28 agosto 2010
Cari ascoltatori andiamo lungo la Strada dei vini e dei sapori della Pianura Modenese per scoprire un prodotto particolare, una mela antica la cui varietà non è andata perduta grazie all’intraprendenza di un agronomo, Benedetto Bonomi, che da sempre coltiva la Mela Campanina nella sua azienda agricola di San Possidonio in provincia di Modena e che dal 2004 si è impegnato a far conoscere questa antica varietà.
La Mela Campanina, detta anche “l’antica mela della nonna”, appartiene alla tradizione della bassa modenese e bassa mantovana, è il frutto ideale da essere cotto in forno, la famosa mela cotta, perché la sua polpa rimane integra e compatta anche dopo la cottura ma è ottima anche consumata fresca. Uno studio del 2003, svolto dall’Università di Bologna sulle caratteristiche di cinque mele antiche, fra cui la campanina, mette in evidenza le sue qualità: elevato contenuto in sostanze antiossidanti (fino a 4 volte in più rispetto alla mela Golden Delicious), elevato contenuto in Pectina e Polifenoli oltre che di Acido Ascorbico.
Ecco il racconto del recupero di questo frutto proposto proprio dall’agronomo Benedetto Bonomi:
È ritornata la Mela Campanina, la mela della nonna
“C’era una volta, nella bassa modenese, una piccola mela dalla buccia sottile e verde; il suo colore diventava poi rossastro se, dopo la raccolta, veniva stesa al sole. La sua polpa, bianca e fragrante, era dolce e profumata. Veniva raccolta fra la fine di Settembre e le prime settimane di Ottobre e questa occasione era una festa perché preannunciava una stagione di piacevoli ritrovi nella famiglia e tra amici. La mela campanina era infatti la mela dell’inverno perché non temeva il freddo e aveva il gran vantaggio di una lunghissima conservazione. Parecchi agricoltori la mettevano addirittura sui tetti delle case poiché i rigori della stagione invernale le donavano un sapore inconfondibile.
Don Felice Ceretti, grande storico dell’antica Mirandola, in un suo articolo nell’Indicatore mirandolese dell’ Agosto 1877, riferisce che: “Assai saporite sono le pesche di questo suolo e sono in molto pregio i pomi detti “campanini” dei quali nell’autunno si fanno larghe provviste e si trasportano fino a Venezia e ad altre città.” Parecchi decenni dopo, il dott. Vilmo Cappi, nume tutelare delle tradizioni mirandolesi scriveva: ”Tra la frutta, tipiche sono le mele campanine che ora stanno scomparendo perché sostituite da varietà e tipi più commerciali, ma che da non pochi, vengono desiderate ancora e ricercate perché si conservano a lungo, tutto l’inverno, e mantengono sempre intatte la loro fragranza e la loro polpa bianca e pulita che sembra di marmo”.
Queste due citazioni per dire quanto fossero apprezzate le mele campanine, ed è certo che tutte le famiglie della Bassa pianura modenese ne facevano larghe scorte, molte delle quali venivano cotte al forno per la delizia dei bambini e degli anziani, in ogni caso per riscaldare le fredde e nebbiose nottate invernali.
Dopo l’ultimo dopoguerra, la mela campanina venne quasi del tutto abbandonata per alcune semplici ragioni: il mercato richiedeva mele più dolci, più grandi e più pesanti, tali da soddisfare le esigenze dei produttori e i desideri dei consumatori. Insomma, mele più accattivanti, per un mercato più esigente, il tutto nel quadro di un crescente “miracolo economico”.
Sta di fatto che i produttori di questo tradizionale frutto, visto il crescente disinteresse dei consumatori, hanno abbattuto i loro vecchi meleti, senza reimpiantarne di nuovi. Solo alcuni agricoltori hanno provveduto ad innestare su portainnesti di media o bassa vigoria la vecchia campanina, nonostante non fosse più ricercata come un tempo. La stessa Regione Emilia Romagna in questi ultimi anni ha promosso una interessante iniziativa che ha lo scopo di limitare l’abbandono di un certo numero di produzioni frutticole autoctone fra cui la mela campanina. Sono state svolte ricerche sugli aspetti tecnologici e funzionali di alcune mele autoctone; è stata una vera sorpresa ciò che proprio la mela campanina ha fornito ai ricercatori, vale a dire una serie di risultati a dir poco sorprendenti.
Quando ormai non si credeva più di poter dare un senso economico alla produzione di questa nostra antica mela, come è accaduto per altre sane tradizioni, c’è stato un grande ritorno di interesse nei suoi confronti da parte dei consumatori. Tutto questo ha incoraggiato i produttori a non arrendersi nel mantenimento e nella promozione di coltivazioni che sembravano ormai solo nostalgie”.
Per maggiori informazioni:
http://www.strade.emilia-romagna.it/_strade/cartaidentita.php?strada=pianura&citta=modena
http://www.comune.sanpossidonio.mo.it/index.asp?ind=prodotti_tipici.htm