18 marzo 2014
Cari ascoltatori, è aperta ancora per poco, fino al 30 marzo, la mostra al Teatro Storchi di Modena che ricorda Massimo Castri, uno dei più grandi registi italiani, a un anno dalla morte. La cantatrice calva di Ionesco nel 2011 è stata la sua ultima regia, portata avanti con la collaborazione di Massimo Plini perché la malattia l’aveva già aggredito.
Massimo Castri è nato a Cortona il 25 maggio 1943. Nel 1967 inizia la sua carriera di attore al Piccolo Teatro di Milano, e già l’anno successivo entra a far parte della comunità teatrale dell’Emilia Romagna con la quale lavora fino al 1970. È solo l’inizio di quello che diventerà un lungo rapporto professionale e sentimentale con questa Regione, e in particolare con la città di Modena. Nel novembre 1972 firma la sua prima regia a Brescia, ma è nel 1980 che Castri inizia a creare i suoi spettacoli a Modena, dove continuerà a produrre per altri trent’anni.
Il 21 gennaio dello scorso anno Massimo Castri si è spento lasciando un grande vuoto nel teatro e nella cultura italiana. Un grande vuoto tra il pubblico che ha amato il suo lavoro e l’ha seguito per decenni, e un grande vuoto tra gli attori che hanno condiviso il suo percorso. Castri infatti non ha solo guidato sulla scena alcuni tra i più illustri protagonisti del teatro italiano, ma ha anche condotto una lunga e intensa attività didattica con giovani attori che sotto la sua guida sono ora tra i nostri più intensi e significativi interpreti. Ha diretto corsi per attori alla Civica Scuola d’Arte Drammatica di Milano, all’Ecole de Maîtres di Bruxelles, ma l’esperienza didattica più significativa è stata quella condotta all’Atelier Costa Ovest a Livorno.
Emilia Romagna Teatri ha affidato a Massimo Castri il Corso di Alta Formazione per Attori nelle Stagioni 2006/07 e 2008/09, esperienza dalla quale sono nati gli spettacoli Così è (se vi pare) e La presidentessa. Gli anni modenesi di Massimo Castri vanno dal 1980 al 2010. Nel 1980 ha messo in scena Hedda Gabler di Henrik Ibsen, nel 1983 Le Trachinie di Sofocle, nel 1989 Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello, nel 1990 Le serve di Jean Genet, nel 1991 Amoretto di Arthur Schnitzler, nel 1991 La vita è sogno di Pedro Calderon De La Barca, nel 2005 Il padre di August Strindberg, nel 2007 Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello, nel 2009 La presidentessa di Maurice Hennequin e Pierre Veber, nel 2010 Finale di partita di Samuel Beckett.
Ricordandolo sul Corriere della Sera, Franco Cordelli ha scritto che Massimo Castri “era, fu, rappresentò la parte oscura: la parte in ombra della scena, dei testi, di chi li allestisce, di chi li riceve. La nostra parte in ombra. Se da qualche parte ci fu la luce, a lui non si avvicinò”. Castri – aggiunge Francesco Cataluccio – “fece sempre, anche quando si occupava dell’abusato Pirandello, una lettura sospesa tra la rottura della tradizione e l’impossibilità di risolvere positivamente la furia delle passioni. È vero: il suo fu un teatro dell’oscurità ma proprio per questo modernissimo e di grande suggestione”.