Salta al contenuto principale
4 Giugno 2007 | Archivio / Lo sguardo altrove, storie di emigrazione

N°63-LO SGUARDO ALTROVE, STORIE D’EMIGRAZIONE

La guerra dei coperchi nel “Vaticano”. Prima puntata.
Da “Il coraggio dei sogni” di Zina Righi.

lo sono nato a Santa Sofia, nel giugno del ’44. Papà è nato a Poggio La Lastra, nel ’12, mamma, nel ’10. Che ci aveva sem­pre nascosto l’età, perché diceva che era nata nel ’13. Forse perché la donna, doveva apparire più giovane del marito. Era nata nel ’13 e quando morì, andiedi in comune a fare la dichia­razione di decesso ed altri documenti e vidi che mamma ci aveva nascosto tre anni. Però dopo, papà ci disse che non vole­va farcelo sapere, perché la donna doveva essere più giovane del marito e mamma, è stata una stupenda signora!


A 14 anni andiede a lavorare a Firenze, dal conte Zanetti e ci rimase 17 anni. Da bambina, non so cosa faceva. Dopo diventò dama di compagnia, dopo diventò cuoca. Mi ricorderò sempre, essendo cuoca dai conti Zanetti, servì la regina di Grecia. Lo raccontava la mamma e diceva che c’erano applau­si, perché la cena era stupenda, grazie a Elena, che era mia mamma. Dopo, ogni tanto, tornava a Travasenza, su per il Pog­gio La Lastra, nel comune di Bagno di Romagna. E lì, conobbe papà. Perché mamma mi raccontava tutto. Il babbo aveva sen­tito parlare di lei. Però, veniva e non veniva, da Firenze. E un giorno, la incontrò ad una festa da “ballo” e mio babbo, si chia­mava Agostino, e Agostino si fece avanti e la invitò a ballare. Filarono un po’ insieme e mi ricordo che mia mamma mi rac­contava, una volta, gli mise le spalle al muro: “Guarda! lo ven­go, ogni tanto. Però, ti chiedo una sola cosa! La fiducia! Se mi vuoi bene, rispettami. E ti chiedo fiducia!”


E nel ’48 decise! Era “carbonino”, in Italia. Lui e i suoi fra­telli andavano in certe foreste, studiavano gli alberi da taglia­re, facevano il carbone di legna. Erano quattro fratelli e face-


vano carbone in montagna. Mi ricordo che l’ultima, la fece in Maremma, che quando tornò mio fratello Enzo, nato nel ’47, fece un anno e mezzo. Era partito in Maremma, che mamma era incinta, mi ricordo. E nel ’48, chiese di andare a lavorare in Belgio.


Il carbonino, era una vita di miseria … partire mesi e mesi nei boschi. Ti portavano da bere e da mangiare e vivevano nel­le montagne. La vita più brutta è il minatore, ma il carbonino, in tante cose si rassomigliava. Una vita dura!


Partì da solo, nel ’48 o ’49, non ricordo e a Milano, c’era l’ultima visita medica belga.


Lo chiamano, fa gli esami, gli guardano la bocca: aveva un dente bacato. Fu scartato. E quella è verità. Cosa dovette fare? Gli dissero: “Torna al paese, a casa, cura il dente e ritorna.”


Torna al paese. Mia mamma lo vede, lo manda dal dentista a Santa Sofia. Riparte: accettato, come minatore! E lì, che anche a me, pensandoci, mi fa male al cuore. Perché papà ha lavorato 17 anni in mina, ha avuto il 64% di invalidità di silico­si. Non han più guardato ai denti, se erano buoni! Voglio dire, che il Belgio voleva solo stalloni, gente sana. Anche per un dente bacato, mio padre è stato rimandato indietro!


Dopo, partiamo noi. lo avevo cominciato la prima elemen­tare, feci tre mesi. .. ottobre, novembre, dicembre e gennaio, credo, e in febbraio …


Abitavo al Sambuco, vicino Santa Sofia. Ero nato lì. E una mattina di febbraio, con mio zio che era qua, che adesso anche lui abita a Lussemburgo con la famiglia, ci accompagnò a Forlì. A Forlì, in stazione, avevamo materassi di lana che mia madre aveva voluto portarsi. Avevamo un sacco di roba in sta­zione! Arriva uno, carica questa roba sul vagone e noi si parte.


