Così, il discorso per andar via. Poi, avendo un punto di rife¬rimento, mi dava tranquillità. Perché io parlavo solo italiano! Fu veramente pesante! La prima cosa che notai, fu … Siccome venivo dal militare, mi sembrava di proseguire. Notavo la pre¬cisione, la disciplina. Anche con la ragazza … era diversa da quella che avevo conosciuto. Me ne sono accorto anche dopo. Se uno, in vacanza, conosce una ragazza, poi, a casa, è un’altra persona! La vai a trovare a casa, e sembra che sia diversa. Per¬ché questo? A me piaceva vestirmi bene, vestirmi bene e divertirmi. Invece loro erano … Eppure era gente che stava bene, abitavano in una villa con parco, ma pur essendo così, non è che ci tenessero all’immagine! Pantaloni mezzo corti, scarpe da 10 mila lire, no? E quindi, qualche volta, si voltava¬no dall’altra parte, non mi approvavano. Eppure, mi volevano molto bene. Ma all’inizio, ero sempre uno straniero. E lì, ho dovuto veramente lavorare, impegnarmi, per essere accettato. Dopo due anni che io frequentavo la loro casa, ho scoperto che mi avevano accettato. Cominciarono ad accettarmi. Vidi che mi ammettevano a mangiare la fonduta col formaggio, quando tutti vanno a “pucciare” nello stesso calderone. Voleva dire che si era della casa. Se invece ti preparano un altro piatto, non è uguale. Quindi, ci davano le chiavi per andare allo cha¬let, a sciare. Poi erano di chiesa, cattolici praticanti, e andava¬no sempre in chiesa, mentre io, pur essendo battezzato, cresi¬mato, non ero praticante. Quindi, la differenza c’era.
Noi ci vedevamo tre giorni la settimana, sabato, domenica e un’altra sera. Perciò, avevo molto tempo libero … e mi stava molto bene. E infatti, succedeva che andavo sempre a ballare, andavo molto in giro, una roba o l’altra … Perché, avendo la ragazza svizzera, avevo amici svizzeri. lo avevo pochi amici ita¬liani, all’inizio. lo, il disagio della diversità l’ho avvertito poco. Un po’, perché ho gli occhi chiari, non ero il solito emigrante meridionale, quindi moro. lo invece, avendo gli occhi chiari, ero visto come uno di loro. Ma continuavo a non conoscere la lingua, e a non capirli. Giravo per Basilea con un bigliettino, sembravo un po’ handicappato! Un giorno, prendo il tram per andare dalla ragazza, ma c’era una manifestazione di studenti, e il tram fece un altro giro. Alla fine della corsa, mi trovai in Germania e mi trovai davvero in difficoltà. Fu allora che decisi di andare a lezione di tedesco, perché volevo capire e farmi capire. Pochi giorni prima, era capitato un episodio ancora più umiliante. Vado dal capo del personale, col passaporto, e mi chiede se ero analfabeta. Anzi, mi dice: “Sai leggere e scrivere?”
lo dico, “Sì”. Poi vado dal capo del personale e mi chiede:
“Perché, sai scrivere?”
“Come, sai scrivere?” chiedo a mia volta. In realtà, nel passaporto, che ce l’ho ancora, io avevo fatto la firma accanto alla fotografia, poi avevo fatto fare il passaporto. La firma però, sembrava quella di una gallina, perché al braccio, avevo due gessi! Dunque, quando questo qui ha guardato il passaporto, pensava fossi analfabeta!
“Perché, ha scritto lei?” Avevo fatto il passaporto proprio nel periodo in cui avevo avuto l’incidente!
Ho lavorato i primi cinque mesi nelle spedizioni, e poi, mi hanno messo in un garage. Facevo servizio di convergenza, ma anche il benzinaio. Poi imparai a parlare tedesco e le cose cambiarono. Ho fatto dieci anni, lì. Di lì, andai in un’industria chimica, la Roche, di Basilea, e il rapporto cambiò. Ero un numero, non una persona. Però, la paga era interessante. Ho studiato anche il francese, ho fatto corsi per il laboratorio, poi, come dicevo prima, io non ero mai tranquill mia moglie è rimasta incinta, e ci siamo sposati. La storia con mia moglie è cominciata per una scommessa, come si fa tra amici. Alla Mis¬sione Cattolica. Dopo un po’ di anni che ero là, mi dissero che lì, si mangiava bene. A me dava fastidio il mangiare degli sviz¬zeri, perché ti danno tutto in un piatto. Alla Missione, invece, mangiavo tagliatelle, insalata, carne, pile di pane. Mangiavo molto pane. E poi, spendevo anche poco. Lei è arrivata lì, alla Missione a mangiare, no? E c’era un amico mio, del garage, Michele, di Avellino, che poi ci ha fatto da testimone di matri¬monio. Arriva lei, che deve andare a giocare a tennis. Alta, magra, con sto gonnellino e la racchetta. “Guarda, guarda chi arriva!” dice lui.
E i “Mamma che bistecca! Michele, questa gallinaccia me la spennacchio io!”
E lui: “Vediamo?”
“Vediamo,” dico io. Allora mi sono messo a raccontare barzellette, lei si è messa a ridere e ci siamo frequentati. lo cer¬cavo di conquistarla .. , E dopo, ci sono riuscito. Michele inve¬ce, sposò una del suo paese e la portò su, ma dopo un po’, ritornò ad Avellino. Piangeva sempre. Non si trovava. Perché l’ambiente svizzero è quello che è. Cioè, se lo affronti come l’ho affrontato io, non chiuso in casa, davanti alla televisio¬ne … Per me la casa era solo un punto di riferimento, un appoggio e basta. Ero sempre in giro. E quando sei in giro, non senti la solitudine, non ti chiudi, rimane sempre una finestra aperta. Però, avevo ancora la ragazza di Basilea, ed è successo che una volta, ci hanno visti assieme. Ci vide la zia, una zitella. Allora, mi chiama, e dice: “Ma, ho visto così e così … ”
Non diedi importanza alla cosa. Quindi, ci siamo conosciu¬ti. Dopo, ci siamo frequentati, ma dovevo fare una scelta, biso¬gnava fare una scelta, no? Avevo già 29 anni. Dic che faccio? Allora, ho telefonato a mia mamma, qui in Italia: “Mamma, mi sposo, prepara i documenti.”
