23 novembre 2012
Cari ascoltatori andiamo a Parma dove si è aperta da poco, al Salone delle Scuderie di palazzo della Pilotta, la mostra delle opere di Medhat Shafik, 25 dipinti e 106 carte, dagli anni sessanta al 2011, importante acquisizione delle collezioni del CSAC della Università di Parma. Medhat Shafik è un caso sul quale la critica ha aperto un dibattito che dura ancora oggi. Egiziano, a vent’anni giunge a Milano, studia e si diploma alla Accademia di Brera, vive facendo il traduttore, l’interprete, ma sempre per continuare a dipingere e oggi è certo una delle figure eminenti nella ricerca artistica in Italia e fuori.
Il problema sta proprio qui, Medhat è un artista occidentale oppure un figlio della cultura in Egitto? E quale sarà poi la cultura dell’Egitto, quella delle antiche lontanissime piramidi e dei faraoni, quella dell’Islam, quella dei copti che sono i cristiani d’Egitto e che hanno sul Nilo, come la civiltà dell’Islam, una loro lunga storia? Il dibattito, la discussione della critica, quella degli interpreti della ricerca dell’artista, è proprio sulla interpretazione della sua ricerca, artista d’occidente oppure artista legato a una civiltà vagamente mediterranea. La grande raccolta donata al CSAC, con opere dagli anni sessanta al 2011, servirà forse anche a chiarire questa esperienza complessa e a ripercorrere una ricerca di ricca e vibrante capacità narrativa.
Shafik è un grande narratore e le sue origini, le terre d’Egitto, il Nilo, la memoria degli spazi dei suk piuttosto che delle dune, i colori e il cotone, i vasi e i frammenti di scritture che affiorano un poco ovunque nei suoi dipinti, tutto, insieme al sogno di cieli alti, di notti nere di stelle, tutto questo è parte della memoria infantile e della giovinezza dell’artista e diventa, nel suo racconto, un altro sogno, quello della unione delle diverse culture sulle rive del Mediterraneo. Ma proprio i dipinti della mostra provano, al di là di quello che lo stesso artista racconta sulle proprie origini e memorie e affetti, che la sua arte nasce in occidente, nasce da scelte e passioni precise che del resto lo stesso pittore confessa.
Prima di tutto l’incontro con la cultura della memoria dell’Occidente, quella di artisti come Paul Klee, Wassilij Kandinskij, Marc Chagall, e poi per Gabriele Mùnter piuttosto che per gli Espressionisti sono evidenti in molti dipinti degli anni ottanta, e ancora sono chiare quelle per Marc e per Macke. La ricerca ulteriore dell’artista si fa più complessa e sono chiare le attenzioni all’Abstract Expressionism e quindi all’Action Painting americana, poi per le scritture pittoriche della più recente ricerca espressiva in Germania e in Italia. Shafik è fra i pochi pittori che reggono una grande dimensione e alcuni suoi pezzi in mostra sono davvero imponenti.
In mostra sono esposte anche delle opere scavate nel legno oppure impresse su spesse carte bagnate, forme in negativo o a rilievo di alfabeti perduti, alfabeti mitici che nascono da una moderna riflessione sulle grafie dell’arte in occidente ma che citano geroglifici e ideogrammi, la grafia islamica e l’alfabeto greco.
Dunque una mostra importante da leggere nel quadro della nuova pittura europea contemporanea.
Medhat Shafik
LUOGO: Parma, Salone delle Scuderie, Palazzo della Pilotta, Piazzale Bodoni, 1
DATA: fino al 9 dicembre 2012
ORARI: dalle 10 alle 19 – chiuso il lunedì
Per informazioni: CSAC: tel. 0521/033652, 235825; csac@unipr.it