Care amiche e cari amici di RadioEmiliaRomagna, la protagonista di oggi conosceva la strada che porta a capire e a vedere, nelle loro potenzialità, i ragazzi e le ragazze impegnati nel difficile passaggio verso l’età adulta.
Giovanna Ricci nasce nel Ravennate, a San Bernardino, una frazione di Lugo, nel 1933. Sette anni dopo la famiglia si trasferisce nella vicina Conselice, dove la bambina frequenta le scuole. Dopo il liceo classico, Giovanna si laurea in Lettere a Bologna, con una tesi su Guy de Maupassant. E chissà se non sia stata questa familiarità con lo scrittore francese che detestava così tanto il perbenismo dei benpensanti a ispirarle la simpatia per l’adolescenza, una fase dell’esistenza in cui si può avvertire con più forza il peso delle ipocrisie.
A trent’anni, trasferitasi nel Milanese, entra di ruolo come insegnante nella scuola media, poco dopo la riforma che l’ha resa unica, obbligatoria e gratuita. Una riforma che secondo alcuni avrebbe declassato la nostra cultura, perché nell’intento di dare a tutti gli alunni le stesse possibilità, avrebbe penalizzato i “migliori”. Giovanna Ricci non la pensa così e per raccontare la sua esperienza scrive un diario che intitolerà “La tela di Penelope. Scuola democratica ispirata ai principi della Costituzione”. È convinta che nella scuola dell’obbligo si debba essere “sempre più educatori e sempre meno professori” e che questo richieda un compito difficile: affrontare con i ragazzi tutti gli aspetti della loro crescita, non solo quelli legati strettamente all’apprendimento. E tra questi aspetti c’è anche la sessualità.
Si può immaginare quanto dovesse scandalizzare, tra gli anni Sessanta e Settanta, l’idea di trattare temi come questo insieme agli adolescenti. Ma Giovanna Ricci (che nel frattempo aveva aggiunto al suo cognome quello del marito Ido Righini) non aveva paura di andare controcorrente. Aveva cominciato battendosi contro la consuetudine che separava le sezioni maschili da quelle femminili e aveva proseguito conducendo esperienze pionieristiche di educazione sessuale, in cui affrontava con i suoi studenti tutte le loro domande, facendo emergere le paure e dando spazio ai loro pensieri, senza censurarli.
Una apertura coraggiosa all’imprevedibile, che l’insegnante trasferisce nella sua attività di scrittrice, anch’essa interamente rivolta ai ragazzi e alle ragazze dell’età dei suoi alunni. Per Giovanna Righini Ricci l’adolescenza è un periodo-chiave per lo sviluppo della personalità, e ha quindi bisogno di un immaginario proprio. I suoi libri affrontano i temi dell’attualità e hanno una morale che a qualcuno può sembrare ingenua, con la sua esaltazione dell’impegno e della ricerca di una autonomia personale, ma cercano sempre di far parlare le cose, mettendo in primo piano l’esperienza diretta e le avventure più divertenti. In modo che il mondo sia qualcosa da scoprire, qualcosa da costruire, anziché essere già dato.
Dopo la morte che l’ha colta all’età di settant’anni (mentre ancora progettava un nuovo libro), tutte le sue opere sono conservate nella Biblioteca comunale di Conselice, che a lei è stata intitolata e che ogni anno indice un premio riservato a romanzi inediti per ragazzi (www.giovannarighiniricci.it).