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17 Dicembre 2007 | Archivio / Lo sguardo altrove, storie di emigrazione

N°88-LO SGUARDO ALTROVE STORIE D’EMIGRAZIONE

Cinquant’anni di ricerca dall’Italia all’Argentina. Storia di José Maximiliano Alberghini.


La immigrazione della mia famiglia comincia in un primo momento di una forma indiretta con il mio Bisnonno Carlos Alberghini di Ferrara ma in verità ha un seguito poi con mio nonno Guido che lo andrà a cercare.


Ma andiamo con ordine e partiamo dal mio bisnonno Carlos, che prese parte alla prima guerra mondiale come membro della fanteria italiana. Ritornato dalla guerra conobbe la mia bisnonna Alda Franceschini, se ne innamorò e la sposò. Nel ’21 nacque mio nonno Guido, ma questo non impedì a Carlos nel ‘23 di partire per l’ Argentina in cerca di fortuna. In Italia come falegname infatti non riusciva a mantenere la famiglia. L’Italia attraversava a quei tempi il periodo difficile del dopo guerra, sia economicamente che socialmente. Mio bisnonno, lasciò tutto indietro con l’obiettivi di migliorare un po’ di più la vita della sua famiglia e con la sicurezza di tornare presto. Però con il passare del tempo Alda e Guido non hanno avuto più notizie di Carlos.


Faccio una piccola parentesi per parlare di mio nonno Guido che intanto cresceva a XII Morelli, un paesino a 7 km da Cento, in provincia di Ferrara. La  sua infanzia non fu mica tanto facile. A quella epoca finiva a  5 anni, quando uno era considerato già adulto. Soprattutto in campagna si cominciava a lavorare la terra o a seguire il mestiere del padre. Tutti, bambini compresi, si dedicavano a lavorare e  ad  aiutare la famiglia come si poteva.  I più fortunati andavano a scuola ma dovevano comunque aiutare a i genitori. A mio nonno la scuola non piaceva molto, del resto a quella epoca era più importante lavorare, guadagnare un po’ di soldi, che studiare e ottenere un titolo. Lui studiò quindi fino alla  5ta elementare, e poi si mise a lavorare definitivamente.


Ricordo che quando ero bambino lui mi raccontava che tutti i pomeriggi prima di tornare a casa da scuola andava alla falegnameria di suo zio Rigo, che stava a Renazo, a diversi chilometri dalla scuola. Lo zio Rigo lo aiutava volentieri ad imparare il mestiere.  Da qui Guido prese la decisione di lasciare definitivamente la scuola, per diventare falegname, un mestiere al quale dedicarsi per tutta la vita. 


 Se mio bisnonno partecipò alla prima guerra mondiale, a mio nonno toccò la seconda. Nel ‘37 si arruolò e dopo di 2 anni di servizio, nel ‘39 parti per la guerra. Mio nonno era membro de la  Marina Militar Italiana, e faceva il cannoniere, uno dei mestieri più pericolosi. Mi  raccontava di far parte del Comando della Zona Militare Marittima Egeo (Mariegeo) imbarcato  in una nave con destinazione Rodi, in Grecia. Il comando era costituito da circa 2.200 uomini.


Dopo il “ribaltone” di Mussolini  la città di Rodi cadde l’11 settembre del 1943, dopo scontri violenti, numerosi italiani, tra cui mio nonno, si sono sottratti alla cattura e hanno vissuto in clandestinità  lottando contro i tedeschi. Nei mesi seguenti, molti dei suoi compagni furono fucilati senza alcun processo. Molti  soldati italiani  tra cui mio nonno finirono invece nei campi di concentramento in Germania. Guido rimase prigioniero per più di 2 anni.


 Quando da piccolo gli chiedevo di parlarmi della guerra, i suoi ricordi più forti erano quelli legati al periodo di prigionia. Per lui l’orrore era cominciato nel momento in cui era stato preso prigioniero, privato della sua liberta, della sua vita.


Lavorava nei campi di concentramento più di 12hs al giorno al freddo, con poco cibo. (il pane era duro e l’ acqua spesso era sporca), subendo le botte e continue umiliazioni da parte di tedeschi. Mio non mi raccontava che non era facile sopravivere senza impazzire: dei 100 uomini arrivati con lui solo una trentina rimasero vivi. Spesso, raccontandomi questo, mio nonno con dolore e tristezza  lasciava cadere un lacrima dagli occhi.