Dopo che avevo deciso di sposarmi, ho smesso di girare.
Perché andavo a San Remo, Campione d’Italia. Allora giravo sempre, facevo tutte le sale da ballo di Basilea e dintorni. Allo¬ra mi scrivevan “Non la vediamo più.”
Perché ho un carattere forte, nel senso che, quando deci¬do, decido. Poi ero un vincente! Dopo che mi sono sposato, andai a portare gli ori che avevo vinto. Ciondolini, orecchini, braccialetti che mi avevano dato come vincita di gioco. Andai a venderli. Perché avevo accumulato chili di oro. Se non ave¬vano i soldi, mi facevo pagare con quello che avevano, anelli, catenine della moglie. E dopo, ho dett “Basta!” Basta, voleva dire cambiare vita! Lei, mia moglie era abituata alla bouti¬que … lavorava in una banca importante. Che facciamo? Se volevamo provare, bisognava partire bene. Quindi, lei rinunciò alle spese esose, ai viaggi che faceva. lo pure, e quindi ci sia¬mo trovati così, in poco tempo … Avevamo due buone paghe.
Lei guadagnava più di me, io guadagnavo molto, perché ero capogruppo. Guadagnavo bene, lei pure, e … poi eravamo in tre. C’era anche il bambino, e siamo andati avanti così. Ho smesso anche di fumare, perché quando dico basta, basta! Non sto a fare tanti tira e molla. Alla ragazza che avevo, dico, “Tu sei di chiesa, mi capirai. .. mi sposo! Noi ci vogliamo bene, mi sposo!”
Invece, un macello! Ma dopo ha capito. Cosa potevo fare?
Quando mia mamma mi diceva: “Hai due o tre sorelle, non ti vergogni?”
lo stavo bene assieme, però, se finiva, finiva! Non è che dovevo pensare ai rancori, rammarichi, tante cose! Poi: tu dici, le mie sorelle! Che ci faccio? Che, mica le sposo io, le mie sorelle! Si arrangiavano loro! lo vado a ballare, mi diverto … poi se finisce la storia e ne comincia un’altra … Quando ho conosciuto mia moglie, avevo quattro donne, cinque donne, nello stesso periodo. Sinceramente! Facevo un po’ di zig-zag. Diceva la padrona di casa: “Ma lei. .. ”
Una volta voleva chiamare i carabinieri, la polizia, ma a me piaceva così! Ho cambiato otto o nove appartamenti in un anno, perché in Svizzera, non potevo portare donne in camera, la notte. Erano appartamenti ammobiliati e li aveva l’agenzia. La mattina, mi beccavano con una donna in camera e mi face¬vano lo sfratto. Mia mamma mi diceva sempre, poveretta:
“Quando imparo un indirizzo, è la volta che ti buttano fuori!”
Era una vita disordinata, è chiaro! Costa! Infatti, non avevo mai una lira. Però, io dissi: “L’incidente è stato una bacchetta¬ta! Oh! Che vogliamo fa?”
Il discorso è questo.
Il bambino che nasce, che ha fatto di male? Niente! E ci siamo sposati.
Alla fine, mi sono trovato con 44 anni di contributi. lo, da bambino, ho fatto l’apprendista da mio zio, poi ho fatto il mili¬tare, poi ho fatto la Svizzera, 18 anni di Svizzera, anche se non mi contano, adesso. Quella è la fregatura. Mi contano per il totale degli anni, ma ai fini economici, mi conteranno quando avrò 65 anni, e anche più. Qualche anno fa, hanno bloccato i flussi, se no facevo l’accumulo. Tornando indietro, quando il bambino aveva l’età della scuola, ho capito che bisognava fare una scelta. Adesso che faccio? Lo mando in Italia, lo mando in Svizzera o lo mando in Francia? Mia moglie era francese. E siccome poi, mi ero stancato, perché la chimica è un ambiente a rischio. Ci furono due o tre incidenti gravi, ci fu un’esplosio¬ne, ci furono morti, incidenti e non mi stava bene. Perché, il bambino va a scuola. Che faccio? lo volevo rientrare. Volevo rientrare in Italia. Allora siamo rientrati in Italia. Mio figlio stava assieme ai miei genitori, fin da quando aveva tre anni. A sei anni ha cominciato la scuola, qui. lo e mia moglie eravamo da soli. Ogni tanto, venivamo giù e … alla fine, avevo tanti di quei chilometri! Per dire. E, nell’85, siamo rientrati.
Tanto è vero, che dopo, ho preso una casa. Poi, si era libe¬rato un negozio, un Sali e Tabacchi proprio lì, nella piazza, qui vicino. Abbiamo fatto i debiti e abbiamo preso i muri. Era mio, di mia cognata e di mia sorella. Dopo però, abituato alla vita che facevo là, non potevo stare qui, con un milione al mese. Intanto, i risparmi venivano sempre meno, e quindi ho dovuto vendere, e mi sono messo a fare l’agente di commercio, e l’an¬no scorso ho chiuso anche con questa attività. Avendo gli anni di contribuzione, adesso mi spetterebbe la pensione.
Lettura di Fulvio Redeghieri.