Musica: Hugo del Carril
E’ noto che il tango è il prodotto di una cultura meticcia, nata negli ambienti di immigrazione. Ma la sparola “tango” non è chiaro da dove venga. C’è chi dice che “tangos” fossero i locali in cui si trovavano i neri e gli immigrati in genere per ballare e far festa. C’è chi fa nascere il termine in ambiente francese: “tangage” è il beccheggio, il dondolio delle barche, simile a quello che fanno le figure quando danzano. Comunque sia, il tango fu presto assimilato dagli immigrati europei che ne colsero la profondità e una specie di bellezza malinconica, legata al senso delle cose perdute. La sua musica sembrava il sottofondo più adatto a segnare il ritmo dell’emarginazione e della sconfitta. Borges ha chiamato questa musica il “pensiero triste che si balla”. Questo senso della malinconia ha portato a rallentare il ritmo, che all’inizio era abbastanza veloce, in 2/4. Poi la musica fu scritta in 4/8 e 4/4, e rallentava man mano che prese piede l’abitudine di aggiungervi il testo.
Questa premessa è indispensabile per introdurre il nostro personaggio, Hugo del Carril. Quando nacque, nel 1912 a Buenos Aires, il tango non era ancora cantato. L’uso del tango cantato si fa risalire al 1917, l’anno in cui Carlos Gardel presentò in un teatro di Buenos Aires il brano “Mi noche triste”. Il successo fu strepitoso. Già nel 1915, in verità, era stato composto da Rodriguez il famoso pezzo “La cumparsita”. Ma fu sempre Carlos Gardel a lanciarlo, insieme ai classici come “Choclo” di Villoldo e “Caminito” di Filiberto. Nei pochi anni della sua carriera, Carlos Gardel portò il tango in giro per il mondo: in tutta l’America e in tutta l’Europa, prima come cantante e dopo come attore. Si racconta che quando morì, nel 1935, a soli 45 anni in un incidente aereo, molte donne in Argentina si suicidarono per aver perso il loro idolo.
Dopo la morte di Carlos Gardel, assieme al mito del personaggio esplose l’amore per il tango (sempre musica in sottofondo). E’ in questo contesto che si inserisce la storia di Hugo del Carril, cresciuto nell’ammirazione di Gardel, e che proprio l’anno dopo la morte di Gardel, dunque nel 1936, ottenne un incredibile successo alla radio con “Luna de arrabal”.
Ci facciamo raccontare gli inizi della carriera di Hugo del Carril dalla figlia Marcela Fontana, che oggi vive in Italia, non lontano da Roma. Prima però vogliamo chiedere a Marcela, che porta un cognome tipicamente emiliano, di spiegarci le origini della sua famiglia. Sappiamo che la nonna, cioè la madre di Hugo del Carril, era di Reggio Emilia.
Bene, grazie Marcela. Prima di continuare la nostra conversazione ascoltiamo un altro brano cantato da tuo padre.
Dunque, il padre di Del Carril è architetto, costruttore di diversi palazzi nel quartiere di Palermo Chico – un quartiere residenziale, abitato da bella gente – ma Hugo, abbandonato dai genitori, nasce e cresce nel quartiere popolare di Flores, affidato a una famiglia francese che si prende cura di lui. Il patrigno francese portava il piccolo Hugo nei bar dove si esibivano gli artisti. Erano i primi anni del tango cantato, e le canzoni di Carlos Gardel stavano diventando la colonna sonora dell’Argentina: come dire, il suo marchio di fabbrica. In questo clima cresceva tuo padre, Marcela. Lui ti ha mai parlato di quei tempi?…
Ci hai raccontato che, giovanissimo, fu messo sul palco del Teatro Colón a cantare La Marsigliese insieme ai tenori.
Per mantenersi, Hugo lavorava come operaio e ogni tanto andava a Pocitos, in Uruguay, per incontrare il nonno Orsini Bertani, studioso di psicologia, che era stato espulso dall’Argentina per la sua militanza anarchica.
Cresciuto nell’ammirazione del grande Carlos Gardel, Del Carril prese lezioni dalla soprano Elvira Colonese che lo mise nelle condizioni di affrontare le prime prove nel mondo dello spettacolo, a quei tempi incentrato intorno alla radio. Cominciò a esibirsi nel 1929 alla Radio del Pueblo, anche come presentatore. Lavorò in un quartetto di voci e poi in duo, finché il direttore d’orchestra Héctor Quesada lo chiamò a Radio La Nación come solista. Nel 1936 cantò con l’orchestra di Tito Ribero, l’arrangiatore e compositore che lo portò al successo in quello stesso anno con “Luna de arrabal”.
La sua carriera cominciò a decollare con questa canzone che tutti canticchiavano dopo averla sentita alla radio. Luna “de arrabal” è un’espressione “porteña”, cioè legata alla zona del porto di Buenos Aires. Si potrebbe tradurre, più o meno, come luna “malandrina”: quella che compare nelle serate estive popolate di malevos, di “guappi” dal sangue caldo che chiamano la fidanzata al balcone. Infatti il testo della canzone dice: “La notte è chiara ed estiva / perché c’è molta luce a causa della luna de arrabal / che ci accompagna per le strade come ieri. / E’ mezzanotte, lei dorme e io voglio cantarle una serenata…”.
