Nei dintorni di Fairbanks, la seconda città dell’Alaska, vi sono luoghi, baie, insenature, collinette che richiamano nel nome un certo Pedro: Pedro Dome, Pedro Creek, Pedro Bay… Ma chi era questo Pedro? Pochi forse lo sanno, ma fu Felice Pedroni, un emigrante di Fanano, nell’Apprennino modenese, a fondare nel 1902 questa città “ai limiti del mondo” che oggi, finita l’epopea della corsa all’oro e chiuse le miniere, è tornata a nuova vita grazie alla costruzione della pipeline per il trasporto del greggio dai territori artici al terminale di Valdez nel Golfo d’Alaska. Oggi Fairbanks conta 77 mila abitanti, ha l’Università, l’aeroporto e parecchie industrie. Felix Pedro, com’era chiamato dai compagni d’avventura, è dunque il protagonista di una storia alla Jack Londono che il “biografo” fananese, Massimo Turchi, ha ricostruito nel mondo più preciso e attendibile. Innamorato, come tutti i biografi, del proprio personaggio, Turchi ha cercato anche di penetrare nei ppunti rimasti oscuri della vita di Pedro, arrivando a ipotizzarne l’assassinio con la complicità della moglie irlandese.
FELlCE PEDRONI NACQUE NEL 1858 a Trignano, una frazione di Fanano, quarto dei sei figli di un carbonaio morto ancora in giovane età. La strada dell’ emigrazione era obbligata: dapprima la Francia, insieme ai fratelli, nell’estate 1881, poi il grande passo verso l’America, avvenuto nell’autunno 1883. Al paese, Felice lasciava il suo amore di sempre: la maestrina di Lizzano, Adelina, che a quel tempo faceva scuola a Trignano.
Contagiato dalla “febbre dell’oro”, Felix Pedro la sua America se la scelse all’estremo nord: la fredda e inospitale Alaska divenne il luogo delle sue esplorazioni. Ma prima di arrivarci peregrinò undici anni attraverso gli States, dall’lllinois al Colorado, dallo Utah all’Oregon, facendo i tipici, duri lavori della frontiera: presso la linea ferroviaria, nella bottega del barbiere, nei campi, nelle miniere d’argento e di carbone, e poi lustrascarpe, venditore di cianfrusaglie, facchino.
Dopo alcuni tentativi infruttuosi in Canada, nel Caribou Country, la ricerca dell’oro divenne l’attività principale e soprattutto l’ossessione di Felix Pedro, comune a tanti altri cercatori attirati nella zona dalla scoperta dei giacimenti auriferi di Circle nel 1892. Due anni dopo, trentaseienne, Pedro si affacciò per la prima volta sulla vasta e impervia regione del fiume Tanana, ad ovest dei monti di Circle e Fortymile, dove lui individuò il suo Eldorado (la zona corrisponde all’ attuale distretto di Fairbanks). Lì era convinto di trovare quello che cercava. E in effetti, in una spedizione del 1895, dopo aver abbandonato le ricerche per esaurimento delle scorte di viveri, sulla via del ritorno rilevò la presenza di oro. Ma per quanti tentativi fece in seguito, non ritrovò più il posto. Dopo ogni spedizione fallita, Pedro tornava alla base di Dawson, in Canada, pronto a ripiegare su altri lavori, come spaccare legna per i battelli a vapore, per finanziarsi la partenza successiva.
QUANDO, NELL’AGOSTO 1896, venne trovata la prima pepita lungo un affluente del Klondike, tutti i cercatori d’oro di Fortymile e di Circle vi si precipitarono. Iniziò così la famosa corsa all’oro immortalata in film come “Li febbre dell’oro” con Charlie Chaplin. Migliaia di persone si riversarono nella regione, tanto che le giubbe rosse canadesi furono costrette a respingere quelle che non avevano le provviste sufficienti per affrontare il temibile viaggio. Fu poi la volta, nell’estate del 1898, della scoperta dell’ oro nella sabbia di Nome, cui seguì un’altra tumultuosa ondata di cercatori e avventurieri d’ogni genere. Si calcola che, a due anni dalla scoperta, erano approdate a Nome 232 navi con 18 mila cercatori. Intanto Pedroni con altri soci continuava a sondare rive di torrenti e a scavare buche senza trovare nulla. Un tipo conosciuto come Joe il portoghese, e poi due banchieri, gli finanziarono alcune spedizioni. In un punto panoramico che oggi è situato a 18 km da Fairbanks, a Pedro sembrò di scorgere un torrente molto simile a quello dove in precedenza aveva notato tracce d’oro. Decise allora, insieme agli altri cercatori, di accamparsi li per l’inverno. Passarono tutto il tempo a fare provviste per la brutta stagione. Rifornirono l’accampamento di legname, selvaggina, carne di caribou e di alce. Erano completamente isolati, per lo spaccio più vicino bisognava andare a Circle, distante 530 km tra andata e ritorno.
