Bologna è celebre nel mondo dello sport per essere Basket City, una città dove la pallacanestro, più ancora che il calcio, ha trovato accoglienza e passione. Ma come è nato tutto questo? Ce lo racconta un articolo dell’edizione bolognese di “Repubblica” a firma di Luca Sancini. Il giornalista è andato a scovare “tre amici al bar”: un play, un’ala e un pivot che restano gli ultimi a poter ricordare l’alba dei canestri a Bologna. Ha chiamato il play: “Venite a mezzogiorno che dobbiamo raccontare una storia». L’ala e il pivot sono arrivati subito. Un tavolino, tre caffè, un album di figurine e una valanga di ricordi in un bar di Galleria Cavour: proprio a metà strada fra Santa Lucia e Per chi avrà voglia di ripercorrere questa storia, che presto verrà dispiegata su un album Panini, sappia che Carlo Muci il play, Renzo Ranuzzi l’ala, Gigi Rapini il pivot sono i personaggi che l’hanno cominciata. Tre magnifici ottantenni, ancora con la schiena dritta dì 60 anni fa, che adesso si cercano, sfogliando le pagine per rivedersi giovani dentro una figurina, quando erano i campioni più amati della città che rinasceva dopo la guerra. Pedalavano Coppi e Bartali, dominava il Grande Torino e arrancava il Bologna, mentre «Da allora Ad insegnare i fondamentali arrivò poi Larry Strong, il nero che portò la tecnica e gli schemi tra quei ragazzi solo ‘corri e tira’. «This is not basketball, questa non è pallacanestro, ci gelò al primo allenamento – ricorda Muci -, noi che ci credevamo dei fenomeni». Muci era amatissimo dalla torcida del Gira in Sala Borsa: un palleggio funambolico, a volte irridente. «Faceva il tunnel agli avversari – dice Rapini -, ma aveva un passaggio micidiale, con lui i lunghi si sono sempre divertiti». Il play, l’ala e il pivot litigano ancora con la stessa ruvida sincerità dei tempi eroici. «Una volta, in un torneo a Viareggio, demmo venti punti alla Stella Rossa campione d’Europa – ricorda Muci -. Rapini giocò con noi in prestito, facemmo sfracelli: l’avessimo preso al Gira saremmo diventati imbattibili». Il fosso lo saltò invece Ranuzzi: un anno soltanto, il primo giocatore bolognese a cambiar maglia. Rapini non lo perdona ancora adesso, ma Renzo non s’è pentito. “Alla Virtus dicevate che tiravo troppo, che mangiavo il pallone, allora andai al Gira. Dopo un anno mi avete richiamato. Senza i miei tiri eravate con l’acqua alla gola». Gente col basket nelle vene, anche dopo. «C’è rimasto dentro, così nel 1961 avviammo il minibasket: contratto con “C’era una volta Basket City” di Luca Sancini (“
Lettura Francesca Sutti.