Musica: Luna de arrabal
Musica: Hugo del Carril
Tra i molti film che da quel momento cominciò a interpretare, vi fu anche la “Vida de Carlos Gardel”, la stella luminosa del tango. Ed era soprattutto il cinema a trascinare e diffondere la sua fama di interprete “gardeliano”, capace di infondere nel tango delle grandi orchestre – quello suonato nei lussuosi cabaret del centro – la passione delle zone più marginali e popolari di Buenos Aires: là dove il tango è nato, tra i suburbi e i caffé peccaminosi frequentati dagli immigrati italiani e spagnoli. Tra i tanti successi di Del Carril, “Nostalgias”, “Nada más”, “Nubes de humo”, “Buenos Aires” ricordano l’Argentina di allora, ricca di sogni e di amore.
Musica: Hugo del Carril
Negli anni Cinquanta Hugo del Carril fece il suo esordio nel cinema come regista. La sua prima pellicola fu “Historia del ‘900”, ma le maggiori soddisfazioni, dal punto di vista artistico, gli arrivarono da “Las aguas bajan turbias” nel 1952. Il soggetto era tratto dal libro “El río oscuro” del militante comunista Alfredo Varela, che collaborò dal carcere e che Del Carril, intercedendo presso Perón, riuscì a far liberare.
Marcela, com’è nata l’amicizia tra Hugo del Carril e Eva Duarte, e poi con Juan Domingo Perón?
L’adesione al peronismo, al quale dedicò la leggendaria “Marcha peronista” che divenne la colonna sonora del movimento, costò a Del Carril l’irritazione degli ambienti artistici ostili a Perón. La parabola discendente cominciò verso la fine degli anni Cinquanta, e vi giocò un ruolo la sua lealtà al peronismo, che lo tagliò fuori dall’élite intellettuale del tempo.
Musica: Hugo del Carril
Il divo che era stato uno degli attori meglio pagati, subito dopo il grande Luis Sandrini, doveva ormai accontentarsi di ruoli marginali a teatro, al cinema e alla tv, e di qualche altro tardivo passaggio in sala d’incisione. Fu un brutto periodo, che lo portò due volte vicino alla morte: per un infarto, dovuto alle ottanta sigarette quotidiane, e per un incidente automobilistico. Nel 1960, però, conobbe Violeta Curtois, che sarebbe diventata la madre dei suoi quattro figli, di cui Marcela, nata nel ’63, è la più grande.
Del Carril, autofinanziandosi, riuscì a dirigere ancora qualche film, come “Buenas Noches, Buenos Aires” nel 1963, ma sulle 58 pellicole cui ha partecipato come regista o attore, è calato da tempo il sipario della memoria. I critici lo considerano un autore realista, e alcuni, pur riconoscendo “Las aguas bajan turbias”, un capolavoro, pensano che Del Carril avesse la tendenza a scadere nel melodramma o nel feuilleton.
Marcela, credi che questa fama di autore “popolare”, o “populista”, sia stata appiccicata a tuo padre dai detrattori che lo vedevano come l’incarnazione culturale del peronismo?
Musica: Hugo del Carril
Il ritorno al potere di Perón nel ’73 e poi della sua seconda moglie Isabelita, fu una breve illusione. Nel 1976 la nuova dittatura militare tornò a infierire contro il romantico cantante e seduttore di un tempo. I contratti stipulati con le reti televisive di Stato furono prontamente cancellati. Del Carril si ritrovò in ristrettezze economiche mentre il regime faceva circolare voci sulla sua imminente fine. “Non posso vivere tra gli oligarchi”, sbottò, e lasciò la bella residenza di Palermo Chico per una più modesta dimora in calle Cangallo.
Tu Marcela eri piccola, che ricordi hai di quel periodo?
Ora però concludiamo con un bel ricordo di tuo padre: con la grande festa con cui nel 1986 al Teatro Presidente Alvear, finita la dittatura, il vecchio cantante fu nominato Cittadino Illustre di Buenos Aires. Un riconoscimento tardivo per l’artista di valore, per l’uomo integro, onesto, di profonde convinzioni, la cui vita non era stata tanto diversa dai suoi film. Ho letto che in quegli anni Del Carril, rimasto solo con i suoi ricordi, con un filo di voce confidava il suo sogno: “Sueño que canto, solo, sin orquesta ni guitarras. Solo canto”…
E’ così?
Chissà se avrà pensato, Ugo Fontana in arte Hugo del Carril, quando gli restava unicamente il simulacro della sua voce, che le nuvole di fumo che si levavano dai bar in cui cantava da ragazzo, erano le stesse respirate dai suoi genitori nelle nebbie della nostalgia, nella lontana pianura padana, angolo misterioso di quell’Italia da dove provenivano.
Musica: Hugo del Carril