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12 Maggio 2017 | Mostre

Fotografia Europea in festa

A Reggio Emilia un viaggio tra memoria, archivi e futuro

A cura di Carlo Tovoli

Cari ascoltatori, oggi siamo a Reggio Emilia per raccontarvi di un Festival che spegne quest’anno dodici candeline, ovvero Fotografia Europea, un appuntamento tra i più importanti in Europa per i tantissimi appassionati che fino al 9 luglio hanno l’opportunità di visitare decine e decine di mostre, partendo da Reggio e muovendosi poi lungo la via Emilia, con eventi anche a Parma, a Modena e a Bologna.
Tantissimi gli artisti italiani e internazionali che si sono confrontati con il tema di quest’anno “Mappe del tempo. Memoria, archivi, futuro” interpretandolo in modo originale e creativo.
E partiamo proprio dal passato con una mostra, a palazzo Magnani, dedicata alla storia e all’eredità di uno dei primi libri fotografici italiani, Un Paese, pubblicato nel 1955 e frutto della collaborazione tra un grande fotografo statunitense, Paul Strand, e Cesare Zavattini. È il celebre racconto della vita di Luzzara, che respira le atmosfere della cultura del neorealismo italiano. Ai documenti originali e alle fotografie del volume, provenienti da prestigiosi musei internazionali, compresi alcuni inediti, si aggiunge l’importante capitolo della “fortuna” del volume nel tempo, da Gianni Berengo Gardin che, sempre insieme a Zavattini, realizza nel 1976 il volume “un Paese vent’anni dopo”, alle influenze su fotografi come Luigi Ghirri, Stephen Shore e Olivo Barbieri.
A “Fotografia Europea” la memoria e il passato sono gli strumenti per dialogare con il presente ed il futuro. Non è un caso che proprio il lavoro di Paul Strand e Zavattini continui a ispirare un gruppo di giovani fotografi che ai Chiostri di San Domenico riflettono sul tema “paese” come metafora, mappa ideale dello stare insieme, del vivere oggi. Ce lo racconta Walter Guadagnini, che cura il Festival insieme a Elio Grazioli e a Diane Dufour.

Intervento di Walter Guadagnini

Torniamo al tema dell’archivio ai chiostri di San Pietro con le foto dell’atelier di Gianni Berengo Gardin. Entriamo con una certa emozione nella casa dell’artista, in mezzo ai suoi libri, ai suoi oggetti, alle stampe, ai provini. In bacheca i suoi taccuini e le sue attrezzature, tra cui una borsa in pelle da lui stesso realizzata per la propria macchina fotografica. Dall’archivio di Fabrica, il centro sulla Comunicazione di Benetton, provengono gli scatti dell’altra mostra ai chiostri di San Pietro, dove troviamo anche una sezione dedicata alla storia della fotografia sudafricana con 100 immagini scattate in Sudafrica negli ultimi 100 anni, dalle crude testimonianze dell’apartheid all’oggi. Molto ricco anche il progetto curatoriale di Joan Fontcuberta, ormai presenza abituale al Festival. Quest’anno con i “Nouveaux Encyclopédistes” rielabora il concetto di enciclopedia e di classificazione attraverso l’uso della fotografia. Tra le opere in mostra, quella di Roberto Pellegrinuzzi che in “Mémoires” presenta una scultura monumentale composta da ben 275.000 fotografie di vita quotidiana. Sembra un cervello, o una nuvola, o meglio, per stare al passo coi nuovi sistemi di archiviazione, un “cloud”.
Se non siete ancora appagati vi propongo di visitare insieme il vicino palazzo Da Mosto dove una collettiva si interroga sul rapporto tra due termini apparentemente antitetici come archivio e futuro. Cosa conservare del presente, e di conseguenza come tramandarlo? Daniel Blaufuks, ad esempio, ha fotografato dal 2009 al 2016 il tavolo e la finestra della sua cucina a Lisbona, attratto dal silenzio, dalla luce che cambia, dall’apparente immobilità. Negli spazi di Via Secchi 11 e nelle stanze della storica Galleria Parmeggiani troviamo i sette progetti selezionati tra gli oltre 600 che hanno partecipato alla Public Call del Festival. Chiudiamo il nostro percorso allo spazio Gerra con gli echi della Summer of Love e le fotografie dei protagonisti di quella rivoluzione culturale che dalla California degli anni sessanta è arrivata in tutto il mondo occidentale. Un’intera sezione è dedicata alle immagini di Woodstock di Baron Wolman, allora inviato per la rivista Rolling Stone.
Il nostro viaggio si chiude qui, ma ancora tante sarebbero le cose da vedere, per cui vi consiglio di organizzare il vostro percorso partendo dal sito del Festival www.fotografiaeuropea.it e di prepararvi a una lunga maratona che, vi assicuro, non vi deluderà.

Un saluto da Carlo Tovoli

Brano corrente

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