Luzzaschi: Concerto delle Dame di Ferrara. O Primavera (Marinella Pennichi e Sergio Vartolo).
Cari amici, non ce ne vogliate se ogni tanto torniamo a Ferrara. Ogni pretesto è buono per parlare di questa città che amiamo. L’occasione ce la dà la notizia che il consorzio che raggruppa più di 70 operatori turistici della provincia ha pensato di portare i turisti nei set cinematografici della città, cioè nei luoghi che i registi hanno scelto per l’ambientazione delle loro scene a Ferrara. Già all’inizio dell’era del cinema, Ferrara era entrata nella storia della “settima arte”. Nel film “Parisina” del 1909, il regista Giuseppe De Liguoro raccontò gli amori alla corte degli Estensi nel Quattrocento. Gabriele D’Annunzio partecipò alle riprese e alla prima proiezione nel cortile del castello estense. D’Annunzio fu anche l’autore del libretto della “Parisina” del compositore Pietro Mascagni, che debuttò al Teatro alla Scala di Milano il 15 dicembre 1913. La vicenda è nota: Laura Malatesta, detta Parisina, figlia del Malatesta signore di Cesena, aveva tredici anni quando fu sposata al più anziano Niccolò III d’Este, che era al secondo matrimonio. Raggiunta l’età di vent’anni, Parisina, che ben sapeva delle infedeltà del marito, s’innamorò, corrisposta, di uno dei suoi figliastri, Ugo, anche lui ventenne. Scoperti, i due giovani amanti furono rinchiusi nelle prigioni del castello e, la notte del 21 maggio 1425, decapitati nei sotterranei di una torre.
Giuni Russo: Morirò d’amore.
Oggi i turisti vengono portati a visitare le prigioni in cui i due giovani furono rinchiusi e la “delizia estense” – cioè la villa di campagna – di Fossadalbero, in cui probabilmente s’innamorarono. La tragica vicenda di Ugo e Parisina ricalca un po’ quella di Paolo e Francesca: deve essere una peculiarità della nostra regione, quella delle storie d’amore che finiscono malissimo … Ferrara, città bella e inquietante, come i quadri di Giorgio De Chirico e i film di Michelangelo Antonioni, e – se vogliamo – anche i quadri di Dosso Dossi e le predicazioni khomeiniste di frate Girolamo Savonarola, tutti ferraresi. Forse, più che inquietanti, le opere di questi personaggi sono enigmatiche. E certo, possiamo dire che Ferrara sia un grande enigma. Scopriamo così, visto che anche il cinema è mistero, che scorci, palazzi, paesaggi ferraresi sono divenuti lo sfondo delle emozioni narrate e vissute in 280 film, tra lungometraggi, corti e documentari. Prima di proseguire, e per restare a Ferrara con la musica, ascoltiamo un brano di Davide Mantovani, musicista ferrarese ormai di base a Londra, dove col suo pianoforte ha accompagnato artisti come Monica Vasconcelos e Ian Carr.
Davide Mantovani: Plejades (da “Choices”, 2012).
Il film di Ferrara ha tante scene indimenticabili, tanti volti d’attore, tante ambientazioni ancora oggi riconoscibili. Il film di Ferrara è l’amore struggente tra Gino e Giovanna in “Ossessione” di Luchino Visconti del 1942; è il muretto di pietre rosse che circonda il fossato dove undici ferraresi furono uccisi dai fascisti, lo stesso che si vede nel film di Florestano Vancini “La lunga notte del ’43”, tratto da un racconto di Giorgio Bassani; è l’ospedale di Sant’Anna in cui fu rinchiuso Torquato Tasso, nel film del 1914 sulla vita tormentata dell’autore della “Gerusalemme Liberata”. Ferrara si specchia nel suo immaginario, con il castello, la cattedrale, le piazze antiche che, da un film all’altro, enfatizzano la finzione cinematografica confondendola con la realtà. Le stradine medievali ricoperte del tipico ciottolato ferrarese che delineano l’area della Ferrara ebraica, tra via Mazzini, via Vittoria e via Vignatagliata, sono gli scenari dei romanzi di Giorgio Bassani, il più celebre dei quali, “Il Giardino dei Finzi Contini”, fu portato sul grande schermo da Vittorio De Sica nel 1970. Uno degli incontri tra i protagonisti avviene tra queste vie, vicino al Museo ebraico e alle Sinagoghe. E’ qui che ci fermiamo ad ascoltare un altro pianista, non jazz come Mantovani, ma di scuola classica, e anche lui emigrato, da Ferrara, dove si è diplomato al Conservatorio Frescobaldi, a New York. Parliamo del giovane Simone Ferraresi.
Claude Debussy: L’isle Joyeuse. Al pianoforte Simone Ferraresi.
Inoltrandosi tra le stradine dell’antico ghetto, si raggiunge Piazza Ariostea (Ludovico Ariosto morì a Ferrara) dove si svolgono le vicende di “Amore Amaro”, film del 1974 di Florestano Vancini, che racconta il vortice di passione tra uno studente e una vedova nel periodo fascista. Antonio e Renata si nascondono tra i portici che tornano ne “La lunga notte del ’43” e in un’altra opera di Bassani, “Gli occhiali d’oro” indossati dal dottor Fadigati, omosessuale che perde la testa per il giovane Eraldo, nel film diretto da Giuliano Montaldo nel 1987. Superate le mura, il viaggio del cinema continua alla scoperta della provincia ferrarese. Prima tappa Comacchio, con la sua Loggia dei Cappuccini che fa da sfondo al lavoro di Michelangelo Antonioni con Wim Wenders “Al di là delle nuvole”. Cuore della storia di Comacchio è la Manifattura dei Marinati, la fabbrica per la lavorazione dell’anguilla che, con i luoghi del Parco del Delta del Po, è lo scenario de “La donna del fiume” interpretata nel 1955 da Sophia Loren, sedotta da un contrabbandiere mentre lavora alla marinatura delle anguille. Tormentata anche la storia di un’altra donna, la “mamma” di un gruppo di partigiani della Resistenza del film “L’Agnese va a morire” del 1976, tratto da un romanzo di Renata Viganò e ambientato nelle valli di Comacchio e nella “caserma dei partigiani” che oggi si può vedere in Stazione Foce. Qui vicino si trova l’inquietante – questa sì – “Casa dalle finestre che ridono” di Pupi Avati, sempre del 1976. Il regista è l’autore due anni dopo de “Le strelle nel fosso”, ambientata nelle acque e nei canali delle valli di Volano, tra Goro e il bosco di Mesola. Ed è qui che terminiamo il nostro viaggio nella Ferrara del cinema, con la musica di Henghel Gualdi composta per il film di Pupi Avati.
Henghel Gualdi: Le strelle nel fosso.