Laureata in architettura, Olga Mascolo risiede attualmente a Barcellona, dove frequenta presso l’Universitat Politècnica de Catalunya un master in architettura di due anni. Ecco la sua testimonianza.
Appena sono arrivata a Barcellona, mi è stato subito chiaro come qui ci siano due città che vivono e lavorano parallelamente e di come, volendo, sia possibile viverne una ignorando l’altra: da un lato la foltissima comunità internazionale, la più facile da conoscere, e dall’altra gli autoctoni o quasi. Ci tengo a specificare che quando dico “più facile” non intendo dire più divertente o più socievole, ma solamente la più immediata per ovvie dinamiche di riconoscimento: sei straniero fra stranieri con i tuoi stessi problemi.
Barcellona, una città attiva, divertente e “facile” per noi italiani, è un dato abbastanza risaputo, un luogo comune: infatti qui ci sono oltre 14.000 italiani registrati come residenti. Ovviamente una cosa è venire a Barcellona da turista e una cosa è decidere di provare a lavorare e quindi iniziare tutta quella trafila di documenti che sono indispensabili per integrarsi. Come ad esempio il NIE (Numero de Identificación de Extranjero, numero d’identificazione fiscale per gli stranieri) che è indispensabile! Ci vuole circa un mese ed è indispensabile per aprire un conto in banca come residente, fare un contratto telefonico, iscriversi in palestra o lavorare in un bar!
Comunque, anche questa è stata per me un’esperienza formativa: mi sono trovata a perdere due giorni passando da un ufficio all’altro sotto la pioggia, con file di ore in mezzo a gente di tutto il mondo. E allora capisci cosa vuol dire “essere straniero”. Alla fine per noi europei è facile, ma per chi viene da paesi fuori dalla comunità europea le cose possono essere ben più complesse. A volte un po’ più di gentilezza verso gli stranieri in fila non farebbe male…
Innanzitutto la prima cosa che è meglio aver chiaro è che non siamo nella Spagna dell’immaginario collettivo dove si beve solo sangria, ci si abbuffa con le tapas e si balla il flamenco, ma in Catalunya… Quell’altra è l’Andalucía (che fra l’altro conosco poco e solo da turista). Ovviamente c’è anche quello, ma sarebbe come venire in Romagna e pretendere di trovare la pizza napoletana e la tarantella in ogni bar…
In realtà, per quello che ho potuto vedere io, i catalani sono tutt’altro che ostili e scostanti, a differenza di come te li descrivono appena arrivi. Certo che se uno per prima cosa si mette a discutere sul fatto che loro sono spagnoli e non catalani, be’, non parte con il piede giusto…
Nonostante sia abbastanza abituata a spostarmi, per lavoro e studio, e nonostante questa non sia la mia prima esperienza all’estero, è la prima volta che mi trovo a dover capire le dinamiche di un posto con doppia nazionalità, in cui in certo modo sei pure tu doppiamente straniero, perché devi capire entrambe le dinamiche, capire cosa vuol dire vivere in Spagna e cosa vuol dire vivere in Catalunya.
Appena arrivi ti scontri con il doppio problema della lingua: per lavorare qui devi saperle entrambe.
Per gentilezza ti spiegano le cose in castigliano, ma molti documenti tecnici spesso e volentieri sono in catalano e, soprattutto all’inizio, uno si ritrova con un po’ di caos in testa!
Pensare di trasferirsi a Barcellona e non imparare il catalano è francamente una scelta che sconsiglio, perché ti esclude direttamente da tutta una serie di lavori e opportunità, in genere le migliori. E in certi quartieri non ti prendono neppure a fare il cameriere o la commessa!
Io, per ora, lo capisco e lo leggo (anche perché non è troppo diverso dall’italiano), ma penso di iscrivermi a settembre ad uno dei tanti corsi finanziati del comune: ci tengono parecchio alla loro identità catalana e se sei disposto a fare uno sforzo ti vengono incontro con corsi anche gratuiti.
Mi ha creato qualche problema la ricerca della casa: i prezzi sono alti e soprattutto sono a mio parere totalmente insensati: per una stanza singola senza finestra possono chiederti tranquillamente 400 euro. Se si pensa che Barcellona ha più di 1.600.000 abitanti in una superficie di appena un centinaio di km² (Milano ne ha circa 1.300.000 ed è estesa il doppio) si ha un’idea della densità di persone, culture ed etnie differenti! Stupendo, non c’è che dire, ma per me avere la finestra era fondamentale… così, abbiamo iniziato l’avventura “cerco-casa”, diffidando di tutti gli annunci che non proponevano “habitaciones exteriores” e vi assicuro che non è stato facile!
Un consiglio per chi volesse trasferirsi qui: se non siete sicuri di rimanere un tempo relativamente lungo da ammortizzare la spesa, vi consiglio di cercare una camera in un appartamento già abitato, magari cercando in siti come www.loquo.com, perché per affittare un appartamento (spesso vuoto, per il quale bisogna comperare tutto, frigo compreso) è necessario un contratto di lavoro e occorre versare in banca il corrispondente di almeno 5 o 6 mesi, oltre alla solita caparra! Usanza invece molto utile è quella del “dia de los trastos”: una volta a settimana (il giorno dipende dal quartiere) la gente porta in strada, vicino ai cassonetti della spazzatura, i mobili e gli oggetti che non utilizza più, anche elettrodomestici, tv, frigoriferi… e, se funzionano, recano un bigliettino che lo specifica! C’è un po’ di tutto, ma anche cose incredibili come mobili antichi perfettamente smontati… pare che fino a qualche anno fa si trovassero anche cose meravigliose. Noi abbiamo trovato una poltrona nuova, un divano per la terrazza e una credenza!
Barcellona, come tutta la Spagna sta vivendo un momento di grande slancio e questo lo si avverte subito, qui funzionano cose come il paro (il sussidio di disoccupazione che spetta a chi ha lavorato per almeno due anni completi e viene licenziato – il paro vale anche per i liberi professionisti…) e i servizi di trasporto!
La città è relativamente grande, è ben servita e dalla settimana scorsa la metro funzionerà tutta la notte del sabato e dei prefestivi; c’è un nuovo servizio di noleggio bici in sperimentazione, ne prendi una in un punto, la usi per arrivare dove vuoi e la lasci al punto di raccolta più vicino (la mappa di copertura prevista entro settembre è interessante e, considerato che se non la leghi con 3 catenacci puoi stare sicuro di non ritrovarla…).
Non trovo Barcellona una città pericolosa, ma sicuramente il furto delle biciclette è di una certa portata… a Bologna e a Ferrara ho visto tanti catenacci! C’è chi usa le bici pieghevoli e se le porta in metro, per poi parcheggiarla direttamente sotto il tavolo al loro posto di lavoro.
A Barcellona si vive abbastanza bene, c’è un po’ di tutto e per tutti i gusti: molti locali, cinema, iniziative culturali di buon livello e, per i momenti di nostalgia, c’è sempre la Ryanair!
Olga
Storia tratta da “Nuovo Diario Messaggero” di Imola, a cura di Maria Adelaide Martegani