Il paese di Capitan Pastene, nella regione cilena dell’Araucanìa, mantiene le sue origini modenesi nella conservazione di tradizioni e memorie, a oltre cent’anni dalla sua fondazione, avvenuta nel 1904 per opera di coloni provenienti dall’Appennino, in particolare dal Frignano. Dal libro di Stefano Ferrari, Capitan Pastene, una terra di promesse, abbiamo scelto il brano che vi leggiamo. Italiani per sempre “Carissimo genitore, questa terra di Modena, la tua patria lontana, si avvicina a te con affetto e amore, raccogliendo intorno a te i ricordi della tua gioventù e di tutti i tuoi cari passati ed amici. Riposa nella pace del Signore. Addio, ci ritroveremo in Paradiso”. Sulla tomba di Adelmo Iubini e della moglie Concetta Arrighi, deceduti a Capitan Pastene e lì sepolti sul finire degli anni Sessanta, c’è una piccola lapide di bronzo che reca scolpite queste parole in italiano. Sotto, una manciata di terra proveniente dall’Appennino modenese, custodita gelosamente negli anni successivi alla colonizzazione, copre in primo strato la tomba di questa coppia di modenesi giunti con la seconda, ondata migratoria nel 1905. Tre quarti del cimitero di Capitan Pastene contribuiscono a raccontare la storia dell’immigrazione italiana, non soltanto di quella modenese che è la quasi totalità, ma si comprende anche le vicende di famiglie come quelle dei Rosati e dei Meledandri, le quali erano di origine romana e si mischiarono in seguito con i discendenti dei coloni emiliani. Dove riposano i morti di Capitan Pastene, preghiere, date, nomi di città e di frazioni (Castellino, Verica, Montecorone) rendono vivo il ricordo di quella patria lontana e mai dimenticata. “La voglia di visitare l’Italia per noi è come la fame: una volta, sola ti sazia, ma bisogna mangiare tutti i giorni. E noi abbiamo fame dell’Italia” dice Angelo Rubini, presidente della “Corporazione Culturale Giuseppe Verdi”, una delle associazioni più attive dal punto di vista della conservazione delle tradizioni italiane del paese. Non solo: “Non è facile capire Capitan Pastene da fuori – dice ancora Angelo Iubini – al visitatore, anche all’italiano, questo posto sembra vuoto, quasi desolato. Per comprenderne la realtà autentica bisogna entrare nelle case, immergersi nei nuclei famigliari dove si mangiano i cappelletti e la polenta, si ascoltano le canzoni ! italiane, dove durante le feste si balla la manfrina e vengono i brividi ascoltando l’inno italiano”. Iubini, al pari di un altro imprenditore pastenino, produce prosciutti e sta costruendo una vera e propria sede di lavoro, un magazzino per
Angelo Iubini, come tanti nell’ex colonia Nuova Italia, sulla sua macchina accanto alla targa cilena ha appiccicato un adesivo bianco, rosso e verde con la sigla “MO”, acquistato a Modena. Un simbolo distintivo.
Nelle case pastenine si assiste alla perfetta congiunzione fra le due etnie e fra le tradizioni italiane e cilene. All’interno, appese alle pareti ci sono le immagini del Papa, di Roma e di Venezia; fuori i colori del legno che ricopre le case sono l’azzurro tenue, il blu cobalto, il giallo ocra ed il verde pallido tipici del Sudamerica. Gli odori ricordano l’Italia di qualche anno fa, quando la vita si svolgeva all’interno di case raccolte ma abitate da famiglie numerose e che oggi si possono ritrovare soltanto in qualche borgo di montagna.
22 Maggio 2006
| Archivio / Lo sguardo altrove, storie di emigrazione
N°13-LO SGUARDO ALTROVE – STORIE DI EMIGRAZIONE
Capitan Pastene, una terra di promesse