26 novembre 2011
Cari ascoltatori come ricorderete, dalla scorsa settimana abbiamo ripreso a percorrere le Strade dei vini e dei sapori dell’Emilia-Romagna, la bella iniziativa nata nel 1999, a seguito di un progetto speciale degli Assessorati regionali all’Agricoltura e al Turismo e che, a oggi, fine 2011, conta ben quindici Strade: 2 sul territorio piacentino, 3 in quello parmense, 2 nel reggiano, due nel modenese, 2 nel bolognese e poi una strada ciascuna per le rimanenti province di Ferrara, Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini. Questi itinerari unici che intrecciano arte, natura e gastronomia, costituiti nei principali territori vitivinicoli e ad alta valenza gastronomica della regione, sono perfettamente descritti e trattati nel sito www.strade.emilia-romagna.it.
In questa nuova ricognizione, siamo partiti dalla provincia più settentrionale della nostra regione, da Piacenza per poi scendere, mese dopo mese fino il mare Adriatico.
Eccoci quindi in viaggio sulla Strada del Po e dei Sapori della Bassa Piacentina, sulle orme di prodotti tipici come i salumi tipici (Salame Piacentino Dop, Coppa Piacentina Dop, Pancetta Piacentina Dop, Salame Gentile, Fiocchetto, Culatello Piacentino) e poi i formaggi come il Grana Padano Dop, il Provolone Val Padana Dop e il recente Cacio Del Po, il profumato Aglio di Monticelli, il Pomodoro, le Ciliegie di Villanova e la frutta antica (mele e pere di antiche varietà).
Il tracciato di questa strada, di una lunghezza pari a circa 80 chilometri, si sviluppa in modo circolare tra i paesi a ridosso degli ampi meandri del Po, che raffigurano una cornice di borgate caratterizzate da un impianto urbanistico lineare e geometrico. La zona era abitata fin dalla preistoria, come dimostrano le terramare presenti sul territorio.
La strada parte da Caorso, che sembra derivare il proprio nome dal latino Caput Ursi. Reperti del Neolitico testimoniano come la zona fosse abitata già da lunghissimo tempo; nell’età romana, collocandosi sulla via consolare che da Genova conduceva ad Aquileia segnava uno dei limiti della conquista verso il nord; i primi documenti scritti relativi a Caorso risalgono però al XIII secolo; nel primo di questi si parla della Rocca che, edificata nel 1205, doveva fungere da baluardo difensivo in funzione anticremonese. La Rocca, tuttora esistente, ha poi subito tutta una serie di interventi e rimaneggiamenti nel corso dei secoli. Risale al Medioevo anche la Collegiata di Caorso, che dopo varie modifiche nei secoli, si presenta ora in stile neogotico e racchiude al proprio interno preziosi resti di affreschi del Quattrocento.
Appena usciti da Caorso, il verde si fonde con le acque del Grande Fiume nell’Oasi naturalistica De Pinedo, meta di nidificazione di numerosi uccelli acquatici.
L’itinerario prosegue, costeggiando il Po, verso Monticelli d’Ongina, caratterististico borgo fluviale. Le vie del nucleo storico sono completamente porticate; un impianto urbanistico costantemente ricorrente in questa zona. Risale al Quattrocento anche la poderosa Rocca che i Pallavicino fecero edificare in pianta rettangolare cinta dal fossato; mastio, torri cilindriche e camminamenti di ronda palesano la sua funzione difensiva, ma la delicata cappella con il suo prezioso ciclo affrescato, opera di Bonifacio Bembo, lasciano trasparire la grande cultura locale. All’interno della Rocca, per chi volesse comprendere la particolare cultura fluviale, sono visitabili il Museo etnografico del Po, l’acquario del Po e il Museo della civiltà contadina. Più volte ristrutturata, la Collegiata di San Lorenzo, che risale al 1480, contiene preziosi affreschi e suppellettili.
