22 giugno 2010
Cari ascoltatori, e soprattutto cari ciclisti e cicliste che in questi giorni d’inizio estate sfidate il caldo per ritemprarvi lo spirito sulle strade “verdi” della nostra regione, magari ansimando come vecchie vaporiere, oggi vi parliamo di Alfonsina Strada. Chi era, direte voi? Come chi era: un mito emiliano! La prima e l’unica donna a correre il Giro d’Italia. Una ciclista dell’età dei pionieri, che prese parte a molte corse insieme agli uomini senza sfigurare e anzi, superandoli anche. Alfonsina Strada è stata una pioniera della parità tra lo sport maschile e quello femminile: basti pensare a come dovette lottare contro i pregiudizi, a partire dall’incomprensione in famiglia, con i genitori, contadini di Castelfranco Emilia, che contrastavano la sua insana passione per le due ruote.
Castelfranco Emilia, paesone a metà strada tra Modena e Bologna, le diede i natali nel 1891. Terza di nove figli, Alfonsina Morini (questo il nome di nascita) cominciò a correre con la vecchia bicicletta del padre e a competere giovanissima con gli uomini nelle corse locali sollevando la curiosità, e spesso le critiche, della gente di Castelfranco, che la chiamava “il diavolo in gonnella”.Genitori e parenti furono molto contenti quando l’Alfonsina nel 1915 sposò il cesellatore Luigi Strada, convinti che il novello sposo avrebbe messo fine alla sua passione per la bicicletta. Invece il marito, uomo moderno e disinibito, regalò alla giovane moglie una nuova bicicletta con i manubri ricurvi all’indietro: una bici da corsa, non da passeggiate. L’anno successivo i coniugi si trasferirono a Milano e Luigi Strada divenne l’allenatore della moglie. Fu probabilmente per gratitudine verso il marito, che da allora Alfonsina si fece sempre chiamare Strada.
Nel 1917 e ‘18, a ridosso della prima guerra mondiale, corse due giri di Lombardia, gareggiando con gli uomini e portandoli a termine, il primo classificandosi ventinovesima e l’altro ventunesima. Nel 1924, Emilio Colombo, direttore della “Gazzetta dello Sport”, l’ammise al Giro d’Italia. Alfonsina corse le prime sette tappe, posizionandosi nelle retrovie del gruppo, ma riuscendo spesso ad arrivare davanti a qualche collega maschio. Ma nella tappa L’Aquila-Perugia, corsa sotto il diluvio, giunse fuori tempo massimo a causa di cadute e forature, e quindi, a norma di regolamento, avrebbe dovuto essere esclusa dalla corsa. Emilio Colombo, sia perché intenerito dalla vicenda sia perché le imprese dell’Alfonsina facevano vendere più copie al suo giornale, le permise di continuare la corsa, pagandole di tasca propria vitto, alloggio e assistenza, ma con l’accordo che i suoi tempi non sarebbero stati conteggiati in classifica. Considerando che in quell’edizione del Giro, su 90 corridori alla partenza, ne arrivarono al traguardo soltanto 29, anzi 29 più l’Alfonsina, lei avrebbe sicuramente ottenuto un piazzamento superiore al 30º posto.
Sulle ali della notorietà l’Alfonsina sfruttò il momento magico e si esibì in circhi, teatri e sfide. Dopo un periodo d’inattività, nel 1937 a Parigi riuscì a battere la campionessa francese Robin e l’anno dopo, a 47 anni compiuti, stabilì a Longchamp il record dell’ora femminile con 35,28 chilometri.
Nel 1950, rimasta vedova di Luigi Strada, Alfonsina sposò Carlo Messori, ottimo pistard d’inizio secolo. Con il secondo marito aprì a Milano un negozio di biciclette con annessa officina riparazioni. Continuò a usare la bicicletta, anche se per i trasferimenti più impegnativi acquistò una Guzzi 500. Rimasta vedova per la seconda volta, continuò a gestire da sola il negozio, ad andare in bicicletta e a seguire le corse ciclistiche a bordo della sua Guzzi.
Nel 1959, una domenica di settembre, l’Alfonsina si recò in moto a vedere la “Tre Valli Varesine” e tornò a casa tutta contenta: aveva vinto Dino Bruni, emiliano come lei. Fermò la Guzzi sotto casa per scambiare quattro chiacchiere con alcuni conoscenti, e poi decise di portare la moto in negozio. La vecchia 500 rossa non ne voleva sapere di avviarsi. L’Alfonsina si mise a pigiare con vigore sul pedale d’avviamento. E lo fece con tanta forza che le venne un infarto. Uccisa dalla sua moto, lei che si chiamava Strada ed era stata l’unica donna ad aver corso il Giro d’Italia.