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12 Novembre 2007 | Archivio / Lo sguardo altrove, storie di emigrazione

N°83-LO SGUARDO ALTROVE STORIE D’EMIGRAZIONE

Una casetta in Canada.


Montréal città aperta. Ha accolto dalla Francia un figlio di piacentini, Lionel Taravella. E gli ha restituito il calore della “Piccola Italia”, nonostante il clima e la distanza.


C’è chi ha l’avventura nel sangue. Chi non si accontenta di essere discendente di emigrati e vuole partire a sua volta. Sono cinque anni che Lionel Taravella e la moglie Anne-Marie sono approdati a Montréal, in Canada, per lavorare come traduttori. Taravella è un cognome piacentino ed è parte di una lunga storia che fa sì che una cittadina alle porte di Parigi sia chiamata “Le Nogent des Italiens”. Il posto da dove Lionel se ne è andato, Nogent-sur-Marne, è stato una sorta di colonia piacentina e in parte parmense, tanto che ancora oggi esiste l’ASPAPI (Associazione Parma Piacenza) di cui è presidente Josiane Balderacchi. Nei vicoli Nugues, des Pains, come nella Grand Rue e nella rue Saint-Anne, i nomi più frequenti erano Cavanna, Taravella, Scaglia, portati da emigranti della piacentina Val Nure – molti dei quali provenienti dal comune di Ferriere e, più precisamente, dalle frazioni di Rocca e di Bettola – ma anche da Bardi e dalla Val Ceno, nell’Appennino parmense. Sono venuti per ricostruire la ferrovia distrutta nella guerra franco-tedesca nel 1870 e non se ne sono più andati. Anzi, continuavano ad arrivare. Dal 1891 al 1911 la popolazione a Nogent era quasi raddoppiata. Nel periodo felice della Belle Epoque, gli italiani di Parigi, la domenica, prendevano il treno alla Bastiglia e scendevano ai bordi della Marna per incontrarsi con amici e parenti. Si ballava da Tanton, ci si riposava a pelo d’acqua o, come al circolo dei canottieri immortalato da Renoir, si faceva colazione in un ristorantino all’aperto per poi scivolare sul fiume per il canottaggio.  


Tra la boutique Milano e il bar Sportivo


Ricordi impressi nella memoria familiare che non sono bastati a Lionel Tavernella per chiudere il cerchio delle migrazioni. Così anche lui ha fatto il grande salto, ha varcato l’Oceano e con la moglie si è ambientato a Montréal, nel Quebec, dove non tutti conoscono Parma, pochi Piacenza, ma tutti sanno cos’è la Petite Italie. Sì, perché questo quartiere dove si sono installati gli italiani (l’altro è Saint-Léonard) non è certamente un ghetto, ma dimostra, con i suoi bei negozi, la capacità di accoglienza dei montrealesi, immersi da sempre in una moltitudine di lingue e culture. La più grande città francofona del Nord America è talmente multiculturale che – afferma Lionel – “ognuna delle popolazioni che la compongono ha il proprio quartiere e le proprie abitudini, pur condividendo il medesimo spazio”. Risalendo verso nord la rue Saint-Laurent – asse centrale della città e frontiera immaginaria tra i mondi anglofono e francofono – ci si infila in una zona che ha “i sapori e i colori della penisola italiana”. Ecco la boutique Milano, tempio della gastronomia italiana, dove sono di casa i salumi nostrani e il parmigiano reggiano; ecco il Bar Sportivo, sosta obbligata per un caffè espresso che “ha la stessa bontà di quello servito in Piazza Cavalli a Piacenza”, giura Lionel Tavernella.


Gli italiani sono venuti qui per la facilità della lingua francese, ma con l’obiettivo di spostarsi a sud, Toronto, New York o Boston. Alla fine, molti sono rimasti a Montréal. Malgrado gli inverni rudi, si sono trovati bene. E oggi l’Italia “è presente nei piatti dei grandi cuochi, nella sfilata di prestigiose automobili durante il Grand Prix de Montréal e in ciascuno degli espressi serviti nei caffè ai quattro angoli della città; come pure nel design e nel gusto di vestire degli impiegati che si muovono nei grattacieli del centro”.


Lettura di fulvio Redeghieri

Brano corrente

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