Proseguendo, è Castelvetro ad incantare i visitatori. Probabilmente ebbe origine da un Castrum di origine romana; da castrum vetus (un antico castello di cui non rimane traccia) sembra infatti derivare il proprio nome. Urbanisticamente la cittadina è organizzata su quattro grandi quartieri: Croce Santo Spirito, Mezzano Chitantolo, San Pietro in Corte e San Giuliano. Il territorio di Castelvetro, bonificato dai monaci che si avvicendarono in queste terre, è efficacemente arginato per difendersi dalle piene del Po. L’attuale Chiesa di San Giovanni Battista, dalla facciata settecentesca, è probabilmente la stessa di cui si parla in alcuni documenti già nel X secolo; all’interno è ancora ben visibile una Assunta cinquecentesca dipinta da Vincenzo Campi, mentre il palazzo municipale in stile neogotico è opera di Arnaldo Meazza.
Attraverso un paesaggio rurale connotato dalle grandi cascine a corte aperta e da poderi e poderetti, si raggiunge Villanova sull’Arda. È probabile che Villanova sorgesse con la rinascita economica dell’XI secolo. Soarza e Cignano nei dintorni sono disseminate di preziose e antiche suppellettili: il fonte battesimale e il campanile a Soarza, gli affreschi cinquecenteschi della cappella cistercense di Cignano. Nella frazione di Sant’Agata è la Villa di Giuseppe Verdi con il suo grande parco a catturare l’attenzione dei turisti. Da semplice casa colonica, il Maestro la fece trasformare, nel 1849, in una villa romantica. In primavera, passando nelle campagne di Villanova non si può fare a meno di ammirare la fioritura dei ciliegi, frutto tipico del comune.
Oltrepassando le terre verdiane si giunge a San Pietro in Cerro. Il suo Castello, molto ben conservato, risale alla fine del XV secolo. In seguito trasformato in residenza gentilizia, la pianta quadrata, il mastio e le due torri richiamano una forma ben radicata negli edifici castrensi del territorio. Il castello, visitabile, oggi contiene l’innovativo MIM, Museum in Motion, dedicato all’arte moderna. La Chiesa di San Pietro, che venne ricostruita su quella preesistente risalente all’età romanica, conserva mirabili dipinti del Seicento e Settecento.
Tutta la zona circostante Besenzone era abitata già in epoca preistorica; lo dimostra la Terramare di Colombare, antico villaggio su palafitte dell’età del bronzo, poco distante da Bersano. Sembra essere stata abitata, e ovviamente coltivata, anche in epoca Romana. Un lungo periodo di incuria, nel corso dell’alto Medioevo, la riportò allo stato di palude. A partire dall’XI secolo la zona rinasce e ridiventa un fiorente centro agricolo. Ancora oggi è un comune ricco di ville gentilizie costruite tra il XV e il XIX secolo.
Corte fiorente e di una certa importanza già sullo scacchiere politico di Carlo Magno, Cortemaggiore è divenuta famosa grazie al nuovo assetto urbanistico che la sconvolse completamente nel Quattrocento. Divenne una delle città ideali del Rinascimento: di impianto rettangolare perfettamente suddiviso in quartieri assegnati alle diverse classi sociali, crebbe economicamente e socialmente in pochi anni, come capitale dello stato Pallavicino, ma altrettanto rapidamente decadde a causa degli innumerevoli scontri e guerre che sconvolsero il suo territorio. Rifiorisce nel 1949, in seguito allo sfruttamento dei suoi numerosi giacimenti petroliferi; queste risorse le fecero guadagnare l’appellativo di capitale italiana degli idrocarburi. La strada principale è completamente porticata; sulla piazza è stata eretta la Collegiata di Santa Maria delle Grazie, esempio della cultura tardo-gotica lombarda. Il Mausoleo Pallavicino, opera di scultori lombardi, è mirabile con i suoi eleganti rilievi. Poco discosto dal centro, spiccano il notevole convento dei Francescani e la pregevole chiesa della Santissima Annunziata. Il borgo è famoso per i suoi Mercatini dell’Antiquariato, e per la tradizionale fiera agricola, tra le più importanti del territorio piacentino, che si tiene da oltre 500 anni. Da qui il circuito ideale si ricongiunge infine con Caorso.
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