verdino. I portici della piazza un po’ scrostati dove sono sistemati i primi banchi del mercatino dell’antiquariato, che prosegue lungo tutto il paese su una strada dall’asfalto malmesso: girando tra robivecchi e libri usati, vecchie macchine da scrivere, vecchi telefoni, servizi di piatti e tazzine appartenuti a qualche zia defunta, abbiamo scovato una bicicletta di cui ci hanno aggiustato i freni sul momento, e gonfiato le gomme. Con quella abbiamo percorso il breve tragitto verso la Rocca Possente sulla ciclabile che segue l’argine destro del Po. Il fortilizio degli Estensi, che sorge proprio sul fiume, ha una struttura a forma di stella che ha dato nome al paese e risale al 1570 circa. Controllava il traffico navale sul Po insieme con la rocca di Ficarolo, il paese che sta sull’altra sponda del fiume, e di cui si nota il campanile storto. Sospesa tra terra e acqua, la rocca di Stellata è un posto magico. La casa nella golena, lì vicino, ci fa invece pensare al thriller di Pupi Avati “La casa dalle finestre che ridono”. A proposito di mistero, dobbiamo fare entrare in scena i Celti. Dopo aver ascoltato un brano di Loreena Mc Kennitt, vi spiegheremo il perché.

 Loreena Mc Kennitt: Incantation.

 Nella golena del Po tra il borgo di Stellata e la Rocca Possente, da una decina d’anni a luglio  si svolge il Bundan Celtic Festival, dove Bundan è il nome celtico – significa “conca” – di Bondeno, il paese di cui Stellata è una frazione. I Celti – più precisamente la tribù dei Lingoni – furono tra i primi abitanti di queste terre che i Romani chiamarono Gallia Cisalpina. Fino al medioevo, queste popolazioni si definivano galliche, ed è per ricordare le remote radici di cui sono plasmati gli abitanti dell’area padana, che è sorto il più importante festival celtico d’Italia. Cosa succede durante questo evento cui partecipano in media dalle 15mila alle 30mila persone? Si accende un grande fuoco accompagnato dai suoni dei tamburi e della cornamusa; si costruisce un villaggio celtico con capanne e menhir, con tanto di artigiani che insegnano gli antichi mestieri e streghe che raccontano fiabe ai bambini; ci si dipinge il volto e si acconciano i capelli alla maniera gaelica, insomma si torna indietro di oltre duemila anni per dire: noi veniamo da lì, anche se poi ci siamo mescolati ai Romani e siamo diventati cristiani.

 Enya: The Celts.

 Ci sono però anche studiosi che sostengono che nel Ferrarese c’erano sperduti villaggi gallici – e Bondeno era uno di questi – ma non una forte presenza celtica come in altre parti dell’Emilia. Infatti, nel dialetto ferrarese non ci sono tracce di parlate gallo-italiche, probabilmente perché i coloni romani insediatisi in queste zone, essendo più numerosi dei Galli, non ne hanno subito gli influssi. Comunque sia, è affascinante questo mondo di golene allagate durante le piene del Po, di rami del fiume abbandonati dalla corrente (le lanche), di barconi ancorati alla riva che ospitano ristoranti, improvvisate balere o impianti per la pesca. Il grande fiume procede verso il mare tra gorghi, sciabordii, relitti di alberi, a tratti schiumoso, ora placido, ora minaccioso, talvolta indugiando nel verde dei filari di pioppi o di salici riflesso nel grigiore limaccioso delle sue acque. Nei meandri fluviali ci si perde. I campanili che svettano sopra gli argini sono gli unici fari nei giorni di nebbia per i naviganti. Ma il fiume continua a scorrere dentro di noi.

 Yiruma: River flows in you.

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