Salta al contenuto principale
10 Dicembre 2007 | Archivio / Lo sguardo altrove, storie di emigrazione

N°87-LO SGUARDO ALTROVE STORIE D’EMIGRAZIONE

Una semplice storia. Di Carlos Malacalza, Argentina.

La mia storia di emigrazione non è molto diversa dalle altre.


È una semplice storia. La storia di un uomo che  attraverso il suo coraggio e il suo modo di vivere è stato di esempio alle  generazioni di descendenti.


Alla fine degli Anni 20 l’Italia attraversava la crisi del dopo guerra che obligava  le persone che vivevano nella peninsola, distrutta dai i bombardamenti, a vivere in situazione di insicurezza, con scarsità di cibo, vestiti, ogni cosa.


Il cibo mancava ed era pericoloso lavorare nei campi o in mare a causa delle bombe  inesplose. Scarseggiavano medicine ed acqua potabile.


A quell’epoca , in quella Italia disastrata, nella costa adriatica, a Cattolica, adesso provincia di Forlì-Cesena, è nato il mio nonno. Lui viveva con i genitori, due fratelli e una sorella.  Suo padre era un pescatore  come tutti i suoi fratelli e parenti.


Loro abitavano nell’ unica strada pavimentata del paese, erano una famiglia normale, con una casa di proprietà e i problema finanziari, legati alla situazione del dopo guerra.


Mio nonno Armando, all’epoca ebbe una brutta esperienza con la morte di suo cugino, ucciso assieme al figlio nell’esplosione della propria barca in mare, a causa di una bomba.  La tragica notizia sconvolse tutto il paese  e loro cominciarono a pensare di partire verso l’America, quell posto lontano che tutti dicevano era il continente dove si poteva trovare un futuro e dove tutto sembrava possibile.


Dal 1922 al 1927 e‘stato il periodo più brillante della storia dell´ Argentina.


Nel mondo del dopo guerra, l’Argentina offriva tantissime posibilitá: la buona amministrazione dello stato permetteva agli emigranti di trovare  un lavoro e quindi il benesere per le loro famiglie.


Più di 500.000 immigrati arrivarono nella Argentina in quel periodo. Quasi la metà provenivano dal sud Italia. Si poteva vivere con prosperità. Lo slogan del governo argentino era : “fare e lasciare andare avanti”: una massima liberale, nel rispetto però dei diritti delle persone e  dell’ordine giuridico.


Per un emigrante come il mio nonno Armando, la decisione  di lasciare tutto fu difficile. Lui sapeva che difficilmente sarebbe ritornato a vedere i suoi genitori, i fratelli, gli amici e il suo amore di gioventù.  Gli emigranti cercavano un mondo nuovo, in un certo senso come lo aveva immaginato 400 anni fa un altro italiano, genovese, Cristoforo Colombo. Lui non arrivó nel posto che pensava, ma mio nonno si. In Argentina, nella lontana America lui ha trovato il suo amore, la sua famiglia e ha scrito la sua storia.


E vero peró che ha sempre vissuto  con la speranza di ritornare. Le lettere inviate ai suoi fratelli nel corso degli anni sono la testimonianza di questo suo sogno.


Io mi ricordo sempre con piacere una cosa che mi racontava mia mamma: mio nonno ogni mese inviava alla sua famiglia nella peninsola del cibo, vestiti e un po di soldi. Armando non lo ha mai detto a nessuno, neanche dopo la ripresa economica dell’Italia.


Armando arrivó in Argentina con due cugini, affittarono un posto letto vicino al porto di Buenos Aires e mangiavano con poche monete.   Mio nonno era un bravo cuoco e con poca roba e tantissima creatività cucinava per lui e i suoi amici. La zuppa di pesce con il baccala e la verdura , quei sapori di mare gli facevano ricordare la sua lontana Italia.


Venne anche il tempo dell’amore. Un po’ dongiovanni  e di portamento elegante, Armando aveva  molto successo con le donne, anche attraverso la  musica, con la quale occupava il suo tempo libero.


Aveva una fisarmonica da professionista con la quale suonava nelle feste, ofaceva serenate per lui o per i suoi amici.


Suonava “Mamma”, “Quel Mazzolin di fiori”, “Chitarra romana”, “O sole mio” e altere che adesso non ricorso. Questo “caro”strumento musicale ancora e´conservato gelosamente a casa mia, assieme ai vecchi spartiti del nonno. Da qui forse la passione per la musica anche di mia madre, che suona il piano ed é stata insegnante di musica.


Il gruppo di romagnoli partiti assieme a mio nonno e suo cugino, con i quali condivideva spesso le serate,  era molto unito e comunicava  attraverso il  dialetto, pur conoscendo la lingua italiana.


Politicamente all’epoca in Argentina i concervatori  e i latifondisti erano al potere ed abusavano dei “laburantes”. I sindicati erano deboli o dipendenti dai capi.


