I giovani belgi. .. C’è stato sempre, per diversi anni, un disaccordo! Perché … boh! Noi ci chiamavano “maccaroni” o “spaghetti”. “Ehi! Sono arrivati i maccaroni”, “Sono arrivati gli spaghetti!”. L’abbiamo accettato. Però non è mai successo cose gravi! No … sassate! sassate, sì. Il Vaticano, come dicevo prima, eravamo tutti italiani, se capitava un belga, le prendeva e quando uscivamo che andavamo da loro … sassate! La più bella sassata che ho fatto in vita mia … Avevamo rubato i coperchi della spazzatura, che erano bidoni rettangolari e il coperchio era rettangolare, con un manico … e li avevamo rubati, per proteggerci dai sassi. .. mio fratello ha preso un sasso, che gli hanno cucito tre, quattro punti. Fu sulla ferro¬via. Perché lì, i sassi non mancano. Passava un treno, dalle due ore alle tre ore. Allora, andavamo tutti sulla ferrovia. Ita¬liani di qua, i belgi di là e gli altri, qualche russo, qualche polacco … e con questi coperchi, sparavamo sassi. Per me, questi sono ricordi belli! Il mio sogno era tornare … fin da quegli anni lì … Per me, Bagno rappresentava il riposo. Nel ’62-63, mi dicevo sempre che avrei finito i miei anni, a Bagno di Romagna. L’avevo in testa fin dai 18 anni. Lettura di Fulvio Redeghieri
Con i miei fratelli, abbiamo fatto le scuole là. Abbiamo fat¬to la prima, la seconda, la terza, la quarta, la quinta e sesta. Intanto il babbo lavorava e la vita in mina era dura. La mam¬ma invece non lavorava, custodiva una chiesa e percepiva qualche cosa. Era la chiesa di tutti gli emigranti, di tutte le religioni, che dopo, bisognava traslocare tutto. E ha durato per qualche tempo.
E hanno messo qualche franchino da parte. Nel ’54 mio babbo comprò una casetta … 80 mila franchi!
Si lasciò il Vaticano e si andò in me de Frandi e rimase tanti anni. Lì, siamo praticamente cresciuti. Dopo la casetta, che aveva due camere e un granaio mansardato, comprò a fianco. Si chiamava “Il Pianola”. Praticamente, avevamo quattro stanze in basso, due cucine e quattro camere! Fantastico! Pianola era un belga, vecchio minatore. Solo che poi, se ne andò nel ricovero. 84 mila franchi. Erano case della mina.
Fino ai miei 20 anni, li ho passati lì. Ed è stato stupendo.
Avevo le mie amiche, gli amici, avevo vicino casa la famosa cantina dei minatori, la cantina Zinardini, un romagnolo . Andavamo lì. La sera si ballava a Flenu e ho dei bei ricordi a Flenu. Praticamente, eravamo tutti romagnoli e portavamo delle ragazze belghe, che si ambientavano subito. Erano a casa sua e passavamo delle serate, delle nottate belle. Aveva¬mo un amico che era in discoteca, era il capofesta. Ma ci divertivamo molto. E tra noi e i belgi, non c’era nessuna differenza. Dopo arrivarono i turchi … ma noi siamo della prima emigrazione, siamo stati i primi.
Eravamo i galletti, se vogliamo! Forestiero, era un turco o una turca, che conoscevamo meno. Mi innamorai per la prima volta lì, in quella cantina. Mi innamorai a vista, così. .. Non so cosa avrei fatto per lei! Era di Selvapiana. Ma non faccio il nome. Era venuta a lavorare da suo zio, da Zinardini. .. E a col¬po d’occhio, ci siamo innamorati. Siamo stati insieme quasi un anno e dopo lei, non so, lavorando in cantina, conosceva tanti uomini e forse uno gli aveva dato nell’occhio più che me e …mi piantò. Ma era bella e …..La vita continua. Poi, tornò a Selvapiana. Lasciò il Belgio …con tutte le promesse che altri le avevano fatto … sono sicuro che è rimasta delusa! Perché io, gliene avevo fatta una! L’avevo portata anche in casa. L’avevo fatta conoscere a mia mamma. Dopo, ho visto che … Ma que¬sto non lo sa nemmeno mia moglie! E dopo, ho cominciato a lavorare. Prima però, venni in Italia … era un sogno!
Ho fatto le scuole tecniche, sono meccanico. Ho lavorato in due fabbriche, sono andato anche in miniera. Preparavo le macchine e mi capitò molte volte di scendere giù, per andare a prendere delle misure sul posto, perché le piante non c’erano.
La miniera faceva spavento a tanti. Però a me, non ha mai fatto spavento. Perché una volta o due l’anno, andavo da papà ad accoglierlo all’ufficio della mina e li guardavo nel lavoro … Erano sporchi, e anche il morale … erano umili! Davan l’impressione di essere gente bastonata! Era la sofferenza del lavoro perché … non scendeva nessuno col sorriso! Anzi, si vedeva quando uscivan “Ehi! Ciao!”
Una volta, mi incontrò il mio zi “Franco! Cosa tu fa’ qui?”
