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2 Aprile 2007 | Archivio / Lo sguardo altrove, storie di emigrazione

N°54-LO SGUARDO ALTROVE, STORIE D’EMIGRAZIONE

Caterina va in Brasile. Storia di Caterina Baratelli, pittrice d’origine cesenate.


Il seminario sulle “Cronache nascoste” dell’emigrazione femminile promosso a Bologna il 15 marzo 2007 dalla Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo, ha messo in evidenza l’importanza di far uscire dal silenzio la storia delle donne. E’, la loro, una storia ancora tutta da scrivere, anche per quanto riguarda la nostra regione.


Lo spunto per parlare di una donna coraggiosa che è stata anche una pittrice dotata, ci viene dalla recente riconsegna alla Pinacoteca civica di Cesena di un piccolo nucleo di opere di Caterina Baratelli, restaurate a cura dell’Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC). Si tratta di quindici dipinti raffiguranti personaggi femminili che fanno parte di una più ampia collezione di lavori dell’artista, sessanta per l’esattezza, donati per volontà testamentaria della pittrice al Comune di Cesena nel 1989.


La romagnola Caterina Baratelli si affermò in Brasile in un contesto di emigrazione. E il suo valore artistico è certamente più conosciuto in questo paese che non nella sua città e nella sua regione d’origine, dove non ha mai goduto di grande notorietà. Ma è la figura della Baratelli donna e insieme artista del primo Novecento ad interessarci per il suo potere di simbolo, cioè per la sua capacità di rappresentare al meglio un’intensità di vita che proprio dall’emigrazione ha tratto il coraggio e la forza dell’espressione.  Seguiamo il percorso di vita di Caterina Baratelli, così come l’ha tratteggiato Maria Martelli sulla rivista dell’IBC.


Nata a Cesena nel 1903, Caterina si è accostata giovanissima alla pittura, pur non frequentando scuole di formazione artistica fino all’età di circa diciassette anni, quando la madre acconsentì a iscriverla all’Accademia di Belle Arti di Milano. Una decisione maturata grazie all’incontro tra Caterina e Giuseppe Palanti, allora titolare della cattedra di Decorazione presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, durante un soggiorno marittimo a Cervia. Il professore seppe riconoscere nella mano ancora acerba della giovane Caterina la capacità di cogliere nel profondo la personalità dei personaggi che andava ritraendo, mediante ampie pennellate ricche di colore.


Una potenzialità ancora sopita che aspettava solo di essere affinata e istruita a dovere, guidata da una mente brillante, curiosa, pronta a cogliere e a riportare sulla tela la vita circostante. Ciò che dovette colpire maggiormente Giuseppe Palanti fu proprio quest’ultima capacità, evidentemente innata; egli stesso notevole ritrattista, dovette vedere in lei un valore non comune ad altri giovani artisti. Per qualche tempo istruì personalmente Caterina nell’arte pittorica, trovando in lei un carattere forte, animato da sicurezza e curiosità, da cui sicuramente derivava l’acutezza nell’individuazione psicologica dei suoi soggetti. Gli altri insegnamenti contribuirono a definire e affinare le capacità della cesenate; l’ambiente vivace e ricco di spunti artistici dell’Accademia accrebbe sicuramente le sue conoscenze. Il viaggio e il soggiorno di Caterina a Milano, lontano dall’ambiente familiare e cittadino suscitarono non poco scalpore, ma l’appoggio della madre fu deciso e incrollabile nel sostenere il desiderio della figlia. Ritornata nella città natale sposò un colonnello dell’Esercito italiano, e dovette quindi trasferirsi spesso attraverso l’Italia per seguirne gli spostamenti. Diradatisi i legami con l’ambiente culturale di Cesena, aumentò le sue conoscenze in campo artistico durante i lunghi soggiorni a Roma e a Palermo.


Dopo una crisi matrimoniale culminata con il divorzio, libera da impegni e legami, nel 1938 tornò a Cesena, dove visse con la madre. Al clamore suscitato dalla sua giovanile andata a Milano si aggiunse quindi anche lo scandalo sollevato dalla scelta di separarsi dal marito, e Caterina dovette subire malignità e pettegolezzi sulla propria vita privata. A causa della diffidenza e talvolta anche dell’ostilità nei suoi confronti, restrinse a pochi intimi la cerchia delle amicizie, tra le quali vanno però ricordate figure note in campo culturale e artistico, come Giannetto Malmerendi, protagonista del movimento futurista romagnolo, pittore, ceramista e ispettore locale per le belle arti.


