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4 Ottobre 2008 | Archivio / Lo sguardo altrove, storie di emigrazione

Il texano di Imola

Lo sguardo altrove: storie di emigrazione.

A cura di Claudio Bacilieri.

4 ottobre 2008

Maurizio Matta si occupa di impianti petroliferi e ama Houston, dove ha scelto di vivere. L’unica cosa che teme sono gli uragani.

La storia che vi leggiamo oggi è tratta da “Imolians”, la rubrica dedicata agli imolesi che vivono all’estero de “Il Nuovo Diario Messaggero”, settimanale e sito web di Imola, cittadina a 30 km da Bologna. Raccontata in prima persona, la vicenda di Maurizio Matta è stata raccolta da Maria Adelaide Martegani.

 

Ho avuto la fortuna di sperimentare in prima persona ciò che non si può apprendere da Tv, libri, documentari o facendo il turista. Oggi interpreto questo privilegio come una ricchezza che nessuno riuscirà a portarmi via. Ho trascorso parte della mia infanzia in Nigeria, Algeria, Siria, Turchia e, prima di approdare a Imola, a 12 anni, avevo trascorso alcuni periodi a Torino, Napoli e sulle Murge pugliesi. Dopo un’attenta valutazione da parte dei miei genitori, Imola è stata la città prescelta per fermarci a vivere un’esistenza più tradizionale: niente più foreste, deserti, lingue diverse, guerriglie. La scelta è caduta su una città dove tutti hanno una storia, una famiglia, nonni, cugini e amici a due passi da casa.
Dopo la maturità tecnica all’Istituto Alberghetti, sono rimasto a Imola cercando di vivere una vita normale, ma non ha funzionato. Ho cercato un compromesso: la libera professione con disponibilità a trasferte estere. Ciò mi ha portato a fare esperienze in Germania, Francia e Giordania, ma non era ancora la formula giusta.

Quando ho conosciuto la ragazza imolese che sarebbe diventata mia moglie, è arrivata la decisione di lasciare insieme l’Italia. Prima le Filippine, poi la Cina: destinazioni assegnatemi dalla compagnia di tunneling che mi aveva ingaggiato (“tunneling” è lo scavo di gallerie e caverne artificiali nel sottosuolo per realizzare centrali idroelettriche e tunnel di trasporto). Sono stato scelto anche per via della mia conoscenza dell’inglese, delle esperienze lavorative e della capacità di adattamento in luoghi estremi, sperimentata già da ragazzino. Ho completato gli studi universitari in “Tecnologie di scavo meccanizzato in sottosuolo” alla Colorado School of Mines di Golden.
E’ stato molto bello per me riuscire a comunicare apprendendo sul campo lo spagnolo, il francese, un po’ di cinese mandarino e il tedesco. Coincidenze e occasioni mi hanno visto di nuovo in Africa, Germania e poi nel Texas. Ora vivo a Houston con mia moglie e quattro figli, uno nato in Cina, tre a Imola. Mi occupo di impianti petroliferi on-shore per un’azienda texana.

Trovo la vita qui in Texas più equilibrata rispetto all’Europa, forse perché a popolare gli States sono in gran parte figli di emigranti giunti da ogni dove, spinti dai più vari motivi o costrizioni. Molte persone di prima generazione sono diventate americane e parecchie hanno storie simili alla mia. Il Texas è la casa di persone che hanno il “vento nel cuore” e sentono il desiderio di appartenere a una comunità che ha una visione del mondo particolare. Unica, ad esempio, è l’efficienza del diritto: la giustizia è veloce e le leggi, chiare e uguali per tutti, proteggono i cittadini onesti dai furbi. Non c’è perdono per chi è recidivo e per chi non pone l’onestà tra i sui valori. Il rispetto per il prossimo è presente ovunque. Le tasse sono giuste. Lo Stato contribuisce ad alleviare la vita dei meno abbienti grazie a meccanismi di supporto pubblico e privato. La solidarietà è parte del Dna dei texani: non è raro vedere famiglie che “adottano” altre famiglie di razza e provenienza diversa, anche senza l’impulso emotivo di emergenze come l’uragano Katrina. L’assistenza sanitaria è in via di miglioramento, persone e famiglie con redditi deboli sono comunque assistiti. Il rispetto e la considerazione per la famiglia sono una priorità per la comunità. Il senso di appartenenza di ognuno agli Usa è impressionante: l’unità fa la forza e le solide risorse economiche disponibili rendono il paese temibile.
Non tutti si trovano bene, soprattutto se decidono di vivere qui per rimanerci. La cucina è così così e il clima è particolare: tornado, uragani e piogge tropicali sono eventi così violenti da toglierti ogni entusiasmo.
Noi siamo felici di vivere in Texas. I nostri figli frequentano la scuola statale e in circa tre anni hanno acquisito la padronanza della lingua, compatibilmente con la loro età.
Noto con tristezza che l’Italia sta perdendo la sua identità: la famiglia non ha la considerazione che merita e i figli sono spesso visti come un inconveniente, tanto che spesso, in Italia, mi è successo di essere criticato per avere quattro figli.
In Italia la giustizia ha un corso lento e complicato, non sempre uguale per tutti; il senso di responsabilità della gente è minato dall’insicurezza cagionata da individualismi e assenza di leggi di protezione. Vedo uno Stato che è un’entità distinta rispetto agli individui: uno contro gli altri. Il rispetto in generale e tra le persone ha subito una caduta di stile. L’appartenenza ad una nazione come l’Italia è un privilegio che i nostri padri, nonni e bisnonni hanno guadagnato con sacrificio e talvolta con la morte, è un dono che non onoriamo con il giusto spirito. L’italiano medio tende a respingere la sua appartenenza, tanto che il connazionale che incontri in un Paese lontano arriva a negarti il più semplice dei gesti, il saluto. Mi rattrista che chi vive un periodo all’estero faccia poi fatica a rientrare in Italia e trascorrervi una vita felice. Ma Imola fa eccezione, perché aziende e persone imolesi sono spesso protagoniste di iniziative che onorano il nostro Paese. Questo mi riempie di orgoglio spingendomi, nel mio piccolo, a rendere onori alla mia città.

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