“Imolians”, ossia “imolesi da esportazione”, si chiama la rubrica de “Il Nuovo Diario Messaggero” dedicata agli imolesi che vivono all’estero, da cui abbiamo tratto la storia di Riccardo Ciavolella che vi leggiamo in questa puntata. A raccogliere queste vicende di emigrazione, raccontate in prima persona, è Maria Adelaide Martegani.
Per chi non la conoscesse, Imola è una cittadina di 66 mila abitanti in provincia di Bologna, famosa per
HO RISCOPERTO IMOLA IN MAURITANIA
«Mi chiamo Riccardo Ciavolella, ho 27 anni e sono nato a Imola. Fin da adolescente ho sentito che questa ridente cittadina tra Emilia e Romagna mi andava un po’ stretta con il suo essere né borgo né città. Cominciava così la pianificazione e l’esecuzione di una “fuga” che mi ha portato a fare l’antropologo in fondo alla Mauritania. Là, ho avuto la sensazione di non potermi più spingere oltre e quindi la mia mente ha cominciato a correre in senso inverso, a ripensare a Imola, da dove sono partito. Ma andiamo con ordine.
La scelta del liceo linguistico all’Alessandro da Imola rivelava una certa esterofilia: era il tempo in cui sognavo Londra e Dublino, per essere il nuovo Bono degli U2 o un semplice artista di strada. Adolescenza.
Dopo il liceo mi iscrivo a Scienze internazionali e diplomatiche a Forlì, specializzandomi sui temi dello sviluppo, della politica e della storia dei paesi del Terzo Mondo. Diventavo così esperto di un mondo, per lo più immaginario, dove non avevo mai messo piede, visto che non ero mai uscito dall’Europa.
Al terzo anno, nel 2000, parto con l’ormai mitico progetto Erasmus in Francia, a Lione. Finalmente realizzo la mia prima fuga all’estero, entro in un ambiente internazionale e per la prima volta nella mia vita mi cucino da solo un piatto di spaghetti.
Tornato in quell’Imola che vedevo un po’ provinciale, ecco la crisi. Non la sopporto più. Metto a rischio la mia carriera universitaria partendo per Barcellona, rincorrendo un amore ed iscrivendomi ad un corso di giornalismo di guerra all’Università Autonoma della capitale catalana.
Alla fine del 2002 decido di terminare l’università. Torno in Italia, supero gli ultimi esami e nel 2003 parto per tre mesi a Bruxelles per scrivere la mia tesi di laurea in Storia e istituzioni dell’Africa contemporanea.
Una volta laureato riesco ad entrare non si sa come in un Dottorato in antropologia all’università di Milano Bicocca. Comincio una ricerca che mi porterà in Mauritania per studiarne i conflitti etnici. Intanto, ottengo una “cotutela” con “l’École des hautes études en sciences sociales” di Parigi dove, trovato l’amore, mi trasferisco. Ed è da Parigi che vi scrivo.
Ed eccomi oggi, con 12 mesi di redazione della tesi davanti a me e un piede in tre paesi. Quando ci si sente dappertutto e da nessuna parte si ha bisogno di ripensare a casa. È stato soprattutto nelle lunghe e torride giornate tra Sahara e Sahel che ho ricominciato a pensare ad Imola e che Imola mi è mancata. Sento di esserne scappato ad ogni occasione in passato, quando oggi l’immagino piuttosto come un rifugio, con la sua tranquillità, la sua misura, la sua qualità di vita. I ricordi e gli amici. La famiglia. Torno spesso, ogni volta che posso, torno e guardo Imola con occhi finalmente diversi, domandandomi se io debba restare. Certo, la città continua a sembrarmi assopita, lontana dalle esuberanze del passato che leggo sui libri o su quella scritta in piazza Matteotti, all’angolo estremo del Municipio verso l’orologio. Mi sento un po’ traditore, con una vita vissuta in parte altrove e meno parole da condividere con le facce di sempre. Ma Imola resta sempre la mia Imola».