Alle ore quattro del mattino dell’indomani, tutti erano in piedi e, dopo di essersi rifocillati con pane, latte e caffè e riforniti di salame, formaggio e pane per la refezione del mezzogiorno, li accompagnai alla stazione ferroviaria, dovendo partire per Genova alle cinque precise.
La neve cadeva a larghe falde, ma come il tragitto dalla Locanda alla stazione vi fossero appena un trecento metri circa, non vi fu incidente alcuno.
Il capostazione era già prevenuto del nostro imbarco e così potemmo seguire per Genova dove arrivammo alle quattro pomeridiane senza alcun incidente.
La signora Malavasi si trovava a Genova per intendersi col Console del Brasile circa l’imbarco delle cinquanta famiglie, aveva già provveduto gli alloggi per una notte in diverse locande, visto che, per causa del cattivo tempo, non avrebbero potuto andare a bordo. L’indomani mattina, le dette famiglie per quanto continuasse una impertinenta pioggerella, furono condotte al molo imbarcando sopra diversi trasporti marittimi che le condussero presso nave ‘Anna Pizzorno’ a bordo della quale si accomodarono.
Questa che ora chiamiamo la nave Anna Pizzorno, aveva navigato col nome Estrella do Norte, vapore mercantile americano, dal quale furono tolte le macchine e ridotto a vela con quattro alberi. L’armatore Pizzorno l’aveva adattata d’occasione per il trasporto di emigranti, vale a dire in due grandi saloni dormitorii, uno per gli uomini e l’altro per le donne; e l’aveva battezzata col nome della propria moglie.
Il comandante della nave era il Capitano Antonio Fossa, un vecchio lupo di mare, che aveva allora trentacinque anni di navigazione. Il secondo comandante era il fratello Francesco Fossa; vi era pure un figlio del primo comandante di venticinque anni di età, uno dei due ufficiali immediati di bordo ed altri dodici marinai col Nostromo completavano l’equipaggio. Non mancava il Baciccia, un giovanetto molto svelto, che serviva anche da cameriere alla nostra tavola di prima classe.
A bordo della nave trovammo alcune famiglie coloniche meridionali, arrivate da pochi giorni da Napoli, accompagnate da un tal Tripoti, fratello di Sabino Tripoti, il quale era stato incaricato dal Governo della Provincia del Paranà di collocarle nelle vicinanze del porto di Paranaguà, fondando, con le stesse, la colonia Alexandra. Fra le famiglie meridionali c’era pure un sacerdote ed il medico, Dottor Grillo, con la moglie ed una piccola figlia. Vi era pure un bravo giovane di cui non ricordo il nome, segretario del Tripoti, addetto alla sorveglianza delle famiglie meridionali. E, per ultimi, il giovanetto Bonaventura Tavernari nipote della signora Malavasi ed il giovane Adolfo Crema, parente della stessa .. In tutto, equipaggio compreso, seicento passeggeri all’incirca. lo, il Tripoti fratello e segretario, la famiglia del Dottor Grillo, il Reverendo ed i due giovinetti parenti della signora Malavasi eravamo accomodati in discrete cabine a poppa della nave, facendo le nostre refezioni all’ unica tavola del Comandante, serviti dal Baciccia di bordo.
Per varie cause che sarebbe assai noioso enumerare, rimanemmo ancorati nel porto di Genova ben diciasette giorni prima di partire. Bene spesso io scendevo a terra per visitare e conoscere bene la città e i paesi della riviera, facendo ritorno alla nave verso sera, per essere presente alla chiamata che si faceva giornalmente in occasione della cena.
Finalmente arrivò il 22 dicembre, giorno marcato per la partenza. In mattinata scesi a terra per fare alcune compere e per congedarmi dalla signora Malavasi, dal Console del Brasile dottor Persiani e dall’ armatore signor Pizzorno. La partenza era marcata per le quattro pomeridiane. Alle tre, però, la nave levò l’ancora per prendere posizione presso l’uscita del porto.
Nel breve tragitto dall’ancoraggio all’uscita del porto, vi fu un piccolo incidente: la nave Pizzorno fu di incontro alla prua di altra nave ancorata alla sua destra. L’urto fu insignificante, come insignificante fu il danno recato all’altra nave, ma il panico a bordo fu enorme tra i nostri che, spaventati, cominciarono a gridare specialmente le donne e i bambini, senza sapere se vi fosse motivo per tanto spavento. lo in quel momento non mi trovavo ancora a bordo, ma stavo su di un vaporino assieme alla signora Malavasi, al signor Pizzorno e la sua signora che vollero accompagnarmi presso la nave, per dare un ultimo addio ai parenti. La scaletta di corda stava ancora appesa al fianco della nave, in attesa che io imbarcassi. In pochi istanti, arrampicandomi come uno scoiattolo (beato quel tempo!) mi trovai a bordo in mezzo ai nostri che, per un momento, avevano dubitato che li avessi abbandonati rimanendo a terra. Inquanto il comandante dava ordine ai marinai di spiegare le vele, il vaporino diede una volta attorno alla nave per salutarlo con tutto l’equipaggio e passeggeri fecero ritorno in città.
La signora Malavasi ritornò a Concordia dove si fermò per una ventina di giorni, imbarcando poscia su un vapore francese per Rio de Janeiro, arrivando dieci giorni prima di noi. Erano le quattro pomeridiane, quando la nave era di nuovo in movimento, con le vele spiegate navigando verso il Brasile. Addio lanterna di Genova, addio Italia! Chissà per quanto tempo!!!