L’industriale italo-argentino ha creato un marchio automobilistico di grande prestigio. Dalla Vallelunga alla Guarà, le sue vetture hanno contribuito a diffondere nel mondo il nome di Modena, città dei motori.
Vita di Alejandro De Tomaso e delle sue vetture
Gli ultimi suoi due angeli custodi sono stati la segretaria e un’infermiera. Dopo l’ictus che l’aveva colpito nel 1993, i medici – racconta Alejandro De Tomaso – “mi dissero che solo il due per mille si salva da quella malattia”. Lui invece, prima di concludere il 21 maggio 2003 la sua esistenza all’Hesperia Hospital di Modena, è andato avanti dieci anni: “Ho fatto come tutti quando c’è di mezzo la vita”, spiega. Con l’esistenza appesa a un sottilissimo filo, tra una cura e l’altra nella stessa clinica ferrarese che ospitò Federico Fellini e un centro di recupero a Innsbruck che ospita anche gli astronauti al ritorno dalle missioni nello spazio, non aveva perso la voglia di fare, combattere, comandare. Gli ordini li impartiva dal suo quartier generale di Modena, il lussuoso hotel Canalgrande, di sua proprietà. Faceva fatica a parlare e spesso era costretto sulla carrozzina; ma solo qualche anno fa, dopo l’ictus, e con una paresi ai muscoli oculari, si era buttato in una nuova avventura: fabbricare in Calabria la versione europea del fuoristrada russo Uaz-Simbir.
Era un uomo, Alejandro De Tomaso, con le sue idee: arrivò a chiamare gli operai “nuovi barbari” e a concedere aumenti solo in base al merito perché – diceva – “gli aumenti uguali per tutti degradano il lavoro”. Dall’Argentina – dov’era nato nel 1928 da un padre eminente uomo politico, più volte ministro, e da una madre appartenente a una ricchissima famiglia di allevatori e proprietari terrieri, se ne andò nel ’55, in contrasto con la politica di Peròn. La passione per la meccanica, che gli aveva fatto abbandonare gli studi, e il mito della velocità non potevano che portarlo da Buenos Aires a Modena, terra di motori per eccellenza: qui sono fiorite infatti
Nella città emiliana Alejandro arrivò nel ’59, quattro anni dopo il suo sbarco in Italia da ricco esule che percorreva a ritroso il percorso del nonno, un manovale napoletano. Dopo aver gareggiato come pilota per
La sfortunata partecipazione al Mondiale di Formula Uno del 1970
Al grande pubblico De Tomaso si fece conoscere nel 1963 con la spider “Vallelunga” ma il successo arrivò nel ’66 con la “Mangusta” disegnata da Giorgetto Giugiaro. La macchina piacque molto agli americani per il suo design aggressivo: fu così che
Modenese d’adozione, visse benissimo sotto