Con il Peronismo arrivarono i diritti sociali e i lavoratori cominciarono a lavorare 8 ore al giorno,  invece che dalla mattina alla sera, con un salario che comprendeva le ferie pagate e benefici sociali ed economici  legati al numero dei figli.


Mio nonno ha sempre avuto rispetto per il peronismo, per le reivindicazioni sociali, per i lavoratori a prescindere dalla loro cultura, colore della pelle o provenienza.  Finalmente veniva affermato ció che dice la nostra Constituzione e cioé che  i diritti erano validi  non solo per gli argentini ma per tutti i popoli del mondo che volevano in questa terra.


Da quel momento l’Argentina ha aperto le porte a tantissimi immigranti.  In quegli anni  mio nonno si  sposó con la mia nonna Josefa, discendente anch’essa di italiani. Dal loro matrimonio nacque mia mamma Adela, nome  datole in memoria di sua madre che non  mai piú visto.


Chissá cosa passava nella testa di questi giovani e valorosi emigranti al pensiero che non avrebbero piú sentito uscire le parole dalla dolce bocca delle loro madri?


Abitabano nell quartire di La Boca, in una casa grande assieme a la famiglia della mia nonna, le sorele, madre e padre.


Era un posto formidable, vicino all centro di Buenos Aires ed anche al porto dove il mio nonno lavorava sulle barche.


Nell’ anno 1947 la famiglia traslocco’ a Ensenada, una città a 5 kilómetri da La Plata, il capoluogo della provincia di Buenos Aires. In quella città nacque il suo secono figlio Salvador Giuseppe, nome  datogli in memoria del padre. 


Negli anni 50  l’Argentina cresceva finanziariamente, in Europa la chiamavano “il granaio del mondo”.


A Ensenada ha cominciato a collaborare nella Società Italiana di Socorso Mutuo ed Unione di lavoratori cristiani. Mio nonno andava a messa tutte le domeniche e nelle festivitá religiose.  Aveva una fede convinta che ha  trasmesso anche a noi, alla sua famiglia e agli amici.


Mio nonno Armando fu un uomo integro, onesto e lavoratore. Un esempio come padre e capo di famiglia. Un Italiano con un accento argentino, non tanto per come parlava, ma per il suo modo di essere.


La sua vita é stata piena di piaceri , che lui si é conquistato. Ha amato pienamente i suoi figli e i nipoti – io, Carlos e la mia sorella Patricia. Non é mai tornato in l’Italia, non possiamo sapere perché…forse per paura di trovare un mondo cambiato,  per emozione… non so…


Questo capitolo della storia ho avuto l’ onore di chiuderlo io,  visitando la casa dei suoi genitori in Via Pàscoli a Cattolica. Ho conosciuto a suoi nipoti Giuseppe e Enrico, figli di suo fratello Angelo e  Adele – stesso nome di mia mamma – figlia di María, l’unica sorella di Armando, che secondo lui era la ragazza più bella di Cattolica. Ho conosciuto anche Guerino, che era espatriato in Argentina con il nonno ma che poi era  tornato in Italia. Era l’unico cugino vivo. Dopo poco tempo dalla mia visita, lui è morto. Viveva ancora  a pochi metri dalla casa dove avitava mio nonno a Cattolica, un posto che per me è molto speciale ed é ancora un emozione ricordarlo.


Ho finalmente conosciuto quell’Italia dalle colline coltivate, dal cibo naturale e fatto in casa, dal buon vino, dall’olio di oliva saporito, dal pane fresco che lui descriveva anche nelle sue sue canzoni.  Canzoni  che parlavano di questa magica terra, del mare e dell’amore. Ho guardato queste cose attraverso i suoi occhi ancora prima di raggiungerle  e quando l’ho fatto le ho riconosciute vere.


Quell’amore profondo per la terra delle mie origeni ha fatto sí  che io me mi facessi coinvolgere gl’italiani all´ estero, attraverso le sue associazioni. Sono stato scelto come consigliere del Comitato degli Italiani all estero nella provincia di Buenos Aires e assieme a mio zio Salvador abbiamo formato una nuova associazione della Regione Emilia-Romagna.


La tradizione italiana della mia famiglia continua anche nelle nuove generazioni: mio nipotino Lucio, figlio della mia sorela Patricia, e bisnipote d’Armando frequenta l´asilo infantile della Scuola Italiana di La Plata, ha 4 anni e canta in italiano, la lingua del Dante.  Sicuramente, con queste premesse,  imparerá anche lui ad amare quesa lingua e devo dire  giá la parla meglio di me.


In tutti noi é vivo lo spirito dei nostri nonni, dei nostri genitori e rimarrá vivo per sempre,  attraverso le generazioni dei miei figli e dei nipoti, perchè l’Italia fa parte della nostra storia e della nostra identità, anche se siamo argentini. Siamo comunque una fusione  di culture e costumi diversi, un fatto che ci  rende  una razza speciale, un fatto che ci marca a fuoco.


Scritto da Carlos Malacalza

Brano corrente

Brano corrente

Playlist

Programmi