Da un altro punto panoramico oggi noto come Pedro Dome scorsero, la primavera successiva (1902), un filo di fumo che si levava a una certa distanza lungo il fiume. Era ormai tardi per arrivare al punto dove s’innalzava il fumo, quindi decisero di rimandare il viaggio all’indomani. Dopo circa dodici miglia di cammino avvistarono, il giorno seguente, un grande battello a ruote ormeggiato sulla riva del Chena, nel luogo dove oggi sorge Fairbanks. Capitano e proprietario del carico era un imprenditore dal losco passato, E.T. Barnette, che aveva intenzione di allestire una stazione di rifornimento a Tanana Crossing. Barnette aveva stipulato un contratto con il proprietario del battello in base al quale egli avrebbe potuto essere sbarcato in qualsiasi momento con tutto il suo carico se la barca non fosse riuscita a proseguire per quelle acque inesplorate, oltre il punto in cui il Chena si getta nel Tanana. Fu quello che avvenne, e dunque Barnette si trovò obbligato a scaricare tutte le sue provviste sulla riva in prossimità di un boschetto. Ancorati vaporetto e chiatte entro un’ansa al riparo dalle correnti, il capitano e la sua ciurma costruirono delle baracche per passarvi l’inverno. Furono queste le prime case della città di Fairbanks.
Quando Pedroni e soci raggiunsero la barca incagliata, furono ben contenti di ottenere provviste a credito. Rifocillati, ripresero tutti a setacciare in punti diversi.
IL 22 LUGLIO 1902, l’acqua del torrente era bassa e Pedroni, intento a ispezionare il fondo roccioso, trovò dalle tre alle quattro once d’oro (dagli 80 ai 120 grammi). La febbre dell’oro si propagò immediatamente agli uomini dell’equipaggio, che si precipitarono sui luoghi della scoperta prendendo possesso di alcuni lotti di terreno. Improvvisamente e per puro caso anche Barnette, che si trovava nel mezzo di un’incipiente corsa all’oro con un bel carico di provviste, riuscì ad arrichirsi. Nella primavera del 1903 migliaia di uomini accorsero nella regione del Tanana.
Gli atti conservati negli archivi riportano che la prima domanda di concessione del diritto allo sfruttamento di terreno minerario porta il nome di Felice Pedroni e la data del 22 luglio 1902. il coraggioso modenese deve così essere considerato il fondatore del distretto minerario di Fairbanks e dunque della città stessa, che crebbe tanto rapidamente da possedere già dopo pochi mesi molti saloon. Nel 1904 vennero costruiti il palazzo di giustizia e la prima chiesa, l’anno dopo la più antica banca d’Alaska (la famosa Key Bank), nel 1917 la prima scuola che più tardi sarebbe diventata l’University of Alaska Fairbanks. Un episodio rende bene l’atmosfera di quegli anni. Un vecchio cercatore raccontò a un giornalista di aver messo insieme pepite d’oro per un valore di 60 mila dollari. “Andai in un saloon della città e offrii da bere a tutti. Poi ingaggiai tutte le ragazze disponibili (..). Quando fummo sbronzi, riuscii a convincere le ragazze a spogliarsi e a uscire sulla neve. Salito sulla mia slitta, ordinai loro di tirarla. Una selva di ragazze nude mi trainò per qualche metro. La sbronza passò subito, diventarono paonazze e fuggirono a precipizio nel saloon. Che tempi, invece che una muta di cani, un branco di ragazze nude sulla neve!”.
Nel 1909, ormai ricco e appagato ma anche stanco per tutti gli anni di solitudine passati in mezzo ai ghiacci, Felix Pedro tornò in Italia. A Lizzano andò a trovare la sua maestrina con l’intenzione di sposarla, ma l’Adelina, nonostante le pressioni della famiglia, resistette. Sembra che fosse segretamente innamorata di un veterinario di Fanano. In ogni modo, la maestrina finì i suoi giorni da pallida zitella, mentre Pedro, deluso e amareggiato, tornò in Alaska dove poco dopo trovò la morte in circostanze misteriose.
Appena rientrato, sposò un’irlandese che gestiva una locanda a Dawson, in Canada. Non si sa bene come, ma la miniera non era più in suo possesso. Aveva il permesso di sfruttarne altre, ma era di nuovo povero. Il 22 luglio 1910, esattamente a otto anni dalla scoperta dell’oro e all’età di 52 anni, Pedro morì a Fairbanks. Il certificato di morte parlava di decesso per disturbi cardiaci. Sulla base di svariate testimonianze, raccolte anche dalla stampa locale, e di riscontri inquietanti, Massimo Turchi ipotizza un complotto della moglie irlandese per uccidere Pedro. Secondo la ricostruzione più attendibile, il modenese sarebbe stato convinto a farsi ricoverare per un controllo in ospedale, dove due complici della moglie vestiti da medici lo avrebbero immobilizzato e costretto a firmare la cessione a loro favore delle concessioni minerarie. Poi gli avrebbero conficcato nella parte bassa del cranio il robusto spillone con cui prima l’avevano minacciato. Comunque sia andata a finire questa storia, che sembra tratta da un romanzo d’avventura, Fairbanks continua a essere riconoscente al suo coraggioso fondatore. Ogni anno, intorno al 22 luglio, la città celebra i Golden Days, i giorni dell’oro, con un denso programma di manifestazioni che prevede sfilate in costumi d’epoca e anche una gara per eleggere il sosia di Felice Pedroni. Il vincitore ha l’onore di entrare a cavallo in città e di depositare in banca un sacchetto pieno d’oro.
La vita di Felice Pedroni, conclude Massimo Turchi, “è anche un simbolo delle tante storie legate all’emigrazione, meno note e fortunate, ma non meno vissute e sofferte”. E’ a questi concittadini, che rappresentano tanta parte della storia di Fanano, dell’ Appennino emiliano e dell’Italia, che Turchi ha dedicato il suo prezioso lavoro di ricerca.