Bill Callahan: Spring.
Cari amici, pioggia e sole, caldo e fresco si alternano in questi giorni di primavera. Anche i musicisti che si sono ispirati alla primavera restituiscono nelle loro composizioni le emozioni, i colori, l’imprevedibilità della più mutevole e bizzarra delle stagioni. Il brano più celebre, quello che tutti, o quasi, assocerebbero a questa stagione, vale a dire la “Primavera” di Antonio Vivaldi, fa parte dei quattro concerti per violino che il musicista veneziano concepì intorno al 1720, quando si trovava a Mantova per svolgere il suo incarico di maestro di cappella per conto del governatore della città, il principe Filippo d’Assia. Le Quattro Stagioni sono dunque il frutto di una nuova idea di composizione, quella cioè di riprodurre in musica le scene e i suoni della natura. E sarebbero state le campagne mantovane, e forse anche ferraresi, a suggerire a Vivaldi questa rivoluzione in musica, dove gli strumenti mettono in scena il canto degli uccelli, lo scorrere dell’acqua, i tuoni e i fulmini, il mormorio delle foglie. La tonalità di mi maggiore apre in modo raggiante il concerto, di cui ascoltiamo ora l’Allegro, con il famoso intermezzo dei tre violini soli che riproducono il cinguettio degli uccelli. Gidon Kremer è al violino nell’esecuzione della London Symphony Orchestra diretta da Claudio Abbado.
Antonio Vivaldi. Concerto in mi maggiore per violino, archi e continuo BV269 “La Primavera”: I. Allegro (London Symphony Orchestra, Gidon Kremer & Claudio Abbado).
Antonio Vivaldi descrive la primavera come una danza, e in fondo è così che anche noi la viviamo oggi, sotto un cielo nuvoloso che, a oriente, si apre a squarci di luce, proprio nella direzione in cui stiamo andando, guidando a passo d’uomo sulle strade appena fuori Ferrara. Ecco laggiù la torre colombaia e le quattro torri della Delizia del Verginese, un vecchio casale trasformato nel 1534 in “delizia” di campagna dal duca Alfonso I. Le “delizie” sono una ventina di residenze fuori città, soprattutto nel delta del fiume Po, che i duchi d’Este fecero costruire per i loro svaghi di campagna, spesso riadattando precedenti edifici. Le sei o sette rimaste ancora testimoniano la capacità dell’architettura del Rinascimento di adattarsi al paesaggio naturale. Ora, cari ascoltatori, sentite come vibrano al vento le fronde degli alberi, come il violino induca al dolce sonno di primavera e sentite, alla fine, le viole che imitano l’abbaiare del cane in lontananza: è la bacchetta di Herbert von Karajan a dirigere i Berliner Philarmoniker in una superba interpretazione del Largo della Primavera di Vivaldi. Qui la musica s’intreccia con la natura, così come le delizie, tutte collegate a Ferrara tramite canali e corsi d’acqua, stavano in perfetto equilibrio tra terra e acqua.
Antonio Vivaldi. Concerto in mi maggiore per violino, archi e continuo BV269 “La Primavera”: II. Largo (Berliner Philarmoniker & Herbert von Karajan).
In equilibrio tra terra e acqua stava un tempo tutto il territorio ferrarese. Il cielo vasto, che non trova ostacoli visivi nell’orizzonte piatto, oggi è gonfio di pioggia, senza decidersi a scaricarla su di noi, che riponiamo fiduciosi gli ombrelli in macchina. E a piedi, attraversando i campi bagnati dai piovaschi del mattino e in un’aria già piena di profumi primaverili, raggiungiamo questa residenza extraurbana che sembra un piccolo castello in miniatura. La Delizia del Verginese è di forma rettangolare, è costruita con mattoni intonacati di bianco e ha quattro torri merlate agli angoli. Il portico che la collega alla chiesetta è un’aggiunta settecentesca. A noi interessa la vita che si svolgeva qui dentro nel Cinquecento, quando la delizia funzionava non solo come fattoria agricola, ma vi si stabiliva una piccola corte venuta via acqua da Ferrara per passare l’estate tra piccole faccende domestiche (le grandi erano lasciate alla servitù), gite in barca sul Po, feste al chiaro di luna tra le zanzare, cenacoli intellettuali, amori che sbocciavano come fiori in primavera. “Era l’inizio della primavera”, canta Franco Battiato mentre noi osserviamo il giardino inzuppato d’acqua, cioè il brolo rinascimentale ricostruito nella parte posteriore della delizia con i fiori e le piante da frutto che Laura Dianti fece piantare. Chi era Laura Dianti, ve lo diremo dopo.
Franco Battiato: Era l’inizio della primavera.
Laura Dianti, cari ascoltatori, era una bella cortigiana: diciamo “bella” perché il suo aspetto ci è noto per il ritratto che le fece Tiziano intorno al 1523 su richiesta di Alfonso I d’Este. Del duca di Ferrara Laura divenne amante dopo la morte nel 1519 della moglie di questi, Lucrezia Borgia, e sicuramente prima del 1524, perché in quell’anno risulta dai documenti che la cortigiana ricevette in donazione terreni e immobili del ducato. E poco prima di morire, nel 1534, il duca Alfonso, che con lei fece due figli, le lasciò la Delizia del Verginese, già destinata al figlio legittimo Ercole. Alcuni sostengono che anche il celebre dipinto di Tiziano conservato al Louvre, “Donna allo specchio”, raffiguri Laura Dianti. Là, però, la donna ha capelli biondi e crespi; qui, nel dipinto in cui è sicuramente lei, conservato a Kreuzlingen in Svizzera, la bella ferrarese indossa un sontuoso abito azzurro con pizzi e un’elaborata acconciatura tenuta ferma da un vistoso diadema. E’ lì bella, per il suo duca; e con la mano sinistra appoggiata sulla spalla di un paggetto di pelle nera. Quel ragazzino ci porta lontano, nel tempo e nello spazio; ci porta in Africa o a oriente, a sognare altre primavere. “L’ho visto là in alto / là in alto / lo spirito eterno / mi meraviglia / la primavera è arrivata fino qui / la primavera è arrivata”: così canta Natasha Atlas, belga di origini tunisine, egiziane ed ebraiche; così canta la primavera araba subito svanita.
Natasha Atlas: Le printemps.