5 marzo 2010
10 tecnopoli, 47 laboratori, 7 centri per l’innovazione, 6 università e 4 enti di ricerca coinvolti. Investimenti per 234 milioni di euro: 130 dalla Regione, 90 da enti di ricerca e università, 14 dagli Enti locali. Sono i numeri della Rete per l’Alta Tecnologia in Emilia-Romagna, che dà attuazione alla legge regionale, la prima in Italia, sul sostegno e sulla promozione della ricerca industriale, dell’innovazione e del trasferimento tecnologico.
Lo strumento? Il tecnopolo, una cittadella dove i laboratori di ricerca dialogano, progettano e lavorano con e per le imprese. Una porta, dunque, verso il mondo del lavoro, organizzata in sei diverse aree, dette piattaforme tecnologiche: da meccanica e materiali alle costruzioni, dal settore agroalimentare alle scienze della vita, da energia e ambiente al design e Ict (tecnologie di informazione e comunicazione). Ad eccezione di Bologna che due centri alla Manifattura Tabacchi e al Cnr, ogni provincia ha il suo tecnopolo, formando una rete coordinata dalla società consortile Aster, attivata da Regione, Università ed Enti di ricerca.
Francesco Paolo Ausiello è direttore tecnico di Aster. Come si fa a gestire una rete così vasta?
Intervista a Francesco Paolo Ausiello
Nello specifico, dunque, Aster organizza, promuove, traduce la ricerca nel mondo delle imprese.
Il progetto dei tecnopoli punta forte sui giovani, avendo stanziato 112 milioni di euro per l’assunzione di nuovi giovani ricercatori tra i 1800 impiegati nel progetto.
Il coordinamento ha sede nel tecnopolo bolognese realizzato all’ex Manifattura Tabacchi che sorge in un’area di circa 100.000 metri quadrati e ospita i laboratori di Università di Bologna, Istituto Ortopedico Rizzoli, Enea e dei consorzi T3Lab e Ricos.