La storia di quattro generazioni della famiglia Soressi raccontata dalla giovane Elisa. Le vicende si svolgono tra la provincia di Piacenza e l’Argentina, tra Panama e il Venezuela, il Cile e gli Stati Uniti
La vita ricomincia a ottant’anni
I racconti di papà e le foto scattate in Argentina, fecero venire a nonno Oreste la voglia di andare a trovare i suoi fratelli e i nipoti. Ricordava bene quando negli anni Cinquanta arrivavano casse di viveri dall’Argentina con ogni ben di Dio. Si sentiva in dovere, il nonno, di ringraziare per questo i suoi parenti. Delle lettere, conservava con cura i francobolli con l’immagine di Evita Perón, bella Madonna laica, diafana ed elegante.
Quel viaggio rappresentò per il nonno quasi l’inizio di una nuova vita. Restò in Argentina cinque mesi, accolto ovunque con entusiasmo e commozione. Rivide i fratelli dopo 47 anni di emigrazione, tranne Antonia, deceduta qualche mese prima. Al ritorno, con
Nel
Quando mio padre decise di emigrare in Venezuela, aveva già un buon lavoro a Piacenza. Ma voleva dedicare un periodo della sua vita a far qualcosa per gli altri, in maniera disinteressata. In Venezuela tornava ad essere organista, insegnante, giornalista, collaboratore laico della Congregazione Scalabrini. Purtroppo ebbe presto un periodo difficile. Restò vedovo. Loyda II morì dopo un’operazione di trapianto lasciandolo con una bimba di cinque anni. Ma Franco decise di restare. Dopo qualche anno, nonno Oreste volle raggiungerlo. Volò a Buenos Aires e ritornò a Panama passando per il Venezuela. Loyda III cresceva un po’ con papà e un po’ con i nonni di Panama.
In Venezuela mio padre si rifece una famiglia sposando Alba, dalla quale sono nata io, Elisa Soressi. Quando il nonno fece l’ultima visita in Argentina, era rimasta solo
Le nuove generazioni
Mia sorella Loyda III è cresciuta e oggi ha 33 anni. Il destino ha voluto che facesse il tragitto inverso rispetto a quello di nostro padre. Oggi vive a Piacenza, sposata con Antonio, originario di Brindisi, e si occupa della logistica in una fabbrica di pomodori. Si è laureata in economia in Venezuela e ha conseguito il master alla Bocconi dopo aver frequentato un corso di economia a Bologna. Il marito l’ha conosciuto durante un viaggio in Emilia-Romagna dove accompagnava un gruppo di ragazzi figli di emigrati.
Io mi chiamo Elisa Maria perché mio padre, il giorno prima della mia nascita, durante un concerto aveva promesso di chiamarmi con questo nome, in omaggio a Beethoven, se fossi nata il giorno dopo – come accadde.
Mia mamma Alba è nata in Venezuela da famiglia veneziana, i Calzavara di Cannaregio. Il nonno materno lo conosco solo da un dipinto appeso nel mio studio che lo ritrae in divisa da ufficiale di marina. Parlava correttamente il russo e altre cinque lingue. Sua sorella Elettra aveva sposato una guardia del corpo di Mussolini. La mia nonna materna Gina era nata da emigranti italiani stabilitisi a Concepción in Cile. Suo padre, il mio bisnonno, aprì il primo cinema a Concepción e fu tra i primi in Cile a intraprendere questa attività. Morì giovane e, pur avendo fatto i soldi, lasciò la moglie con scarse risorse. Tuttavia i fratelli più piccoli di mia nonna riuscirono a diventare ingegnere aeronautico, Tomy, e ingegnere navale negli Stati Uniti, Eduardo.
Nonna Gina arrivò a Caracas su invito dell’allora presidente venezuelano Gomez che aveva chiamato un gruppo di professori cileni per fondare istituzioni culturali che ancora esistono. Conobbe a Puerto Cabello il suo ufficiale di marina veneziano, il quale subì il sequestro della nave e un periodo di prigionia a causa dell’entrata in guerra dell’Italia. Finì i suoi giorni a cucinare per mia mamma Alba quando lei studiava all’Università Loyola a New Orleans.
Alba aveva un fratello, Alberto, famoso come primo violoncello dell’Orchestra Sinfonica del Venezuela e come professore universitario. Scrisse una storia della musica in Venezuela, ma morì giovane. Nonna Gina si sposò in seconde nozze con un ingegnere venezuelano di origine olandese, che ricopriva il ruolo di direttore tecnico del ministero delle Opere Pubbliche nel periodo in cui furono costruite le principali infrastrutture del Paese. Strade, gallerie, ponti, il porto di La Guaira, sono tutte opere sue. Aveva un sacco di onorificenze che un giorno mise in una scatola di scarpe e buttò nel bidone della spazzatura.
Ecco, questa è la mia famiglia. Nelle grandi occasioni, matrimoni e funerali, l’aeroporto di Caracas si anima. Arrivano i parenti di Panama, del Cile, degli Stati Uniti e Villa Gina, dove sono nata e vivo, diventa un ristorante internazionale. In famiglia siamo consapevoli delle nostre origini multiculturali e lasciamo che ognuno la pensi a modo suo. Anche il gatto Salomone vive in questa atmosfera globale. Pure lui, in fondo, è un emigrante. Si è presentato a Villa Gina una notte che pioveva e non se n’è più andato.
Elisa Maria Soressi, Caracas, luglio 2007
Lettura di Mascia Foschi