Al ritorno, da questa terribile esperienza, con 25 kg in meno, dopo di un tempo di recupero fisico, riprese il suo mestiere di falegname con lo zio e si sposò con Laura Salvi nel 1948. Dopo  6 mesi decise di andare in Argentina.


A differenza della maggioranza degli emigranti, mio nono non viaggiava per inseguire il sogno di una vita migliore in America ma per trovare suo padre. Lui non lo aveva mai visto ne mai gli aveva parlato. Di lui aveva solamente delle vecchie  foto. Aveva la necessità di sapere chi era suo padre per chiudere un capitolo sofferto della sua vita e ricominciare da capo.


Con il denaro sufficiente solo a pagare il biglietto (180.000 Lire) per la nave si imbarcò nel Porto di Genova, da dove partivano le navi piene di italiani verso il  nuovo mondo. Dopo 23 giorni di mare arrivò al porto di Buenos Aires.


A questo punto Guido, comincio a cercare suo padre anche se l’ unica cosa che sapeva era che suo padre era sbarcato lì  25 ani fa. Si ritrovò senza conoscere l’ idioma né bene dove si trovava in Argentina, coinvolto nell’ avventura della ricerca di suo padre. Solo il pensiero di trovarlo lo spingeva ad andare avanti.


Siccome la sua ricerca, non diede buoni frutti e poiché aveva pochi soldi in tasca, accettò l’ invito di un amico di suo zio, anche lui falegname ed emigrato, in una città  vicino alle montagne nella regione di Cuyo, più specificamente a San Juan. Con i ultimi soldi prese un treno che in 23hs lo portò a San Juan.


Nella provincia di San Juan c’erano molti immigrati italiani. Trovò presso di loro un grande aiuto e, poco a poco, riuscì a crescere economicamente fino ad avere la possibilità in meno di un anno di farsi raggiungere da sua moglie Laura a San Juan. Dopo meno di 2 mesi erano gia insieme lontano dalla loro bella Italia.


Un anno dopo nacque la terza generazione di Alberghini. Il primogenito fu chiamato Juan Jose Pablo per la richiesta di Alda, la mamma di Guido. Dopo 4 anni la famiglia si ingrandì con la arrivo di la mia zia Anna Rita. 


Guido lavorava adesso molto duro nella sua falegnameria, con molto impegno nel suo mestiere: per il suo perfezionismo e abilità con il legno era uno dei migliori falegnami di  San Juan.Il direttore dell’ Ufficio Postale lo incaricò infatti di fare tutti i mobili della nuova sede centrale delle poste a San Juan. Intanto passarono anni senza nessuna notizia del padre. Un giorno chiese a un suo amico che aveva dei contatti con un prete a Buenos Aires, se aveva informazioni su un italiano di nome Carlo Alberghini, che era arrivato nel 1921. A quell’ epoca la Chiesa cattolica aveva molti contatti sugli emigrati. Così  dopo di un paio di mesi, il suo amico gli diede la buona notizia che avevano trovato un Alberghini a Tres Arrollos in provincia di Buenos Aires.


Emozionato per la informazione che aveva aspettato tutta la vita, subito andò a cercarlo. Prese un treno fino a Buenos Aires, e poi un autobus fino a Tres Arrollos e così arrivò alla porta di casa di suo padre. Prima di bussare la porta, la emozione era forte: finalmente dopo 50 anni si trovava abbracciato a suo padre. Ma non solo con lui. Scopri infatti di avere 4 sorelle e dei bellissimi nipoti.


Pero la storia degli Alberghini non finisce qua. Con il passare del tempo Guido e suo padre hanno consolidato i loro rapporti  formando una vera e grande famiglia, unendo le tre generazioni.


Ma io sono della 4ta. Infatti mio padre Juan Jose Pablo ha conosciuto Elena del Carmen Serer di origini spagnole e nel anno 1978, lo steso in cui si è laureato in medicina alla Università Nazionale di Cordoba,  e dopo 2 anni l’ ha sposata. Nell’81 e nato mio fratello Juan Pablo, nell‘83 sono nato io, Jose Massimiliano, nell’87 Mariano Jose, e infine nell’89, Emiliano Jose. Così con 4 figli maschi il futuro del cognome emiliano-romagnolo Alberghini, continua come un fiume senza fine,  portandosi con sé le tradizioni della nostra terra di origine: l’Emilia-Romagna.


Scritto da José Maximiliano Alberghini

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