Mi ricordo che in stazione, a Forlì, mia povera mamma ave­va conosciuto un’altra famiglia, con tre bambini anche lei, si chiamava Pagnotta. Andavano in Belgio. Però, in stazione, le due donne guardano l’indirizzo: era Flenu. Così andiamo.


Arriviamo a Milano. Uno stanzone grande, camerini immensi, a cinque o sei letti. C’era un reparto per gli emigrati, in stazione. Che anche lì, si doveva passare un controllo, perché, sempre in stazione, era un reparto belga! Voleva la gente sana, bambini e tutti. E mi ricordo, c’erano i letti a castello che si incastravano. Mi ricordo che io ero il più grande e dormii di sopra. Vado in bagno in questa stazione, stanzoni immensi. .. Vado in bagno, esco e vedo … un sacco. Sei anni avevo! Era pie­no di salsicce fresche! Vado a vedere. A sei anni avevo l’onestà! Il furto non lo conoscevo! Ho fatto tutti i bagni, giuro! Tutti i bagni! Il bagno è vuoto e il sacco era sempre lì. A sei anni, quanto pesavo? Era di lO chili! Quel sacco pesava! Faccio venti metri, mi riposo. Se qualcuno mi avesse detto: “Ehi! ragazzo, il sacco è tuo?”, “lo l’ho trovato!” la risposta era pronta! Faccio 20 metri. .. altri 20 metri. .. e più ne facevo, più mi pesava! Ma era più di lO chili! Che viaggio … sei anni. .. Avevo forza, ma …


Dopo, arrivai dov’era la mamma: “Mamma, guarda! Era nei bagni ed è mezz’ora che cammino, perché pesa … ” la mamma lo prende. Lo nasconde. Ed è andata!


Siamo rimasti circa due giorni a Milano. I controlli, i docu­menti, le foto … A me, mi sembra due giorni. È stato lungo! E dormivo sempre al quarto o quinto letto. E dopo, si parte.


Arriviamo a Mons. E a Mons, c’era mio babbo … Era in feb­braio e c’era la nebbia, ma una nebbia da tagliare a fette. Pro­prio! Finestrini aperti! Perché si entrava in stazione. E a un certo momento, la mamma: “Guarda c’è papa! Agostino!” cacciò un urlo. Perché il treno continuava. lo non lo riconoscevo. Era un anno e qualcosa. Poi lui. .. Si era un po’ più grandi, il papà te lo immagini a cinque anni, ma a sei anni! E siamo arrivati in stazione, a Mons. La corriera che aspettava, i Pagnotta sempre con noi, Adele. Che dopo, papà aveva fatto da padrino alla bambina che era nata là … E siamo arrivati a Flenu. Sia­mo arrivati a Flenu, a casa nostra. Che aveva affittato una casa della mina. Non eravamo quindi nelle baracche. La casa aveva tre stanze, due al pian terreno e tre sopra. Aveva preparato tazzoni di caffelatte, banane, che non avevo mai visto e dopo scappò la mamma e disse: “Agostin, ti porto le salsicce … Non so da dove vengano, però Franco … ” e subito, salsicce tagliate! Con tanti ringraziamenti, a chi le aveva dimenticate! E io, ripeto … feci tutti i bagni, saranno stati una ventina!


E siamo in Belgio. Erano case, che disegnavano un grande quadrato. Nel film che Domenico Mescolini ha girato, se ne vedono alcune. Quelle case, visto che erano quadrate, ci avevano messo di soprannome “il Vaticano”! Ogni casa, c’era una regione d’Italia. Tutte le regioni d’Italia erano lì, dalla Sicilia alla Puglia. Però, la maggioranza erano veneti e parlavano tut­ti “venezian” … Parlavamo tutti veneto! In 15 giorni: “e mi e ti” … Tutti così.


n francese a cinque o sei anni, siamo stati i primi, a parlar­lo. Mi ricordo che papà e mamma … il papà aveva comprato una bicicletta, e di dietro, aveva fatto mettere un portapacchi grande, per andare a fare la spesa, il sabato. E mi chiamavano:


“Franco, andiamo a far spesa!”. Perché loro poveretti. .. e allo­ra, andavo con loro, il sabato. Andavamo dall’alimentari, dal macellaio, e compravamo per tutta la settimana. E parlavo io…


Lettura di Fulvio Redeghieri

Brano corrente

Brano corrente

Playlist

Programmi