Questa gente sorrideva quando vedevano il sole o anche la nebbia, però quando erano fuori. lo ho lavorato 16 mesi e nella Haribus, la mina di mio suocero e di mio padre. Mio padre mi disse di non andarci, ma i “No. Ci vado!” Mi diede il suo armadio, vicino alle docce. Beau Rinage era la zona delle mine. La zona di Mons era un covo di mine. C’era la Haribus, la 14, la 17, la 21, la 28, che era terribile perché scendevano a più di mille metri. E c’era l’acqua calda che pioveva sulle teste, mentre foravano. Nel 64 c’erano ancora le donne che lavoravano. Erano alla superficie e i carri di carbone venivano vuotati su un tappeto, che a sinistra e a destra, c’erano le donne che scartavano i sassi dal carbone. Lì, c’erano tutte donne dai 20 anni in su. Ho conosciuto delle donne … una si chiama¬va Odile. Scese in mina a 14 anni, a lavorare. Ma quando arrivarono i primi italiani. .. le donne fuori, per far posto a loro. Loro erano stufi e volevano la pensione. Ho conosciuto belgi che hanno fatto 55, 56 anni di mina.
Però ero contento. Perché il sabato sera si andava in certe baracche … Gli italiani hanno alloggiato lì. E queste baracche sono diventate sale da ballo e allora il sabato sera, il mio padrino, un figlio di buona mamma, aveva aperto due sale da ballo. Mi ricordo sempre … avevo 13-14 anni! Il mio padrino, Giuseppe Sanson, mi diceva che era un antenato del papa. Non so se vero o falso! E mi chiamava nella sua discoteca. Mi dava 5 franchi. Per me erano soldini … e ogni dieci dischi, dovevo cambiare chiodo, la puntina. lo mettevo 20 dischi e cambiavo la puntina. E dovevo stare lì, fino alla sera! Mi dava 5 frb. Era il mio padrino e mi aveva promesso tante cose. Cosa? L’orologio. Quando feci la cresima: “Ho dimenticato l’orologio!”
Non me l’ha mai portato! Mi prendeva in giro … E dopo l’ho
abbandonato!
Poi quell’estate, nel ’63 per combinazione, ebbi un mese di ferie. Andai a casa. Presi la moto e vengo in Italia, a Forlì … a 20 anni. E arrivo a San Martino in Strada. E arrivo … non riuscivo a uscire dalla moto … crampi, crampi! Arriva mio zio. Scendo.
In agosto, il 15 agosto, vado ad una festa a Monteguidi. Il
30 agosto avevo appuntamento con delle ragazzine. Era mon¬tagna. Lascio la moto per il motorino. A mezzogiorno, mia zia mi aspetta per i tortelli. Scendo giù. A Santa Sofia continuo la semicurva. lo continuo e … sono caduto in un fosso! Persi il braccio! Era il 1964.
Dopo, fui ricoverato per cinque mesi a Firenze, da Scaglietti, che tentò dei trapianti. .. inutilmente! Cinque mesi! Dopo, son tornato in Belgio, e la mia vita cambiò radicalmente.
Entrai alla Fiat, a Waterloo. Ho lavorato 17 anni a Waterloo.
Dopo hanno chiuso. Alla Fiat, mi occupavo del controllo, della gestione delle guardie, portinai, pulizie, la cucina, lavori che ho fatto, che quando hanno chiuso, mi hanno premiato. Poi nell’81, la Fiat chiude, in seguito ai famosi scioperi dei 50 mila di Torino. Allora, hanno riassunto i disoccupati di Torino. Però, noi siamo stati licenziati.
lo però nel ’79, avevo fatto un concorso interno al Parla¬mento Europeo. C’ero riuscito. Però, ero in una lista di riserva. E allora, nell’81, andiedi a stuzzicare chi mi poteva ripescare e dall’82, sono entrato come usciere al Parlamento Europeo. Ho conosciuto Simone Weil. .. una bravissima signora! Era snella,
elegante, a modo suo … E adesso sogno di tornare a Bagno di Romagna.
Mia moglie, l’ho conosciuta andando a lavorare a Water¬100, sul treno. Una mattina, alle 6,29, il treno che parte per Bruxelles e io mi mettevo lì, questa signora si metteva davan¬ti a me. Delle volte mi addormentavo e questa signora: “Siamo arrivati!”
Ci siamo conosciuti così, sul treno. Lavorava alla Philips.
Abbiamo familiarizzato, e ci siamo innamorati. Ci siamo spo¬sati nel ’70. Eravamo quattro fratelli maschi. Oggi sono tutti industriali.
Mio padre venne per il mio incidente. Era dietro a pittura¬re la casa. Prese il treno, venne qua e rimase con me, fino alla fine. Non mi ha mai lasciato solo. Gli costai un patrimonio e se potessi rimborsarlo! Ho un figlio. Lavora nel comune di Bru¬xelles. Enzo è industriale di macchine industriali. Loris ha cinque magazzini immensi a Bruxelles e zona. Piero ha un’in¬dustria a Forlì.
Mia moglie è abruzzese, di un posto chiamato “Paese delle Vedove”. Perché nella catastrofe di Marcinelle in quel turno, morirono 17 o 18 abruzzesi dello stesso paese, donde un padre e due figli. Marcinelle era a una trentina di chilometri e andie¬di al funerale con papà, perché avevo 14 anni. Fu una cosa sbalorditiva … tra i pianti, gli urli, le preghiere! Non so … anche il funerale, per me era una seconda strage!
11 Giugno 2007
| Archivio / Lo sguardo altrove, storie di emigrazione
N°64-LO SGUARDO ALTROVE, STORIE D’EMIGRAZIONE
La guerra dei coperchi nel “Vaticano”. Seconda puntata.
Da “Il coraggio dei sogni” di Zina Righi.