Durante gli anni della guerra, anche la famiglia di Caterina subì le ristrettezze della povertà. Nel 1945, con l’arrivo delle truppe alleate, la liberazione di Cesena fu resa possibile anche per l’azione di un “commando” di polacchi. Ne faceva parte Alexander Janech: tra il militare e Caterina Baratelli nacque un’amicizia destinata a durare anche dopo la fine del conflitto e il ritorno di Janech in Polonia, dalla moglie e dal figlio. I due, infatti, si erano reciprocamente scambiati gli indirizzi e così per qualche tempo si tennero regolarmente in contatto. Intanto però Caterina dovette affrontare il suo primo grave lutto in famiglia. Il fratello, pilota di una compagnia aerea civile, scomparve dopo l’ultimo scalo per rifornimento sulla linea che percorreva di solito, la Roma – Rio de Janeiro, con sosta all’Isola del Sale, nell’Atlantico.


Spinta dalla difficile condizione economica a Cesena, ma soprattutto desiderosa di avere notizie del fratello, la pittrice decise di recarsi in Brasile, a Rio de Janeiro. Qui non trovò tracce del congiunto e per mantenersi fu costretta a vendere le sue opere o a eseguirne su commissione. Pur portando il peso del lutto, raggiunse presto la popolarità presso l’élite culturale e sociale cittadina, attestata dalle molte opere realizzate per il Palazzo del Governo di Brasilia. È a questo periodo che risale il nuovo incontro – non si sa se casuale o concordato per lettera tra Caterina e Alexander, il quale, perduti moglie e figlio alla fine della guerra, si era trasferito in Brasile per sfuggire alla repressione russa. A Rio l’artista e l’ex militare vissero insieme. Qui Caterina ottenne significative commissioni sia private che pubbliche in campo artistico e si dedicò anche all’insegnamento di pittura e disegno per i giovani rampolli dell’alta borghesia metropolitana.


Frequenti i suoi ritorni a Cesena, forse anche per accostarsi di più alla vicenda artistica italiana, ma soprattutto per rivedere la madre e la sorella. Poco conosciuta in patria, a Rio ottenne un notevole successo e ottimi riconoscimenti da parte della critica fin dalle sue prime mostre personali, attorno al 1950. Piacque la sua pittura dalla tecnica figurativa ben fondata, la pastosità della materia, le tonalità vibranti e calde della terra (ocra, giallo scuro, rosso). A Rio Caterina Baratelli si spense nel 1988, all’età di 85 anni. La sua salma venne riportata da Alexander Janech a Cesena per essere tumulata, e con essa egli portò l’atto di donazione con cui la pittrice destinava al Comune sessanta delle sue opere.


Con una preminente connotazione realista legata alla tradizione figurativa ottocentesca, Caterina Baratelli ha eseguito opere di vario genere, dalle nature morte alle scene d’interno, ai ritratti. E sono stati proprio questi ultimi soggetti a renderla celebre durante gli anni brasiliani: la resa viva e personale dello sguardo del soggetto ritratto cattura magneticamente l’occhio di chi guarda e lo invita a fermarsi, a penetrare il mondo interiore del protagonista della tela, mentre lo sfondo si perde in un pulviscolo indefinito. Fra i dipinti recentemente restaurati soprattutto i due ritratti che raffigurano bambine colpiscono per chiarezza e dolcezza di sguardo, terso come il cristallo ma leggermente languido, un po’ corrucciato. Alcuni hanno riconosciuto nelle “teste” di Caterina l’espressione di una poetica personale, fondata sulla resa fedele del dato visivo ma anche sull’osservazione profonda del sentimento che anima il soggetto nel momento ritratto, della sua personalità; si potrebbe parlare così di un realismo psicologico. I risultati sono sorprendenti: la vita anima volti e lineamenti, mentre un’atmosfera dorata spesso circonda come un’aura le teste e i corpi; la resa è sempre sobria e la stesura è chiaramente “tirata al risparmio”. Oggi finalmente l’estro e la personalità di questa pittrice emigrante possono essere apprezzati appieno nei dipinti restaurati della Pinacoteca civica di Cesena.


A cura di Claudio Bacilieri, lettura Fulvio Redeghieri.

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